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Napoli nobilissima — 5.1896

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Croce, Benedetto: Annibale Caccavello
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Pezzo, Nicola del: Siti Reali
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https://doi.org/10.11588/diglit.69898#0199

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RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA

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cosa di pesante e di disarmonico: le sue figure sono
fredde e spesso scorrette e un po’ goffe. Io non so se
possano avere ammiratori le invenzioni delle tombe del
Lautrec o di Porzia Capece; gl’impasticciati monumenti
di Scipione di Somma o del Basurto; la grossa tavola
dell’altare di Giulia Caracciolo, così insipida e senza e-
spressione. Non mai una trovata artistica, un raggio di
genialità, un po’ di sentimento e di freschezza.
Dei quattro scultori napoletani del secolo XVI, i cui
nomi sogliono essere sempre citati in gruppo, il Cacca-
vello è il più scadente. Superiore gli è di certo il D’Au-
ria, ed entrambi sopravanza il loro maestro Giovanni da
Nola, e più ancora il rivale del maestro, Girolamo San-
tacroce.
Tutto considerato, non mi par che il Vasari avesse
molto torto, quando, nel discorrere delle condizioni della
scultura a Napoli nel secolo XVI, notava due soli nomi:
Girolamo Santacroce, nel quale riconosceva l’artista nato,
e Giovanni da Nola, che chiamava « vecchio e assai pra-
tico scultore », autore di opere fatte « con buona pra-
tica, ma non con molto disegno ». E abili pratici, più
che artisti d’ispirazione, furono i due suoi scolari. — Il
Filangieri di Candida non solo è benemerito per avere
scritto in modo definitivo una pagina della storia dell’arte
napoletana; ma merita anche lode per non essersi lasciato,
dal suo argomento, trascinare ad entusiasmi o fittizii o
esagerati, com’è di rito negli scrittori che trattano argo-
menti municipali.
Benedetto Croce.

SITI REALI
IL PALAZZO REALE DI PORTICI.
IV.
La villeggiatura di Portici.
A Portici la prima villa fu edificata nell’anno di Roma
640 da Quinto Ponzio Aquila. Portici sarebbe corruzione
e riduzione di villa Pontii secondo un’etimologia, che i fi-
lologi non accetteranno, ma eh’ è stata resa ufficiale dallo
stemma del Comune, un’aquila e sotto le tre lettere
Q P A. Avendo poi Quinto Ponzio Aquila preso parte alla
congiura scoppiata agl’ idi di Marzo, la villa fu da’ trium-
viri confiscata e data a Servilia, madre di Bruto C1).
Così uno degli uccisori di Cesare è il più antico pre-
cursore di Carlo III. Ma fra la villa romana e la magni-
fica dimora di lui molte altre ville sursero alle falde del

Vesuvio, di patrizi, che mutavano gli ozii cittadini in ozii
villerecci, di magistrati, che esauriti dalle lunghe medita-
zioni sui testi, traevano lì ad aerare il cranio, agli effluvii
degli aranci, alla brezza del mare.
Il palazzo di Carlo III non l’abbiam visto nascere a
spese di altre ville particolari ed inghiottirle? Due sole
delle vicine sopravvissero alla sua voracità, e furono quella
dei signori Valle, ma per poco tempo, chè Ferdinando IV
mutolla in un quartiere per le guardie del corpo (ora al-
loggio per le vedove dei militari) e l’altra di d. Domenico
Caravita, presidente del supremo magistrato di commercio,
che l’ebbe salva in grazia della sua longevità patriarcale.
La villa Caravita era fra le più belle della contrada: « les
plate-bandes sont renfermées dans de petites bordures de
fayance, qui s’élèvent de huit à neuf pouces; une belle
allée de cyprés de trois à quatre cent toises de longueur
va se terminer jusqu’ à la mer; le terrain en est masti-
qué, ce qui le rend toujours d’une très grande propreté » (x).
L’adocchiò Carlo III; ma il padrone lo supplicò di per-
mettere, che continuasse a goderne almeno sua vita du-
rante: questa durò più di cento anni, e quando finalmente
don Domenico morì nel 1770, Ferdinando IV non ne
volle più sapere, e la villa passò agli eredi Caravita di
Toritto.
Le principali ville di Portici, esistenti quando fu dato
principio al palazzo reale, erano: quella del principe di
Torella a Pietrabianca, la più antica di tutte, de’ Capua-
no, del duca di Baranello e del principe della Roccella.
Pietrabianca, olim Leucopetra, era un piccolo casale di
Portici, di fronte alla croce del Lagno. Qui un bel giorno
un fauno disoccupato scorge una ninfa; questa allora se
la dà a gambe; ma il fauno la insegue, le è dappresso, e
già l’afferra, quando la ninfa, vistasi a mal partito, si cam-
bia in un sasso, e il povero fauno restò gabbato. A peren-
ne memoria della cosa quel luogo si chiamò Leucopetra
tradotto poi in Pietrabianca. — Questa è la leggenda. I
lettori sono liberi di supporre, che quel luogo fosse già
detto Pietrabianca, o in dialetto, pretaianca ; e che la tra-
duzione greca del nome e la fantasia mitologica fossero un
prodotto dello spirito umanistico del secolo XV o XVI.
Qui Berardino Martirana, segretario dell’imperatore Car-
lo V, edificò una villa. Nel novembre del 1535 Carlo V,
di ritorno da Tunisi, passò per Napoli: figurarsi che fe-
ste! in quell’occasione la nobiltà si rovinò in debiti, e li
giudei n’ebbero tutto il guadagno (2). Ma le luminarie, gli
archi di trionfo, i fuochi d’artifizii e simili non erano,
certo per la lentezza del comitato promotore, ancora in

(1) Summonte, tom. I, lib. I, cap. io.

(1) Lalande, Voyage en Italie, tom. VI, cap. IV, Genève, 1790.
(2) Istorie delle cose di Napoli sotto l’imperio di Carlo V, Napoli,
Nella Stamperia di Giovanni Gravier, MDCCLXX.
 
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