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Napoli nobilissima — 5.1896

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Pezzo, Nicola del: Siti Reali
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https://doi.org/10.11588/diglit.69898#0203

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RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA

187

sue rifazioni, oppure « la moglie dell’occupazione milita-
re », come la chiamò in un processo l’avvocato fiscale,
tanto avea in orrore pronunziarne in pubblico il nome (*).
La regina Carolina a Portici rifece tutto: sua opera è la
decorazione pompeiana di quella parte, che ora occupa la
Scuola d’Agricoltura, la prepotente affermazione dello stile
dell’ impero negli appartamenti dell’altro lato, e la profu-
sione di broccati della fabbrica di S. Leucio. In quell’e¬
poca a Portici patì solo il Museo, che fu spogliato dei
bronzi dai Francesi; ma poi furono anche essi restituiti.
In quel periodo le condizioni economiche della città
non erano floride; i commerci depressi, il cambio al-
tissimo, il banco languiva. Murat per alleviar la miseria,
e sopratutto per non farla vedere, promosse nel 1809 un
carnevale allegrissimo: a S. Carlo le feste da ballo si suc-
cedevano con l’intervento della Corte, ed anche l’aristocra-
zia murattiana aprì le sue sale: la consegna era di far cir-
colare il denaro, che non c’era, facendo così credere che
ve ne fosse molto. Saliceti, il cui credito in Europa era
allora straordinario, che avea in Napoli una figlia sposata
al duca di Lavello, anche in questo secondò il suo Re:
al palazzo Calabritto diede un ballo, pel quale spese 30,000
ducati, sfoggiando un lusso mai prima veduto a Napoli;
le due sedie pei sovrani costarono 2500 ducati. Invece in
quello stesso carnevale del 1809 il maresciallo Perignon,
governatore di Napoli, noto per la sua avarizia, in un ballo
in maschera, che diede a casa sua soppresse la cena: il
giorno dopo si vide giungere a casa un individuo camuf-
fato da cuoco, mandatogli dal generale Lamarque, che go-
deva fama di uomo di spirito, ad offrirgli i suoi servigi.
Il palazzo di Portici anche ebbe parte in questa alle-
gria obbligatoria, e vi si tenne una gran festa nell’otto-
bre del 1809. Tra quelle mura la vita dovette essere in
quel breve periodo un po’ più gaia; restano ancora vaghe
tradizioni di barche approdanti al Granatello nel buio di-
screto della notte alta.
Il congresso di Vienna rimise sul trono di Napoli Fer-
dinando IV; invero non ne aveva troppa voglia, ma Gioac-
chino Murat, negli ultimi anni di regno, avea commesso
troppi errori; dice una scrittrice contemporanea, che se
fosse stato vivo ancora Saliceti, i suoi consigli lo avreb-
bero salvato da molti errori (1 2 3).
Ferdinando I, come Carlo V, entrò solennemente a
Napoli da Portici. La mattina del 17 giugno alle otto
uscì dunque dal palazzo reale: soldati inglesi, siciliani e
tedeschi formavano ala ai lati della strada; precedeva nu-
merosa cavalleria ungarica, alla cui testa il generale go-

(1) Lady Morgan, Voyage en Italie, p. 140-146, voi. IV.
(2) Memoires d’une incannile, Paris, Plon, 1894.

vernatore di Napoli, conte di Neipperg; poi veniva la
guardia di pubblica sicurezza, e il Re tra il principe Leo-
poldo a sinistra, e un generale austriaco a destra, nel cen-
tro di un quadrato di cavalleria e fanteria; infine chiudeva
il corteo un numeroso stuolo di cavalleria tirolese e fan-
teria tedesca (V. Ecco le milizie nazionali, che fecero scorta
a Ferdinando I nella sua solenne entrata; mancava soltanto
Maria Carolina, morta presso Vienna l’anno precedente.
Narra lady Morgan, che Ferdinando, appena che ebbe
ripreso un po’ di fiato, mandò il figlio a Portici a vedere
come stavano le cose, e questi, di ritorno, conchiuse la
relazione, dicendo: « ah, papà mio, si vous etiez restò
absent deux ans de plus » (2) ! Come primo provvedimento
furono rilegati in soffitta tutti i ritratti della famiglia Bo-
naparte e Murat, e Portici riprese la vita di prima.
La Corte veniva a passarvi l’ottobre, e in quel mese la
passeggiata in carrozza di Napoli si facea per la strada di
Portici. Se non che dopo l’acquisto della vicina Favorita
il palazzo di Carlo III dovè dividere con essa i favori au-
tunnali della Corte.
Del 1849 è l’ultimo avvenimento importante, che si
rannoda a questo palazzo reale. Costretto dagli eventi,
dopo l’assassinio di Pellegrino Rossi, Pio IX, il 25 no-
vembre del 1848, fuggì a Gaeta, accompagnato dal mini-
stro di Baviera Spaur e dalla moglie, e travestito da aio
d’un loro figliuolo. Il 4 settembre dell’anno seguente venne
a Portici, sul Tancredi, ricevuto al Granatello dal Conte
d’Aquila e dal Principe di Salerno: re Ferdinando era an-
che a bordo col Papa. A Portici e ne’ paesi vicini furono
grandi feste e luminarie; il comune di Resina fece un
grande arco di trionfo accosto alla via Cecere, e in alto
erano scritti questi versi:
Da Resina gloria a Dio;
Dona ossequio al sommo Pio;
Offre omaggio al suo buon Re.
Sì, Resina in questo giorno
Offre lieta il suo soggiorno
Al Pontefice e al Re (3).
L’autore non è provato che fosse Ingarriga.
Durante la dimora di Pio IX fu un continuo pellegrinag-
gio a Portici. Egli di lì andava a visitare alcuni paesi delle
nostre province, dove era un santuario, o monastero cele-
bre; un giorno venne a Napoli a dare dal gran balcone di
palazzo reale la benedizione al popolo, che gremiva la piaz-
za. A Portici occupò alcune stanze del grande appartamento
verso mare, che ancora si chiamano le stanze di Pio IX.

(1) Diario del regno di Napoli 1798-1826, manoscritto della Società
di storia patria.
(2) Lady Morgan, Voyage en Italie.
(3) Diario di Pio IX.
 
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