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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 29.1926

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Bollettino bibliografico
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BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO

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ammirazione i grandi del nostro Rinascimento, ai quali lo
avvicinava il suo temperamento artistico fine e aristocra-
tico più che al vigoroso realismo dei Fiamminghi. Predilesse
i Veneziani e Tiziano fra tutti: Tiziano, che alla scuola di
Rubens egli aveva imparato ad ammirare sopra ogni altro
pittore e del quale aveva potuto già studiare alcune opere
nella bellissima galleria di quadri del conte d’Arundel a
Londra. In Italia, Van Dyck dipinse alcuni dei suoi ritratti
più belli: e dell’impressione profonda prodotta sull’artista
giovane, innamorato del colore, dalla luminosa arte italiana
restano sensibili tracce nella sua più matura personalità
artistica. È quindi di grande importanza per la storia della
vita di Van Dyck e per la comprensione dell’arte sua avere
una conoscenza esatta di questo periodo della sua giovinezza.
E bisogna essere grati a Maurice Vaes, il quale con il suo
perspicace, accuratissimo studio porta una parola preziosa
di chiarificazione in una questione così importante e ancora
molto controversa.
L’autore ha compreso che il documento migliore per la
storia del soggiorno di Van Dyck in Italia è formato dalle
numerose lettere scritte da Corneille de Wael, intimo amico
di Van Dyck e suo ospite a Genova, al ricco collezionista
Lue Van Uffel, uomo di gusto e amatore d’arte. L’intera cor-
rispondenza è ora perduta: ma l’aveva senza dubbio consul-
tata l’autore di una biografia di Van Dyck, recentemente
identificato da Fernand Donnet con J. F. M. Michel, il quale
scriveva intorno al 1790. Studiandone con profondo acume
il manoscritto anonimo, che si trova alla biblioteca del Lou
vre, il Vaes stabilisce con la più convincente chiarezza quali
delle informazioni date dal biografo sul soggiorno del grande
Fiammingo in Italia sono tratte dalle lettere di de Wael a
Van Uffel, e sono quindi particolarmente interessanti e
degne di fede. Inoltre, controllando minutamente il metodo
seguito dall’autore della biografia, egli dimostra il valore
della biografia stessa e le restituisce il credito che Max Rooses
e dopo di lui alcuni altri studiosi, le avevano tolto. Maurice
Vaes riesce così a tracciare con molta probabilità le grandi
linee del soggiorno di Van Dyck in Italia e a fissare alcune
date fondamentali. Una documentazione copiosa, che ci
permette di seguire passo a passo la via percorsa dall’au-
tore e di renderci conto della giustezza d’ogni sua conclu-
sione, rende il suo studio prezioso per chiunque voglia ap-
profondire quest’argomento interessante; sul quale sarà
detta l’ultima parola se le indicazioni fornite dal Vaes e i
documenti da lui pubblicati varranno a far ritrovare le let-
tere perdute di Corneille de Vael. E sarà davvero un buon
risultato. Clara Ciraolo.
X. - Varia, manuali, documenti, cataloghi, guide,
iconografia, spigolature, ecc.
Luigi Cantarelli, Le iscrizioni funerarie del
Cardinale Guglielmo Fieschi in S. Lorenzo fuori
le mura, Roma, Tipografia dei Lincei, 1924.
L’autore esaminando l’iscrizione laudativa e l’epitaffio
della tomba del Cardinal Fieschi, si sofferma sull’espressione

vere catholicus della prima, e sull’invocazione anima requie-
scat in pace del secondo, dettato dal Fieschi stesso. Le parole
vere catholicus sulla tomba di un cardinale suonano strana-
mente; ma questa singolarità si spiega mettendole a riscon-
tro con quelle altre dovute allo stesso Fieschi, cuius anima
requiescat in pace. Secondo il Cantarelli, il cardinale volle
che quest’espressione diversa dalle solite formule fosse scol-
pita sulla sua tomba a riprova della sua fede nell’immortalità
dell’anima, per non esser confuso con Ottaviano degli Ubal-
dini, creato cardinale insieme a lui nel maggio 1244, da
Dante collocato appunto nell’inferno come ateo ed epicureo
(«Inferno», Canto X, v. 119-120: — qua dentro è ’l se-
condo Federico, —■ E ’l Cardinale... —). Così l’iscrizione
funeraria del Cardinal Fieschi verrebbe a essere una chiosa
ai versi danteschi. V. G.
De Mauri (E. Garasino): Le Maioliche di Deruta.
Monografie di arti decorative - Bottega di Poe-
sia--Milano, 1924.
Simpatico studio storico ed estetico delle Maioliche di
Deruta, edito in nitida veste dalla Bottega di Poesia nella
sua Collezione di Monografie di arti decorative. La storia di
Deruta una delle più importanti fabbriche ceramiche fiorite
con tanta ricchezza durante il nostro Rinascimento, è trattata
non solo criticamente, ma documentalmente; l’A. studia le
caratteristiche di queste produzioni, le decorazioni, i generi,
le forme, gli usi, i motti, i proverbi eie sentenze che le ornano
esponendo con simpatica concisione, e corredando la sua
esposizione con una serie di documenti finora rintracciati
che si conservano negli archivi di Perugia e in quelli di Deruta
ed altrove.
Completano il volume una raccolta di 47 tavole in bistro e
io a colori, precedute da una descrizione critica.
Edoardo Mottini, Pittori fiamminghi e olandesi,
Milano, Soc. ed. « Unitas », 1924.
Il Mottini ha ben meritato le lodi che Corrado Ricci ha
di lui fatte nella prefazione a questo volume.
La lettura dell’opera riesce piacevole ed oltremodo inte-
ressante, se ne ricava una conoscenza chiara e certo non
scarsa delle scuole pittoriche fiorite nei Paesi Bassi.
L’A., muovendo dalle meraviglie delle miniature trecen-
tesche, che furono l’albore della scuola fiamminga, viene a
parlare, con giudizi sobri, e con osservazioni opportune;
delle improvvise conquiste dei Van Eyck, del profondo e forte
realismo di Van der Weyden, della fine, elegante arte di
Giovanni Memling, e poscia di artista in artista giunge al
l’esuberante Rubens, al Van Dyck, al Jordanes, ai Bruegel.
Di ogni artista il Mottini sa cogliere le caratteristiche es-
senziali che ce lo individualizzano, e tali caratteristiche
l’A. fissa nell’aggettivo che accompagna il nome del pittore,
come a scandire e a meglio presentare i suoi soggetti, cia-
scuno nella cornice della propria personalità.
La scuola Olandese ricca di paesisti e scrupolosi pittori
di natura morta, è ugualmente studiata dal Mottini che ci
 
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