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Napoli nobilissima — 5.1896

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Pezzo, Nicola del: Siti Reali
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Colonna di Stigliano, Fabio: Castel Sant'Elmo
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https://doi.org/10.11588/diglit.69898#0204

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i88

NAPOLI NOBILISSIMA

Il 5 aprile del 1850 lasciò Portici, accompagnato dal
Re e dal principe ereditario sino al confine; dove egli be-
nedisse il Re, il regno, e in modo specialissimo il prin-
cipe ereditario, il povero Francesco IL È noto a tutti, an-
che a lui, che ne rideva, che Pio IX era un poco ietta-
tore.
*
* *
Il 1860 cominciò l’agonia del reai sito di Portici. Dalla
Corte passò subito al Demanio, che con vendite parziali,
e destinando l’antico palazzo Mascabruno ad uso di quar-
tiere, lo amputò riducendolo allo stato presente. Gli anti-
chi custodi e giardinieri furono mantenuti; ma la mag-
gior parte si serbò fedele agli antichi padroni; ed era
strano sentire in un sito reale professioni aperte di bor-
bonismo talvolta commoventi nella loro semplicità. Ora
son morti quasi tutti; e il destino comune ha travolto
anche l’ultimo rudere vivente del passato: Luca è disceso
nel sepolcro.
Chi era Luca? Fino a pochi anni fa il grande spiazzo
del bosco inferiore era abitato da un uomo e da un mon-
tone. L’uomo si chiamava Luca; aveva 60 anni, era alto,
aveva corta barba grigia, vestiva camicia di lana, e andava
scalzo: il montone era grosso, grasso, un pezzo di tappeto
sul dorso gli faceva ufficio di sella. Ambedue guadagnavano
la vita portando in giro pel bosco i bambini de’ villeggianti.
Ma Luca non usava con tutti allo stesso modo: avea poche
cerimonie pe’ figli de’ borghesi e considerazioni infinite per
bambini, come egli diceva, dei titolati. Avea gusti aristo-
cratici, e lasciava intravedere a quelli che l’intervistavano
non so qual parentela co’ Borboni, di cui andava superbo;
ma, parente o no degli antichi sovrani, avea sempre a-
vuto dimestichezza con principi regnanti e personaggi il-
lustri: Nicolò I di Russia, nella fugace visita a Portici,
gli avea dato a portare il suo mantello, e gli battette fa-
miliarmente sulla spalla; Pio IX, durante la dimora nel
palazzo, gli parlava con benignità, e gli dava tutti i giorni
la benedizione: il re Ferdinando II scherzava con lui in
dialetto. Ed ora? Era nato e cresciuto nel bosco; tutti, re,
cardinali, papi, imperatori l’aveano trattato quasi da pari; ed
ora dover essere costretto a sberrettarsi davanti a consiglieri
provinciali e appaltatori, lui! N’era profondamente umi-
liato, e, forse, per dimenticare, Luca, sempre che poteva,
si ubbriacava; allora dormiva lunghe ore disteso sul prato,
e il fido montone accovacciato accanto a lui, lo guardava
gravemente, vegliandolo come fratello.
Un mattino Luca fu trovato morto in un bugigattolo
del bosco, dove passava la notte. Ora riposa nel campo-
santo di Pugliano.
E il montone fu venduto ad un macellaio.
fine.
Nicola del Pezzo.

CASTEL SANT’ELMO

IX.
La reazione borbonica.

La mattina del 13 giugno 1799, appressandosi alle porte
di Napoli quell’armata del Cardinal Ruffo, che uno scrit-
tore borbonico chiama ingenuamente Turco-Cristiana 0),
castel Sant’ Elmo sparò la « fatale cannonata » che inti-
mava agli abitanti di ritirarsi nelle proprie case, pena la
vita (1 2 3 4 5). La città rimase deserta; i repubblicani combatte-
rono valorosamente al ponte della Maddalena; ma caduto
il generale Wirtz, mancato loro ogni soccorso da Sant’ El-
mo (3), dovettero ritirarsi, cercando i pochi scampati ri-
fugio nelle fortezze, salvo in Sant’ Elmo, il cui coman-
dante non volle ricevere alcuno. Molti patrioti quindi si
ricoverarono in un baraccone costruito presso san Mar-
tino (4).
Seguirono giorni assai tristi per Napoli. Il popolaccio
commetteva violenze inaudite, inferocito dalla resistenza
dei castelli. Frequenti combattimenti accadeano. La sera
del 16, essendosi da Sant’ Elmo vista assai mal custodita
una batteria piazzata alla Vittoria contro castel dell’Ovo,
una colonna francese scese a furia di lassù, mentre da
Sant’ Elmo si avvertivano con segnali i patrioti di castel
dell’Ovo di far una sortita pel Chiatamone: così che il
comandante della batteria, Papasodaro, preso a un tratto
tra due fuochi, dovè fuggire, abbandonando i cannoni che
furono inchiodati (5). Il 17, durando le violenze della ple-
be, Sant’ Elmo tirò a palla senza pietà sopra ogni attrup-
pamento (6 7). Ma il 18 una sortita tentata da quel presidio
era respinta con grandi perdite (7).
Intanto dopo laboriosissime pratiche tra i comandanti
dei castelli e Ruffo, Micheroux e Foote, si veniva alla fa-
mosa capitolazione per cui ai repubblicani dei castelli

(1) Petromasi, Storia della spedizione del card. Ruffo, Nap. MDCCCI,
p. 64.
(2) Sacchinblli, Memorie sul card. Ruffo, p. 203.
(3) Racconti storici di Gaetano Rodino, in Arch. Stor. Nap., VI, 485.
Il Rodino descrive il combattimento e la caduta del generale Wirtz,
e soggiunge : « ed allora fu che afflittissimo, mirando il forte di
Sant’Elmo, proruppi in questi detti che dopo tanti anni tuttora ram-
mento. Oh se scendessero in questo, che dev’essere un troppo mal
punto per noi, alquanti di quei valorosi in nostro aiuto ben cange-
rebbe aspetto la battaglia! E sentiva tale uno sdegno per coloro che
di là vedevano con indifferenza compiersi la nostra rovina, che ma-
lediceva il dì in cui, consorti ai loro pericoli, gli agevolammo un’im-
presa che visto l’indomabile coraggio dei popolani, mai da sè soli
avrebbero potuto effettuare ».
(4) Sacchinblli, Op. cit., p. 211.
(5) Von Helfert, Fabrizio Ruffo, p. 270.
(6) Sacchinelli, Op. cit., p. 240.
(7) Von Helfert, Op. cit., p. 278.
 
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