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Napoli nobilissima — 5.1896

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La Ville sur-Yllon, Ludovico de: Stemme e corone nel sec. XIV
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https://doi.org/10.11588/diglit.69898#0111

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RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA

95

STEMMI E CORONE NEL SEC. XIV

Caro Croce,
Ti mando il risultato delle mie ricerche per rispondere
alla lettera di quel nostro assiduo, che domanda se nel
secolo XIV si usava di mettere le corone sugli stemmi
nei monumenti. In generale su tutti i sepolcri di quel se-
colo, esistenti nelle chiese di Napoli, si trova il solo scu-
do, che in alcuni è assai piccolo e messo in alto, presso
l’effigie del personaggio, ch’è in ginocchio, in bassori-
lievo, sulla faccia anteriore del sarcofago. In alcune tombe
lo stemma è scolpito sulle facce laterali. Questo per le
tombe dei nobili. Nelle tombe reali, invece, è notevole
l’assoluta mancanza di scudi con lo stemma. Così nella
tomba di Caterina d’Austria in S. Lorenzo, in quella di
Maria d’Ungheria in Donna Regina, nelle tombe angioine
in S. Chiara, all’eccezione di una, della quale fra poco
dirò. In tutte queste tombe lo stemma della famiglia reale,
gigli d’oro sparsi in campo azzurro, è dipinto sulle vesti e
sui fondi, non solo del baldacchino, ma anche su quelli
dei bassorilievi scolpiti sulla cassa mortuaria. In quella del
sepolcro del re Roberto d’Angiò in S. Chiara, sono scol-
piti, in tante nicchie gotiche, Roberto colle sue due mo-
gli Iolanda e Sancia d’Aragona ed i suoi figli. Sul fondo
del bassorilievo di Roberto sono dipinti, in mezzo, i gi-
gli d’oro in campo azzurro, ed ai fianchi, due croci di
Gerusalemme, d’oro in campo d’argento', perchè, come si
sa, i re di Napoli portavano il titolo di re di Gerusalemme.
Dietro i bassorilievi delle regine Iolanda e Sancia, sono
dipinti su di una metà i gigli, e sull’altra i pali rossi in
campo d’oro, stemma della casa di Aragona. Nei sepolcri
di Caterina d’Austria, di Carlo di Durazzo e di Giovanna
e Roberto d’Artois in S. Lorenzo, i gigli sono scolpiti su
tutto il sarcofago, anche dietro i bassorilievi rappresentanti
Gesù, la Vergine ed altri Santi.
A quest’uso comune, non trovo che due sole eccezioni
in due sepolcri nella chiesa di S. Chiara.
Nelle facce laterali di quello di Raimondo del Balzo Conte
di Soleto e Gran Camerario del Regno morto nel 1375,
sullo scudo della famiglia è scolpito un cerchio ornato di
pietre preziose, quasi simile a quello stabilito dall’araldica
moderna per lo scudo dei Baroni. Non saprei dire però se
quel cerchio vi fosse stato scolpito per la dignità, di cui fu
rivestito il Conte di Soleto, di Gran Camerario, che era
uno dei sette grandi uffici del Regno: cosa assai probabile
e che spiegherebbe l’eccezionale ornamento dello scudo.
Un’altra corona è scolpita sullo scudo nel lato del sar-
cofago di Agnese e Clemenza di Durazzo, fatto nel 1378.
Questa corona è molto simile all’araldica corona di Mar-
chese.

Ti mando un fac-simile delle due corone, fatto dal no-
stro carissimo artista e comune amico Andrea Petroni.



Stemmi
(Dalle tombe di Raimondo del Balzo, e di Agnese e Clemenza
di Durazzo in S. Chiara).

Se però nel principio di quel secolo XIV le corone non
si usavano sugli stemmi, formavano un ornamento portato
in testa dalle signore eleganti di allora.
Nel secolo XIV il lusso, già cominciato sotto gli Svevi,
era divenuto generale, massime per lo sfarzo della Corte
angioina e per le nuove fogge introdotte dai francesi. Dante,
nel XV canto del Paradiso, fa dire a Cacciaguida, che rim-
piangeva il vestire semplice delle donne del buon tempo
antico:
Non avea catenella, non corona,
Non donne contigiate, non cintura
Che fosse a veder più che la persona.
Il Musso, riportato dal Muratori (Dissertaz. 25), dice
che le donne dei suoi tempi portavano corone di argento
dorato o di oro puro con perle e pietre preziose. Nelle
leggi suntuarie pubblicate, per raffrenare il lusso, da Carlo
Martello e Roberto d’Artois in Napoli nel 1290, da Fe-
derico III d’Aragona in Sicilia nel 1306, e da Pietro II
d’Aragona nel 1340, furono proibite le vesti ricamate d’oro
con pietre preziose e le corone di simil metallo sui ca-
pelli. Solo alle mogli ed alle figlie dei grandi baroni e
feudatarii fu permesso di portarle, ma non più alte di due
dita (passini portare gerlandam imperlatavi et cum gemmis et
auro non tamen ultra mensuram digitorum duorum per lati-
tudinem} (D, e senz’altro in capo (capite discoperto'}.

(1) V. Del Giudice, Una legge suntuaria etc. passim. Il mio amico
sig. Riccardo Bevere mi ha gentilmente comunicate le due seguenti
notizie, trovate da lui in due antichi inventarii tra le carte dei Mo-
nasteri soppressi nel nostro Archivio di Stato:
« Girlanda seum corona de pectiis de auro laboratu et prete pre-
ti tiosis et pernis (Istr. dotale di Paolella de domino bono, del 29 de-
li cembre 1332, Napoli, Mon. soppr., voi. 37, n. 3122 ».
« Coronam ad margulos de auro perlis et lapidibus pretiosis (Istr.
« dotale di Ceccarella... del 14 luglio 1351, Napoli, Mon. soppr., voi.
« 43> n- 3656)
 
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