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Napoli nobilissima — 5.1896

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Bertaux, Émile: Per la storia dell'arte
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https://doi.org/10.11588/diglit.69898#0020

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NAPOLI NOBILISSIMA

e quando sui ruderi di essa sorse, per opera dei conqui-
statori Goti, la nuova città che prese il loro nome, non
si può indicare con precisione 0). Si sa soltanto che il
patrizio Ricimero fondò a Roma stessa nell’anno di Cristo
472 una chiesa dedicata a Sant’Agata (1 2 3 4 5), e d’altra parte
non si conosce il nome d’un Conte di Sant’Agata se non
nella seconda metà del settimo secolo. La città, fondata
dai Goti, fu presa dai Longobardi, poi passò sotto tutti i
dominii che si succedettero nell’Italia meridionale (3). Pri-
mo conte normanno ne fu Roberto, nipote di Osmondo
Drengot, che era venuto in Italia dal 1017 colla prima
schiera del Nord, e padre di Rainulfo, che combattette
fieramente re Ruggiero I. Sotto Carlo II d’Angiò, la città
fu venduta da Bartolomeo Siginulfo, conte di Caserta, al
signore provenzale Isnard de Pontevès (4); poi nel 1343
venne conceduta a Carlo Artus, figlio naturale di re Ro-
berto (5) e marito della fiorentina Andreana Acciajuoli,
sorella del famoso siniscalco Nicolò. Tutti gli scrittori
locali, e anche Giustiniani e Camera, hanno confuso que-
sta famiglia Artus, nota nelle tragiche e scandalose storie
del regno di Giovanna I (6 7), col ramo francese dei conti
d’Artois (7); qualcheduno ha anche imaginato che Carlo I
d’Angiò avesse dato Sant’Agata a suo nipote Roberto
d’Artois, fatto che viene smentito dal documento già ci-
tato di Carlo II. Dopo varie vicende che si possono tra-
scorrere, la città apparteneva nel principio di questo secolo
ai Carafa di Maddaloni. Essa fu rovinata in gran parte,
come tanti altri luoghi del regno di Napoli, dal terremoto
del 5 novembre 1456; fu poi spopolata dalla peste del
1656. Oggi ha perduto le sue torri, e non ha conservato
dell’antica importanza se non una sede vescovile, occu-

(1) Giustiniani, Dizionario topografico del Regno di Napoli, 1804,
t. Vili, p. 250.
(2) Muratori, Thesaurus Novus Inscriptionum, p. 266.
(3) Si può consultare per la storia di Sant’Agata dei Goti e dei
suoi monumenti: Filenio Rainone, Origine della città di Sant’Agata
dei Goti, Napoli, 1788, in-40; [Viparelli], Memorie istoriche della città
di Sant’Agata dei Goti, Napoli, 1841, in-40, e Riproduzione delle Me-
morie, etc., 1845, con parecchie notizie nuove. Le Aggiunte dello stesso
alle dette Memorie non contengono niente per i tempi anteriori al
Seicento.
(4) Reg. Ang. n. 168, f. 58, indicato da Matteo Camera, Annali
delle due Sicilie, t. II, p. 137.
(5) Carolus Arturius filius naturalis quondam regis Roberti (Cronicon
Estense nel Muratori, R. I. S., t. XV, p. 424. Questo Carlo era fi-
glio della moglie di Bertrand Artus, e prese il nome del padre pu-
tativo (De Blasiis, Le case dei principi Angioini nella piazza di Castel-
nuovo, nAVArch. star, per le prov. napol., anno XII, p. 310 e n. 1).
(6) De Blasiis, articolo citato, p. 348 e n. 4.
(7) La quistione è risoluta dalla Cronaca di Domenico Gravina
e dal Cronicum siculam del Vaticano pubblicato dal chiariss. prof. De
Blasiis, che nominano come persone assolutamente diverse Karolum
Artus e Karolum de Artoys.

pata una volta da San Alfonso di Liguori (*). Giace na-
scosta la vecchia città, chiusa nel recinto di alte monta-
gne, a circa 15 chilometri di ogni ferrovia. Da quando vi
si recò l’insigne illustratore dei monumenti dimenticati
dell’ Italia meridionale, Enrico Guglielmo Schulz, pochi,
credo, sono andati a Sant’Agata dei Goti per cercarvi il
passato. Pochi giorni fa, due noti membri della Società
di storia patria, i signori G. di Montemayor e G. Ceci,
m’ hanno dato l’occasione di visitare questo paese, insieme
con loro, che lo conoscono benissimo, e con quel delicato
letterato eh’ è Benedetto Croce. Compio un grato dovere
nel rendere a Napoli nobilissima ciò eh’ io debbo ai miei
amici di Napoli. Aggiungerò dunque qualche notizia alla
pagina dello Schulz (2), e presenterò le riproduzioni dei
monumenti d’ arte conservati a Sant’Agata, che sono state
eseguite dal marchese di Montemayor e da me.
Si parte dalla stazione di Cancello in carrozza, si at-
traversa la gola o piuttosto la valle delle Forche Caudine,
si mette in rumore i placidi paesi di S. Felice a Cancello,
Arienzo, Arpaia, e dopo tre ore di salita in uno stupendo
paesaggio di monti e di torrenti, si sbocca nel circo dove
sta ciò che resta di Sant’Agata dei Goti. La città, dritta
sul suo masso, difesa da due profondi fossati naturali (3),
ha ancora un aspetto minaccioso. Ma, quando si è passato
al galoppo dei cavalli per l’istmo che porta la via pro-
vinciale, ci si trova in un grande villaggio assai povero,
sopra il quale s’elevano solo dei campanili moderni. Ep-
pure, indagando un poco, si trovano dei monumenti d’arte
pregevoli dal principio del secolo decimosecondo sino alla
metà del quattrocento.
Delle chiese erette dai Goti e dai Longobardi s’è con-
servata solo la memoria. La chiesetta rimodernata di
Sant’Agata de Marenis, che risaliva all’origine stessa della
città, racchiudeva fino alla metà del secolo passato la
iscrizione tumulare di Madelgrina, moglie del longobardo
Rodoaldo, che fu « Castaido » di Sant’Agata, e poi, in-
sieme col fratello Grimoaldo, duca di Benevento. Questa
iscrizione fu levata da un vescovo che la regalò a don
Francesco Daniele, regio istoriografo, e se n’è perduta la
traccia; ma è stata pubblicata dal Rainone, e, per la rarità
dei monumenti di quest’epoca, credo che valga la pena
di trascriverla qui:

(1) Delle pitture interessanti che rappresentano fatti della vita del
Santo ci sono state mostrate da monsignore il Vescovo di Sant’Agata
nel suo palazzo. ,
(2) Denfynaeler der Kunst des Mittelalters in Unter-ltalien, Dresda,
1860, t. II, pp. 332-334.
(3) «... Sita est super planitie rupis, praeruptis torrentibus adeo
circumdata ut angusta tantum istmo soli occidentali haereat ». Rela-
zione di un vescovo ad Sacra Limina nel 1611, pubblicata nelle Me-
morie istoriche del Viparelli.
 
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