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Napoli nobilissima — 5.1896

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Colonna di Stigliano, Fabio: Castel Sant'Elmo
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Bertaux, Émile: Per la storia dell'arte
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https://doi.org/10.11588/diglit.69898#0019

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RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA

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palmo. Quest’acqua è delle più fresche e delle più puri-
ficate che siano in Napoli essendo vecchissima»!1). Ed
il Parrino riferiva la voce che quella cisterna fosse capace
di due galee (2 3 4). Graziosa idea questa di un piccolo porto
sulla vetta d’una collina!
Riprendendo il nostro giro, qua e là vediamo aprirsi
degli ampi vani: ora ripari pel presidio in caso di can-
noneggiamento, ora casematte, ora altre stanze destinate
a ripostiglio o pure alla fabbrica delle munizioni necessarie
al presidio ed alla difesa del Castello. Quando questo era
veramente piazza forte, provvedeva esso stesso a molti
suoi bisogni; ed alcune vestigia ne sono rimaste: i resti
dei forni per fare il pane, una grossa pietra da macina
per la farina, altri forni per la fabbricazione dei proiettili,
e così di seguito.
Ma, sopra tutte le altre, una cosa ci attrae in quei sot-
terranei: la visita delle sue segrete. Essi ne sono ben for-
niti: e in quelle prigioni in gran parte piccolissime e buie
furono rinchiusi fin dal tempo degli spagnuoli prigionieri
assai; ed io nel corso di questo lavoro parlerò via via
dei più illustri. Il custode che ci accompagna ci ricorda
però solo i nomi di prigionieri moderni: dal regno di
Ferdinando IV in poi.
Tra le più vicine all’ingresso sono le cellette ove il
custodi dice che furon rinchiusi Carlo Poerio e Luigi
Settembrini. Un’altra di esse gode la fama di aver ospi-
tata la sventurata Sanfelice: ma è una fama usurpata. La
Sanfelice non pare sia mai stata chiusa in Sant’Elmo (3):
tuttavia le mura di quella cella angustissima sono piene
d’iscrizioni semplici e retoriche, tenere e feroci, riferentisi
a lei ed ai Borboni che non le perdonarono. Sulla porta
d’ingresso è dipinta una vera e propria epigrafe, che fu
già riportata in uno dei fascicoli della Napoli nobilissima (4).
Altre di quelle celle ricordano altri personaggi. Una di
esse il custode la chiama « prigione degli svizzeri », ed
infatti le sue mura sono ricoperte di caratteri e di nomi
tedeschi. Un’altra dovette esser molto adoperata durante
il governo murattiano: nelle sue iscrizioni ricorre frequen-
tissima la data dell’anno 1809. Sulle mura di una terza
ricordo la frase disperata d’un soldato già condannato a
morte per aver ucciso un ufficiale. In fine, in uno stan-
zone che si trova nel piano più basso dei sotterranei furono
tenuti alla rinfusa, nel 1848, i prigionieri del 15 maggio.
Girando per quelle segrete e per quei sotterranei, ci si
sente veramente oppressi da un’aria umida e pesante: e
con un senso di gran sollievo si passa davanti alle feri-

(1) Celano, Notizie, VI, 35.
(2) Parrino, Teatro, I, 38.
(3) Cfr. Benedetto Croce, Luisa Sanfelice e la congiura dei Bac-
cher, Trani, 1888.
(4) Comunicata dall’egregio De la Ville: ved. voi. Il, pag. in.

toie per dove spira una corrente fresca e vivificante. Ma
l’impressione più viva che si prova là sotto nelle belle
giornate è quella del ridente panorama del golfo e della
collina splendidi di sole, che attraverso una cannoniera
appaiono ad un tratto come cosa magica in quella cupa
tristezza di tomba.
E per una descrizione che non ha alcuna velleità tecnica
mi pare d’aver detto abbastanza. Non è colpa mia se Ca-
stel Sant’Elmo non presenta alcuno di quei caratteri mi-
steriosi e maravigliosi che accrescono tanto la suggestione
dei castelli descritti negli antichi romanzi.
Anche le sue pretese comunicazioni con Castelnuovo
sono una favola. Il vecchio custode che accompagna il
visitatore gli assicura che i sotterranei del Castello non
si prolungano da alcun lato, e non escono affatto dalla
cinta delle sue mura. Però una comunicazione col mona-
stero di San Martino sembra che ci fosse, una volta. Al-
meno il Parrino vi accenna. Quando parla dei provvedi-
menti che si presero in Napoli dagli Spagnuoli, nel 1707,
all’avvicinarsi delle milizie alemanne, ci dice come il bri-
gadiere D. Rodrigo Correa, allora castellano di Sant’Elmo,
aspettandosi un assedio, prendesse le sue misura: e come,
visitando a tal uopo le contromine del forte, ritrovasse
così « un passo franco, che da una contromina passava
« per sotto terra alla cantina dei padri della Certosa del
« convento presso il medesimo Castello, chiamato San
« Martino. Costogli non poca fatica d’impedire questa
« corrispondenza col travaglio di molti soldati » C1). Così
quel passaggio fu soppresso: nè certo i tedeschi che in
seguito occuparono Sant’Elmo dovettero averne notizia:
poiché altrimenti l’avrebbero subito riaperto. Per un presi-
dio, specialmente tedesco, non era davvero disprezzabile la
via di comunicazione con una cantina di monaci certosini!
continua
Fabio Colonna di Stigliano.

PER LA STORIA DELL’ARTE
NEL NAPOLETANO

SANT’AGATA DEI GOTI.
NOTE.
Sui confini della Campania e del Sannio, sopra un
largo sasso tagliato a picco e circondato da due torrenti,
stava la Saticola di Tito Livio. Quando fu questa distrutta

(1) Parrino, Compendio istorico o memorie delle cose più notabili ac-
cadute nell' entrata delle truppe cesaree nel RegnodiNapoli nel ijoy,Nap.,
ed. 1878, pag. 260.
 
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