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Napoli nobilissima — 5.1896

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Croce, Benedetto: Il bassorilievo del sedile di porto
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https://doi.org/10.11588/diglit.69898#0081

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apoli nobilissima

RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA

Voi. V.

Fasc. V.

SOMMARIO.

Il bassorilievo del Sedile di Porto e la leggenda di Nic-
colò Pesce. I-II. B. Croce.
La chiesa di S. Teresa agli Studi. G. Ceri.
La pianta di Napoli del duca di Noia. Storia della pian-
ta. A. Blessich.
La strada di Toledo. VIII. Feste. A. Colombo.
Notizie ed osservazioni. Don Fastidio.
Da libri e periodici. Don Ferrante.

IL BASSORILIEVO DEL SEDILE DI PORTO

E LA LEGGENDA DI NICCOLÒ PESCE

I.
-La leggenda di Niccolò Pesce o di Cola Pesce vive
popolarmente a Napoli; e qui, com’è noto, si trova messa
in relazione con un bassorilievo ch’era attaccato al muro
dell’antico Sedile di Porto, ed ora si vede nella facciata di
una delle case nuove edificate in quel luogo dalla Società
del Risanamento.
Quel bassorilievo, per concorde affermazione di tutti gli
scrittori di cose napoletane, fu trovato nel cavar le fonda-
menta per la fabbrica del Sedile di Porto, al tempo degli
Angioini, e anzi, propriamente, di Carlo I d’Angiò, quando
si vuole che il Sedile di Porto fosse edificato. Parecchi
dei vecchi archeologi s’industriarono, senza risultato, a in-
terpretare quella figura di uomo velloso, con lungo pugnale
nella mano destra. Ma il Capaccio, nel 1592, pubblicando
il libro delle Imprese, riferì l’opinione di un suo amico, che
fosse un Orione, deità tutelare dei marinai, e vi aggiunse
di suo parecchie prove: « Meco ragionando con Giovan
« Battista Rota, cavaliero di purgatissimo ingegno, dell’im-
« presa che fa il seggio di Porto dell’uomo selvaggio col
« pugnale in mano, benché altri non han saputo darne
« contezza, ... mi piacque l’opinion sua che fosse Orione
« armato, sì per esser quello Dio dei marinari, e già quel

« luogo era un tempo di pirati, sì perchè la statua dimo-
« stra un geroglifico dell’acque cadenti, e delle pioggie di
« quella stella, significata in quei lunghi peli, come anco
« significarono i raggi del sole nella lunga barba di Pane,
« dio dei pastori » (T). Tale opinione fu subito seguita dal
Summonte nella sua Historia (1 2 3 4). Nel 1634 il Capaccio ri-
tornò sull’argomento nel Forestiero. Il Forastiero dice:
« Nel seggio di Porto, ho veduto, passando di là, una
« imagine di mezzo rilievo in un marmo posto in alto
« attaccata ad un muro. E dimandai pure ad alcuni che
« ivi sedeano, che cosa quell’imagine significar volesse? mi
« fu risposto che era un homo selvaggio: non badai ad
« altro ». E il Cittadino, che gli fa da cicerone, risponde:
« Quella è una delle curiose antichità, che siano in Napoli »;
e dopo aver ripetuto presso a poco ciò che sta detto nel
libro delle Imprese, conchiude: « A questa deità (Orione)
« consecrarono i Napoletani un tempio in quel luogo, ove
« in quel tempo era il Porto, et hoggi si dimanda seggio
« di Porto, e tutto il convicino, piazza di Porto, che cor-
« rottamente dicono piazza dell’Olmo, volendo dire piazza
« dell’Ormo, che tanto è quanto piazza di Porto, il quale
« in greco idioma si dimanda Ormo (3). Sì che per la sal-
« vezza delle navi, per commodo della marinaresca, e per
« adoratione dei numi marittimi ad Orione dedicarono il
« suo tempio rappresentandolo coi suoi prinicipali gerogli-
« fici, che sono i peli nei quali significarono le pioggie
« cadenti dall’aria, e la spada che dinotava la crudeltà e
« il furore di quello, onde disse il Petrarca: Vidi le stelle
« et Orione armato » (4). E la stessa interpretazione è stata
poi sempre generalmente ripetuta, senza che gli archeolo-
gi più recenti abbiano eccepito nulla contro di essa. — È
curioso che nè il Capaccio, nè gli altri più antichi scrittori

(1) Delle Imprese, Napoli, 1592, L. II, c. XII, fol. 26.
(2) Historia della città e Regno di Napoli, Napoli, 1602, tom. I,
pag. 208.
(3) È appena necessario di notare che questa etimologia del nome
di piazza dell’Olmo, dal greco, è fantastica: vedi sul proposito Croce,
L’agonia di una strada in Nap. nobiliss., a. Ili, 1894, fasc. XII.
(4) Il Forastiero, Dialogi, Napoli, 1634, pp. 86-7.
 
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