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Napoli nobilissima — 5.1896

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Ceci, Giuseppe: Il convento di santa teresa agli studi
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Platen, Augusto von: Napoli
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https://doi.org/10.11588/diglit.69898#0028

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12

NAPOLI NOBILISSIMA

Data parte di questa offerta alla Deputazione di Sanità,
eletta dai sedili, questa l’accettò riconoscente, e richiese
cinque padri pel lazzaretto che doveva istituirsi nel Con-
servatorio dei Bianchi di S. Maria di Loreto.
Così ognuno e quasi tutti dei quaranta che eravamo in convento
bramava et ardeva essere annoverato in questa felice et ben avven-
turata sorte per sagrificarsi a Sua Divina Maestà. Ma dalli nostri su-
periori furono determinati: i. padre Antonio di S. Giuseppe, di ca-
sato Pellegrino, napoletano, già provinciale; 2. p. Bernardo Maria di
Gesù, napoletano, della famiglia Benincasa, lettore di teologia; 3. pa-
dre Giuseppe Andrea di Gesù, napoletano, della famiglia Battimiello,
predicatore e teologo; 4. p. Prospero, calabrese, teologo; 5. p. Sem-
pliciano di S. Elia; 6. frate Donato.
Quali subito si presentarono avanti detto Tribunale a S. Lorenzo
et recevuti li ordini necessari da quelli signori con le vesti di tela
negra furono inviati al detto lazzaretto di S. Maria di Loreto. Là dove
in un subito erano concorsi più di mille et cinquecento ammalati
senza altro aggiuto et assistenza di religiosi o di frati secolari. Nel
qual luogo stettero servendo et administrando li sagramenti per molti
giorni. Ma come nelle pubbliche piazze del convicino borgo sino so-
pra il ponte di S. Maria Maddalena morivano molti poveretti senza
niun aggiuto di sagramenti così furono forzati uscire fuori del lazza-
retto, et andare facendo la carità a tutti, di modo che fra pochi giorni
se infermò il P. Prospero et se ne morì subito in detto lazzaretto
stando seppellito nella chiesa di detto Conservatorio.
Man mano anche gli altri furono attaccati dalla peste
e tornarono a S. Teresa, dove morirono. In tutta l’epi-
demia quel convento perdette ventiquattro religiosi, un-
dici presi dal morbo guarirono, e cinque, fra i quali due
vecchi storpi e podagrosi, e lo scrittore della platea, re-
starono illesi. Vennero dippiù a morire nella loro casa
cinque frati del convento di Torre del Greco e uno di
quello di Ghiaia.
Lo scrittore conchiude enumerando i mali che afflissero
11 regno di Napoli dal 1620: il rincaro delle derrate ca-
gionato dal discredito in cui era caduta la moneta, l’eru-
zione del Vesuvio del 17 ottobre 1632 e le rivoluzioni
del 47. Si mutò lo stato di tutte le cose, che da indi in
poi si disse altri tempi altre cure. E pel convento di
S. Teresa i tempi che vennero furono migliori: le ren-
dite aumentarono per nuovi lasciti avuti l’anno della pe-
ste e in seguito, e i monaci attesero in pace alle loro
preghiere e ai loro studi. Avevano una famosa libreria di
tutte le sorta di scienze, accresciuta con diverse eredità e
doni dei divoti, e principalmente del canonico Gallacini e
del reggente de Marinis (J), che sono sepolti, come ve-
dremo in un prossimo articolo, nella chiesa.
Il convento di S. Teresa fu soppresso col decreto del
12 gennaio 1808, e rimase d’allora, sebbene avesse avuto
varie destinazioni, proprietà demaniale. Due anni dopo la

(1) Celano, ediz. Chiarini, V, 262.

soppressione, scavandosi nel giardino per allontanare il
terrapieno dall’edificio del Museo e per aprire la nuova
via di Capodimonte, fu scoverto un antico sepolcreto. I
vasi, le monete che furono trovati appartenevano a varie
epoche, da quella delle colonie greche agli ultimi tempi
imperiali. In un sepolcro lo scheletro aveva conservati
intatti i suoi denti e fra di essi teneva una moneta così
strettamente, che ci volle molta forza per strappamela,
così si narra nella interessante e minuta memoria scritta
in quella occasione da Lorenzo Giustiniani (J).
Giuseppe Celi.

NAPOLI

NELLE DESCRIZIONI DEI POETI

Augusto von Platen.
.A. ugusto von Platen Hallermiinde venne per la prima volta in
Napoli nella primavera del 1827. Spinto dal desiderio di veder nuova
città? Forse: sovra tutto dalla speranza di ottenere ristoro alla mal-
ferma salute dal nostro generoso clima, perchè l’aria grave di Roma
gli aveva abbattuto i nervi e reso malinconico l’animo. In poco tempo
i sorrisi del cielo e gl’incanti della nostra terra valsero a rinfrancar-
gli la salute e a rasserenargli l’animo, sicché scriveva all’amico Gu-
stavo Schwab queste singolari parole: «Qui porrò il mio costante
soggiorno, qui v’è una salubre aria, uno splendido cielo e d’ogni in-
torno un Eliso». L’impressione che Napoli destò nell’animo del poeta
tedesco dovè esser vivissima: rimase abbagliato dalla serenità del cielo
sempre azzurro, dalla vista del mare sempre tranquillo e dagli innu-
merevoli luoghi, famosi per ricordi antichi, evocanti un’età ricca di
gloria. In uno splendido idillio (Bilder Neaples), che per calore e vita
può stare accanto alle più belle poesie ispirate in ogni tempo ai poeti
stranieri dalla nostra città, egli ritrae uno per uno tutti gli svariati
spettacoli che Napoli presenta al suo sguardo e finisce col dire ch’essi
fanno dimenticare persino S. Pietro, il Pantheon, Monte Mario e villa
Pamphili! Non ci dispiaccia leggerlo, ora che ci siamo provati a tra-
durlo fedelmente (2) : « O straniero, vieni nella grande Napoli, vedila
e muori! Centellina l’amore, godi il più ricco sogno del labile istante,
dimentica il vano desiderio dell’animo, e i tormenti che un demone
ordì nella vita: si, qui impara a godere, e poi, colmo di felicità, muori!
— In semicerchio all’intorno, lungo il ridente golfo, a perdita di vista,
bagnato dalle tiepide onde, giace un ampio cerchio di navi e di alti
edilìzi, e tra i crepacci delle rocce si spinge la foglia di Bacco e su-
perba s’erge al vento la palma. — Dalle alture all’in giù verso il
lido digradano maestose le abitazioni, e piano, come un giardino, ap-
pare il tetto: colà dall’alto tu puoi contemplare il mare e la monta-
gna, la quale nasconde il capo cosparso di ceneri nel proprio fumo;
colà crescono le rose, i tralci e in forte rigoglio l’aloè e godono il
fresco del vento mattutino. — Cinque castelli proteggono e raffrenano

(1) Lorenzo Giustiniani, Memoria sullo scovrimento di un sepol-
creto greco-romano. Napoli, De Bonis, 1816, 2a edizione.
(2) È stato già tradotto, con poco garbo e poca fedeltà, da Gustavo Straf-
forello nella sua del resto pregevole antologia: L'Italia nei canti de’ poeti
stranieri (Torino, Unione tip. ed., 1859); pagg. 175-8.
 
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