Universitätsbibliothek HeidelbergUniversitätsbibliothek Heidelberg
Metadaten

Napoli nobilissima — 5.1896

DOI Artikel:
Colonna di Stigliano, Fabio: Castel Sant'Elmo
DOI Seite / Zitierlink: 
https://doi.org/10.11588/diglit.69898#0154

DWork-Logo
Überblick
loading ...
Faksimile
0.5
1 cm
facsimile
Vollansicht
OCR-Volltext
NAPOLI NOBILISSIMA

138

CASTEL SANT’ELMO

v.
Il castello nell’epoca viceregnale.
Ricostruita in forma nuova e grandiosa, munita d’arti-
glierie e d’ogni altro arnese guerresco, presidiata da buon
numero di soldati, la fortezza di Sant’Elmo ebbe assai
maggiore importanza, e potè esser tenuta per una delle
principali della città e del regno. Inalzata specialmente per
tenere in freno la sottoposta città, servì raramente a di-
fenderla, più spesso invece a racchiudere in sè coloro che
in qualche modo fossero dispiaciuti al governo viceregnale:
e Tesser posta sopra una collina e cinta da altissime mura
era sufficiente garenzia contro il pericolo delle evasioni.
Difatti, sebbene soprastante, pure relegato dalla città, il
castello di Sant’Elmo era una vera e propria cittadella:
avea il suo castellano, il suo presidio, il suo cappellano:
avea il suo Tribunale « retto dal proprio castellano, con
la medesima autorità di quello di Castelnuovo (cioè con
giurisdizione civile e militare sopra i soldati del castello)
tenendo il suo Auditore, mastro d’atti, et altri» (*): ed
avea, con gli altri castelli della città, privilegio di « tener
camiceria donde vender carne, tabierna donde vender vino, y
homo donde cocer el pane que se fabrica para sustento de las
soldatesca o guarnigion, » e tutto ciò perchè « los soldados
no tengan occasion de salir filerà » (1 2 3 4 5).
La maggior autorità del castello era dunque quella del
castellano, carica che spesso durava a vita, trasferendosi
qualche volta ne’ figli e nei nepoti. Il castellano abitava
la fortezza con la propria famiglia: altre famiglie di ufficiali
e soldati vivean colassù (3): e la vita dovea per tutti co-
storo scorrer tranquilla e piacevole, la salubrità del luogo
concedendo a’ castellani lunga vita, e l’amenità della posi-
zione compensando della relativa solitudine le truppe del
presidio: le quali, oltre le cure guerresche, avean quella
della coltivazione delle ortaglie piantate attorno al castello:
ciò che risparmiava parte del loro esiguo stipendio (4).
Di parecchie cose riguardanti Sant’Elmo in quest’epoca
ci danno notizia alcune carte del nostro archivio (5). Risulta

(1) Summonte, Historia della città e Regno di Napoli, Nap., 1675,
I> 191.
(2) Consulte varie fatte a S. M., Ms. Bibl. Naz., segn. XI. B. 18, f. 25.
(3) Salazar, Castellani di Santelmo, p. 6.
(4) « Habet arx cìrcum hortulos, a militibus composito, qui victum
suppeditant, stipendia non sufficerent. Hilarem tarnen vitam degunt amoe-
nissima in illa regione, ad emeritam senectuten pervenientes ». Capaccio,
Neap. Hist., Neap., MDCVII, I, 413.
(5) In queste carte indifferentemente è scritto Santelmo, San Tel-
mo, Santo Elmo.

intanto da esse che, dopo Castelnuovo, la più importante
fortezza di Napoli era Sant’Elmo: però, in quanto al pre-
sidio, non ho trovate notizie anteriori al 1684. Ad ogni
modo, salvo forse un leggero aumento di truppe nel ca-
stello dopo la sollevazione di Masaniello, è probabile che
nel 1684 il presidio della fortezza fosse formato presso a
poco come prima.
La guarnigione del castello era dunque questa: capo su-
premo il castellano, al quale eran pagati 60 ducati mensili,
un tenente con circa 28 ducati, un sergente che ne avea
quasi 9, poi il cappellano coi suoi sacrestani, tre capi squa-
droni, sessanta soldati, quattro porteros, sei artilleros, dodici
officiales de maestranza, tra’ quali l’armaiuolo, il fabbro, il
medico, il barbiere, il carceriere etc. e tredici alabarderos.
In tutto, il presidio di Sant’Elmo, compreso il manteni-
mento dei prigionieri, veniva a costare mensilmente alla
cassa della Tesoreria -— mi riferisco sempre alle carte
del 1684 ■—- 450 ducati (').
Primo castellano di Sant’Elmo fu un D. Pietro di To-
ledo, cugino del viceré: morì nel 1558, ed ebbe il suo
monumento funebre nella chiesetta parrocchiale del forte (2).
Gli successe un altro Toledo, D. Ernando, morto per una
ferita toccata in una giostra da D. Gianserio di Somma,
nel 1574 (3); e a D. Ernando subentrò direttamente
pare (4), D. Garzia di Toledo.
Il governo della fortezza al tempo di D. Garzia non fu
esente da cure: e parecchie dovetter venirne al castellano
pei prigionieri che le contese fra i nobili della città e il
viceré D. Pietro Giron d’Ossuna dovettero avviar colassù.
Ricorda anzi il Parrino lo sdegno grande de’ nobili quando
un giorno « si vide trasportar pubblicamente per le piazze
della città un titolato di prima sfera al seggio di Capuana,
che dalle carceri della G. C. della Vicaria fu condotto al
castello di S. Erasmo un cocchio scoperto, con le catene
al piede, l’estremità delle quali pendente fuori la carrozza
portava in mano uno sbirro » (5).
Ma più grave avvenimento fu certo pel castello la ca-
duta d’un fulmine, il 13 dicembre del 1587. In una for-
tezza così grande la folgore andò proprio a colpire il de-
posito delle polveri, donde uno scoppio che buttò in aria
buona parte del forte, distruggendo completamente la chiesa
e il corpo di fabbrica nel quale era l’abitazione del ca-
stellano. Vi persero la vita un 150 persone, tra soldati,
membri delle loro famiglie, e carcerati: in Napoli furono

(1) Arch. di Stato, Dipendenze della Sommaria, Nap., 1400-1692.
Fortificazioni, Sezione Finanza, Inventario III, passim.
(2) Cfr. Croce, Memorie degli spagnuoli nella città di Napoli, in
Nap. nob., Ili, 157. Ivi è anche riportata l’iscrizione funebre.
(3) Parrino, Teatro eroico, ediz. 1878, I, 293.
(4) Salazar, Op. cit., p. 9.
(5) Parrino, Op. cit., I, 327.
 
Annotationen