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Schlosser, Julius von; Rossi, Filippo [Übers.]
La letteratura artistica — Florenz, 1964

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https://doi.org/10.11588/diglit.7581#0174

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LIBRO II - IL PRIMO RINASCIMENTO

nico, che in seguito condurrà a quella distinzione di arte e mestiere,
feconda di tante stranezze e durata fino ai nostri giorni, a quel virtuo-
sismo degli artisti anche socialmente elevati, da cui deriva la distin-
zione fra arte « pura » e arte « applicata ». Si cela anche qui l'aspira-
zione a trasferire l'arte dalla schiera delle artes mechanicae in quella
delle arti « liberali ».

Si noti infine che sia nell'Alberti che nel Filarete appaiono le
prime tracce del « paragone » e della valutazione delle singole arti,
che saranno dei più adusati fra i temi scolastici del Rinascimento,
e riappariranno nelle ricerche sui limiti delle arti dal Settecento in
poi.

Di fronte a queste tendenze obiettive diminuisce naturalmente
assai l'interesse per la psicologia dell'arte e dell'artista : quel poco
c;he ne dice l'Alberti si può vedere nel conciso riassunto di I. Behn.
Notevoli sono, in un empirico come il Filarete, alcuni sprazzi di luce
in questo senso. Anche in lui ha una certa parte il problema, già ac-
cennato in Dante, della Einfuhlung (come oggi si dice) nell'opera
d'arte. Nella sua polemica contro l'arco acuto gotico egli aggiunge
obbiezioni estetiche a quelle tecniche già fatte da altri : cioè il senso
penoso di resistenza che prova l'occhio nel percorrere la linea spez-
zata, ciò che non si verifica nell'arco tondo. Dello stesso genere sono
le sue osservazioni circa l'effetto spaziale delle basse chiese antiche
(pensava certo alle basiliche romaniche) che corrispondono a una de-
terminata intenzione artistica, l'umiltà dinanzi a Dio, mentre in
quella più recente le volte luminose ed alte ci infondono un senso di
elevazione spirituale : concetto questo che il romanticismo ha appli-
cato soprattutto al gotico. Originale è anche l'osservazione sull'im-
piego dello specchio e di mezzi di costruzione prospettica, ignoti agli
antichi come a Giotto e alla sua scuola; egli ritiene tuttavia che
forse essi ne ebbero conoscenza ma che non vollero valersene; per la
« fatica », egli aggiunge, che avrebbero richiesto. Nel Filarete è già
cosi forte la convinzione che la personalità dell'artista passi nell'o-
pera d'arte, — contrariamente al Medio Evo che sentiva impersonal-
mente, — che egli già presagisce il metodo « morelliano ». Come dai
tratti del manoscritto si riconosce lo scrittore, cosi egli crede si
possa riconoscere l'autore dalle forme artistiche. Ciò è tuttavia no-
tevole, anche se qui possa esserci una lieve reminiscenza dell'aned-
doto della gara fra Zeusi e Apelle per la linea più sottile, che d'al-
tronde il Ghiberti dichiarò puerile nella sua formulazione letterale.
 
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