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Napoli nobilissima — 5.1896

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Faraglia, N. F.: I dipinti a fresco
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https://doi.org/10.11588/diglit.69898#0065

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apoli nobilissima

RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA

Voi. V.

Fasc. IV.

SOMMARIO.
I dipinti a fresco dell’Atrio del Platano in S. Severino.
I. N. F. F'araglia.
Castel Sant’ Elmo. III. Vicende dell’ antico castello di
S. Erarno. F. Colonna di Stigliano.
La piazza della Sellaria. I. Una giostra a Napoli ai tem-
pi di Alfonso d’Aragona. Contin. G. de Montemayor.
Notizie ed osservazioni. Don Fastidio.
Da libri e periodici. Don Ferrante.


I DIPINTI A FRESCO
DELL’ATRIO DEL PLATANO IN S. SEVERINO

I.
' l'otte le ricerche fatte fino ad ora nelle carte anti-
che per trovare qualche notizia di coloro, i quali dipinsero
nell’atrio del Platano i fatti di S. Benedetto, sono state
infruttuose; gli stessi segni, che in alcuni luoghi danno
indizii d’iscrizioni, non si prestano ad una ragionevole in-
terpretazione (0; gli scrittori nostri hanno viziato le tradi-
zioni, o hanno inventato e spacciato per vere, memorie
false; in conseguenza tutto lo studio intorno a’ bei dipinti
si riduce alle note di alcune cose osservate ed a qualche
confronto (* *). Intorno al tempo, nel quale furono fatti, ora-

fi) In origine c’erano in quei dipinti molte iscrizioni quasi tutte
guaste e scomparse per lavorio del tempo e per la negligenza dei re-
stauratori.
(*) Questo giudizio dell’amico Faraglia mi sembra troppo rigido.
Il falsificatore della storia dell’arte napoletana fu il De Dominici. Gli
scrittori antecedenti a luì sono spesso inesatti, e anche hanno qualche
vanagloria municipale; ma non possono confondersi col falsario di
proposito che fu il De Dominici. E perciò le loro affermazioni deb-
bono essere trattate con diversa considerazione. Vedi ciò che se ne è
scritto nella Napoli nobilissima (a. I, pp. 123-5). Nel caso degli affre-
schi dell’atrio di Sanseverino, ha per me gran peso l’affermazione del
D’Engenio (Napoli sacra, p. 322), che li attribuiva ad Antonio Solario
singoiar pittor veneziano, detto il Zingaro, e fiorito intorno al 1495. Il
D’Engenio non aveva nessun interesse a inventare questa notizia, e
disponeva certo ai suoi tempi di memorie e tradizioni ora perdute.
E, d’altra parte, un Antonio Solario lavorava a Montecassino ai prin-

mai non v’ha più dubbio, e, secondo le conclusioni degli
studii più recenti, debbono essere assegnati agli ultimi anni
del secolo XV ed ai primi del XVI; nè è lecito più di
reputarli opera di un solo maestro di una scuola pittorica
napolitana anteriore a questo tempo, perchè non abbiamo
alcuna opera, che possa con certezza attribuirsi a questa,
nè ce ne sono pervenute memorie sicure. Intorno ai pit-
tori, che istoriarono l’atrio del Platano, e furono certo
molti, è meglio di non sofisticare, con la speranza che i
documenti ci riveleranno i nomi. Di essi tre si ritrassero
nella Vili istoria C1), un altro, se non sono tratto in in-
ganno, come dirò a suo luogo, si ritrasse nella XV.
Importa dunque di studiare e cercare con quali scuole
pittoriche italiane abbiano relazione i freschi dell’atrio del
Platano. Nel Cicerone del Burkhardt si legge: « I venti
freschi del chiostro di S. Severino sono una forte opera
della fine del secolo XV, simili ai lavori umbri della
scuola del Pintirucchio, o addirittura di origine umbro-
fiorentina. La vita di S. Benedetto non è stata mai rap-
presentata meglio, salvo nei dipinti a fresco del Signorelli
in Montoliveto (Toscana). Veramente il tipo umano in
essi ritratto ha qualche cosa di ottuso, e anche di equi-
voco nel naso, nello sguardo, nelle labbra; ma un grande
numero di figure viventi compensa questo difetto. Le fi-
gure belle e decorose si muovono sopra un piano medio,
dietro il quale si leva il fondo architettonico, o di pae-
saggio, leggiero, piacevole. Il maestro, per esempio, co-
nosceva bene quanto Giorgione l’effetto attraente degli

cipii del s. XVI, e un Antonius Solarius venetus firmava un quadro
descrittoci in un opuscolo dal Meschini. L’avere il De Dominici inven-
tato goffamente una leggenda intorno al Solario e ridottolo di veneto
in napoletano, non distrugge la serietà dell’affermazione del D’Enge-
nio. E, fino a prova in contrario, la più severa critica storica ci auto-
rizza a ritenere come autore, o almeno uno degli autori di quegli af-
freschi, il pittore veneziano Antonio Solario, soprannominato lo Zin-
garo, vissuto tra la fine del secolo XV e i principi! del XVI, e della
cui vita ed opere non si sa nulla o quasi nulla.
(Nota di B. Croce').
(1) L’effìgie del maestro fu riprodotta per illustrare la nota dal
titolo Due pittori per amore, in Nap. nobilissima, anno III, 116.
 
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