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Napoli nobilissima — 5.1896

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Montemayor, Giulio de: La piazza della sellaria
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https://doi.org/10.11588/diglit.69898#0122

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io6

NAPOLI NOBILISSIMA

LA PIAZZA DELLA SELLARIA
i.
Una giostra a Napoli
ai tempi d’Alfonso d’Aragona.
(continuaz. — vedi fase. IV)
In tutta quella faccenda deH’abbattitnento del sedile del
popolo non occorre il lume del vecchio adagio francese
per trovar la donna: essa ci si presenta a prima vista:
« affi 28 di febraro — scrive Giuliano Passare (' ) — la
« Sellaria fu tutta coperta di panno et giostraocese per am-
« more di Madama Lucrezia de Alagno. » Chi non rico-
nosce la frase napoletana: e chi vorrà negarne, in questo
caso, tutta la suggestività?
« Questa è quella Lucrezia, della fama de’ cui amori fu
« pieno il mondo; che follemente amata da Alfonso, per
« la rara bellezza in cui non era chi la superasse, da lui
« vecchio, ammaliato dai vezzi soavissimi della fanciulla,
« in ricchezze, in favori e in potenza fu per modo ele-
« vata, che molti affermavano, che se la Regina Maria
« fosse morta, sarebbe stata tolta dal re a sua legittima
« sposa » (2 3).
E il Summonte, formulando categoricamente l’accusa,
scrive, che fu « tanta la di costei potenza appresso del
re, che fu causa che lo inducesse, esortata forse dagli altri
nobili, a far diroccare il Seggio del Popolo nel 1456 con
la cappella giunta a S. Chirico e poi trasferita nella chiesa
di S. Giorgio, che stavano poste al capo della Strada della
Sellaria, nel principio di quella di S. Agostino, con pre-
testo che impedisse il corso delle barrere e delle giostre
che faceva fare il re in quella strada dov’era la casa di
Madamma Lucrezia » (3).
Chi era dunque questa donna per amor della quale, il
savio Alfonso d’Aragona non avrebbe esitato ad affrontare
un tumulto popolare?
Quando nell’aprile del 1452 un vano Imperatore tedesco,
famoso pei suoi frequenti viaggi in Italia, Federico III,
venne a Napoli a visitare Alfonso il Magnanimo di cui
avea sposato la nipote Eleonora di Portogallo, fu ricevuto
con accoglienze e feste magnifiche, le quali costarono al
Re 150 mila fiorini. Fu un succedersi di canti di poeti, di
cacce agli Astroni, di sacre rappresentazioni in Santa Chiara,

(1) Diurnali, p. 29. Per errore, come s’è visto, ad anno 1473. Il
codice segnato X. C. 31 della nostra B. Naz. porta l’aggiunta: « Al-
« tri dicono nel mile e quatro cento cinquanta cinque che era Ina-
« morata di Rè Alfonso p.mo ».
(2) Fontano, De bello Neapolitano, p. 53.
(3) Summonte, Storia di Napoli, t. Ili, p. 117.

di quelle famose giostre all’ Incoranata che abbiamo già
descritte. E dopo le sacre rappresentazioni e le adunanze
dei Baroni, vi furono anche dei balli per le dame:
« Vi ebbe il primo posto l’imperatrice, il secondo la Duchessa di
Calabria e, benché molte altre vi fossero illustrissime e dame e da-
migelle, il terzo posto fu dato alla Lucrezia. Costei, fanciulla o donna
che fosse (giacché varia fu di ciò la voce), di bella persona, di rara
facondia, di purissimi costumi, non d’alta nè d’oscura condizione, ma
nata di onesti genitori napoletani, seppe in mirabil modo accattivarsi
l’animo del Re; e da lui accolta a Palazzo e di grandi beni colmata,
e sé ed i suoi in tal modo arricchì, che vivevano alla pari coi Prin-
cipi: un fratello elevò alla dignità metropolitana della città (il cugino
Rainaldo Pisciceli?), al padre e agli altri fratelli acquistò vastissime pos-
sessioni, le sorelle maritò con gran dote fra i primi dignitarii della
Corte. Dicevano alcuni ch’era l’amante del Re: altri invece assicura-
vano che si manteneva onesta, che il Re non aveva altra relazione
con lei se non di parole e che d’altro non si pasceva se non della
sua vista; che lei stessa avesse anzi una volta detto che mai, dimen-
tica del suo nome, era fra lei e il Re corso nulla che potesse tor-
narle ad onta, e che nè il Re ciò chiedeva; chè se l’avesse chiesto, lei,
non come l’altra Lucrezia moglie di Collatino, dopo commessa la
colpa, ma prima e ancor pura, si sarebbe uccisa. Ma di ciò altri altri-
menti discorrono. Questo è certo, che il re era spesso solo con lei:
che qualunque cosa ella chiedesse otteneva: che al Re era carissima:
che tenea servitù e corte quasi di regina; che il favore del Re a chi
voleva impetrava. Ciò moki non approvano in un Re massime co-
niugato e grave d’età, al quale dovrebbe premer più di pensare alla
morte che ai piaceri. Altri di più mite animo dicono che bisogna in-
vece perdonare a un gran Re, se dopo le dure fatiche... etc., l’anima
stanca e quasi fuggente cerca di riposare in dolci colloqui e rattenere
con qualche voluttà ». Molti poi ritengono che se la moglie d’Alfonso
morisse, costei sarebbe regina e che per ciò si mantenga onesta. Che
se così è, si può in ciò lodare il Re, che non ha a scherno i sa-
cramenti della Chiesa, nè pretende allontanarsi dalla legge divina, co-
me alcuni vedemmo o leggemmo fare, che ripudiate le legittime mo-
gli sposarono altre donne » ;
e seguono tre esempi.
Così scriveva Enea Silvio Piccolomini I1), Cardinale di
Santa Chiesa e poi Papa Pio II, il quale accompagnò come
ambasciatore di Siena l’imperatore a Napoli, e potè perciò
conoscere da vicino la famosa napoletana.
In questo brano che è la più interessante testimonianza
della condizione di Regina che Lucrezia d’Alagno ebbe a
Napoli finché fu vivo Alfonso, Enea Silvio mostra aper-
tamente di non credere a quella leggenda della sua pudi-
cizia, la quale fece scrivere al Capaccio in testa alla sua
biografia della famosa napoletana, Amasia sed pudica.
Pure quella strana e diffusa voce una cosa a me pare
valga a provare, ed è che se non col re, almeno con gli
altri, Lucrezia dovesse essere onesta; e non è poco, e
trova conferma in Enea Silvio, che la dice di purissimi
costumi, e nella fama della sua ambizione di diventar Re-

fi) Vita Fridirici III, p. 83.
 
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