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Napoli nobilissima — 5.1896

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Bertaux, Émile: Per la storia dell'arte
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Ceci, Giuseppe: Il convento di santa teresa agli studi
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https://doi.org/10.11588/diglit.69898#0025

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RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA

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lano della torre di San Vincenzo, che fu mandato nel
1469 da re Ferrante per ammaestrarsi a Bruges (0. Forse
notando l’architettura della cornice e quella della sala
figurata nel fondo, che ricorda la volta a ventaglio delle
due grandi sale costruite nel Castel Nuovo all’epoca Ara-
gonese, si potrebbe anche pensare a uno di quei pittori
spagnuoli i cui nomi si ritrovano nelle Cedole della Regia
Tesoreria alla fine del Quattrocento (1 2 3). Si conosce infatti
l’influenza che la pittura fiamminga esercitò in quel tempo
non meno in Ispagna che a Venezia e a Napoli. Ma la
storia della pittura spagnuola è forse ancora più oscura di
quella della pittura napoletana, e prima di tentare qualche
confronto fra le due scuole, bisogna aspettare studi più
precisi.
E. Bertaux.

IL CONVENTO
DI SANTA TERESA AGLI STUDI

T ’
JL, edificio, dove è ora l’educandato Regina Marghe-
rita del quale si è parlato in uno dei numeri precedenti,
era in origine convento dei Carmelitani scalzi. Il territo-
rio, su cui fu costruito, apparteneva al cominciare del se-
colo XVI a un Ferrante de Pactis Aspromonte, dal quale
nel 1533 lo comprò Giovan Tommaso Bordello, che a
sua volta Io vendette nel 1544 a Scipione di Somma se-
niore. Rimase nella famiglia di Somma fino al 1580, quando
Scipione juniore Marchese di Circello lo concesse ad Al-
fonso Carafa Duca di Nocera pel censo annuo di 1050
ducati. La contrada era chiamata lo Casciello alias la valle
della Sanità, e il territorio, che comprendeva in tutto do-
dici moggia, confinava per due parti con strade pubbliche
e pel rimanente con la regia cavallerizza e con alcune
case di maestro Simonetto Gagliardo. Il Duca di Nocera
comprò in seguito anche queste case, le abbellì e se ne
servì « per loco de recreatione non solo per se ma per
« gli amici, e quasi per tutti i cittadini dove venivano a
« spasso a festini e a giochi » (3).

(1) « De mandement di S. R. per miz le dit banch (la banca degli
Strozzi) a Johan Justo pinctor lo qual de present sa M. tremet en
Flandes por apendre de pinctar XXII due. (Reg. n. 50, f. 278, indicato
dal Prof. Barone nAPArch. stor. per le prov. napo., voi. IX, p. 223;
altro testo p. 226. Vedi anche i Documenti di G. Filangieri (I, p. IX).
(2) Nel 1488, Alvaro yspano pletore; M.Q Francisco yspano pletore
(Filangieri, Documenti, voi. IV, p. 254, in nota); nel 1509, M.° Fer-
rante Bingos yspano pletore; nel 1510, Pedro Francione o Pedro
yspano (id., p. 424, e voi. Ili, p. 148 e 152).
(3) Cito una volta per tutte la Platea del Convento di S. Teresa,
conservata col n. 285 tra le carte dei monasteri soppressi all’Archi-
vio di Stato, che è stata la fonte principale di quest’articolo.

La magnificenza in questa famiglia discendeva per li ra-
mi. Il figlio Ferdinando, quarto duca di Nocera, fu « si-
gnore di molta stima ai suoi tempi », come afferma l’Al-
dimari, e uomo dotto: amò di circondarsi di una nume-
rosa e splendida corte e di sovvenire largamente agli
scienziati coi quali usava di conversare (*). Sposò Clarice
Carafa di Stigliano, e n’ebbe, fra l’altra prole, Francesco
Maria, che, morto il padre nel 1593, fu il quinto duca
di Nocera. Questi diede la gioventù ai viaggi e l’età ma-
tura alla milizia. Guerreggiò sotto le bandiere di Spagna,
contro i Turchi e in Catalogna; ed ebbe i gradi di Ca-
pitan Generale della Cavalleria Napoletana, di Maestro di
Campo Generale nello Stato di Milano, di Viceré e Ca-
pitan Generale dei regni di Navarra e di Aragona, e le
insegne del Toson d’oro, e il grandato di Spagna.
L’Aldimari ne fa questo ritratto: « Questo signore fu
« così ben disposto di persona e di forze, che nuotava
« armato nel mare, e torneava con valore invitto, così
« di lancia come di tori; sì che una volta in Napoli nei
« tempi, che vi era viceré il Conte di Lemos, tagliò il
« collo ad un toro con un sol colpo di daga; fu generoso,
« così in pace come in guerra, e di così amabili e gen-
« tili costumi, che ne veniva universalmente amato, così
« dalla nobiltà come dal popolo, onde qualunque volta
« dal suo stato gli occorreva venire in Napoli, o di quivi
« colà far ritorno, veniva in numero grande incontrato e
« accompagnato a cavallo, come stando in Napoli era
« dalla maggior parte dei cavalieri corteggiato, coi quali
« secondo l’uso di quei tempi usciva per la città accom-
« pagliato a cavallo. Nè fu solo il Duca Francesco esperto
« nel mestiere della guerra o valoroso della sua persona,
« ma ancora intendente di molte erudizioni e di varie
« letterature » (2).
Durante la minorità di costui il giardino di delizie dei
suoi maggiori fu trasformato in convento; ed ecco come.
Nel 1601 era venuto a predicare nella chiesa dell’Annun-
ziata Fra Pietro della Madre di Dio, Commissario Gene-
rale della Congregazione d’Italia dei Carmelitani scalzi,
altrimenti detti Teresiani perchè seguaci della riforma ap-
portata all’Ordine da S.a Teresa di Gesù. Destò un grande
entusiasmo e fece nascere in molti il desiderio che si
fondasse anche a Napoli un convento di Teresiani (3).
Presto le elemosine raccolte con questo scopo da alcuni
cavalieri napoletani e spagnuoli, principali fra essi il Vi-
ceré Don Ferrante de Castro Conte di Lemos, i suoi fi-
gliuoli e il Reggente Martos de Gorostiola, raggiunsero

(1) Aldimari, Historia della famiglia Carafa, II, 242.
(2) Op. cit., II, 254.
(3) Erano stati già fondati a Genova il convento di S. Anna e a
Roma quello di S. Maria della Scala dello stesso ordine.
 
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