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Napoli nobilissima — 5.1896

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Croce, Benedetto: Il bassorilievo del sedile di porto
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Colonna di Stigliano, Fabio: Castel sant'elmo
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https://doi.org/10.11588/diglit.69898#0105

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RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA

89

Alta Pelori
Saxa virum genuere, aluit quoque Sicilis Aetna,
Et puer humanos hausit de matte liquores,
Instructusque hominum curis, et ab arte magistra.
Sed tamen ut paulatim aetas tulit, avia montis,
Nulla petit, nulla ipse feris venabula torquet;
Littoribus tantum assistit, neptuniaque antra
Sola placent, solis gaudet piscator arenis.
Ed egli visita il mare, ed entra nei talami ascosi delle
Nereidi, nelle case dei Tritoni e di Glauco, e batte alle
porte di Nereo, e sorprende Galatea ed Aretusa. E torna
di sopra come un trionfatore:
laetus spoliis, tantoque labore
Summa petit, summae nanti famulantur et undae,
Et pelagus posito praestat se ad jussa tumultu.
Occurrit laeta ad litus Messenia turba:
Gratantur matres reduci, innuptaeque puellae
Mirantur: stupet effusum per littora vulgus.
E quando il Re lo costringe, con minacce, a scendere
nel gorgo di Cariddi, il giovine eroe teme, conscio del
pericolo; ma:
Vincant fata — inquit — fato et rex durior, haud me
Degenerem aspiciet tellus mea!
E, in una lotta spaventosa, a corpo a corpo, col mostro,
per la quale si sente fremere il mare, tremare l’Etna e
vacillare le città nell’isola natia, egli perisce.
Ille igitur, coelo impulsus, tellure relieta,
In ponto degit vitam, et fatum aequore clausit (1).
fine.
Benedetto Croce.

CASTEL SANT’ELMO
vi.
Fondazione di D. Pietro di Toledo.
Il 25 novembre del 1535, reduce da quella impresa di
Tunisi alla quale la città e la nobiltà napoletana avean sì
largamente concorso (1 2 3 4 5), Carlo V faceva il suo ingresso
trionfale in Napoli, entrandovi per porta Capuana.
S’eran recati ad incontrarlo la mattina a Poggioreale
tutti i Baroni e i Signori titolati « con varie galanterie

(1) Daremo in un altro fascicolo il testo della romanza spagnuola.
(Nota della Redi).
(2) Armarono a loro spese una galea il viceré Toledo, i principi
di Salerno e di Bisignano, i duchi di Castrovillari e di Nocera, i mar-
chesi di Castelvetere e della Valle; ei gran numero di signori e di ca-
valieri con grandi spese si misero in ordine per quell’impresa, alla
quale mossero da Napoli il 17 maggio 1525 (Cfr. Rosso, Diurnali,
p. 55-56).

« de vestiti ricchissimi », mentre i rappresentanti dei sette
offici del Regno « andorno vestiti tutti ad uno modo, di
« raso bianco, con roboni di grana carmosina foderati de
« armellino bianchi, e barrettoni del medesimo con gioie ».
Nè mancarono i ventinove capi delle piazze di Napoli,
vestiti di damasco paonazzo, nè gli ufficiali de’ Tribunali:
i quali tutti intorno all’imperatore « vestito de velluto
« morato et con uno cappello alla Borgognona dello me-
« desimo con lo suo tosone in petto » formarono, ordi-
nati dal marchese del Vasto che recava uno stocco in
mano, una magnifica cavalcata, che fiancheggiavano intera
i soldati della guardia dell’imperatore « vestiti dalla Città
« de soi colori rosso, e giallo, e le loro arme tutte indo-
mate, che pareva una bellissima vista» (T).
Alla porta Capuana vennero incontro a Cesare il clero
e la città. Rappresentavano questa il sindaco principe di
Salerno, vestito duna « veste di velluto pardo, guarnita
« di puntali d’oro, e molte gioie alla barretta », e gli
Eletti che portavano « robboni di velluto carmosino in-
« foderati di raso carmosino, scarpe e barrettoni di raso
« carmosino, calze di scarlatto, e giopponi di raso carmo-
« sino », mentre i dieci Portieri aveano « cappe di Fio-
« renza gialle, con fascie di raso carmosino, calze di stam-
« metta gialle e rosse, casacce di raso giallo e rosso, cop-
« pole rosse con penne gialle e bastoni dorati in mano
« con l’armi della città; e dello stesso modo andarono ve-
« stiti li trombetti, e piferi » (2). Dopo le cerimonie del
ricevimento l’imperatore mosse verso il vescovato, dove
prestò il solito giuramento dell’osservanza dei privilegi:
poi cavalcò per la città tutto il giorno, entrando in Castel
Nuovo quando già il sole tramontava (3).
Era allora viceré in Napoli, da oltre tre anni (4), don
Pietro di Toledo, marchese di Villafranca. Uomo di pro-
positi aspri e rigorosi (5), ma animato dall’ambizione di
distinguere il suo governo con opere immortali, trovando
la città ancor chiusa nelle mutazioni aragonesi, pensò to-
sto al modo d’ingrandirla, circondandola di « muro gran-
« dissimo, con terrapieno di dentro e fosso di fuora, con

(1) Rosso, Diurnali, p. 60-61.
(2) Rosso, Diurnali, p. 62.
(3) Dice ancora il cronista : « del concorso di Popolo a vedere, e
delle gentildonne, e dame alle finestre io non faccio menzione perchè
si suppone, che in una giornata simile ogn’uomo e donna che non
fosse stata inferma e più che occupata non si abbia perduto una vista
così rara; e se io volessi raccontare le dame da conto che ce furono,
e con che galanteria, bisognaria allargatine molto in cosa fora dello
proposito mio; sino alle 6 ore della notte si vedevano strate piene di
gente, che andavano e venivano, e tanti lumi per le strate e per le
finestre, che pareva giorno » (p. 63).
(4) Don Pietro di Toledo, succeduto al card. Pompeo Colonna nel
vicereame di Napoli, giunse nella città nostra ai 4 di settembre del
I532-
(5) Rosso, Diurnali, p. 44.
 
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