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Napoli nobilissima — 5.1896

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Montemayor, Giulio de: La piazza della sellaria
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https://doi.org/10.11588/diglit.69898#0033

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apoli nobilissima

RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA

Voi. V.

Fasc. II.

SOMMARIO.
La piazza della Sellaria. I. Una giostra a Napoli ai tem-
pi di Alfonso d’Aragona. G. de Montemayor.
Sant’Agostino alla Zecca. Architettura Angioina e scul-
tura Sveva. E. Bertaux.
Castel Sant’ Elmo. II. Prima fondazione. F. Colonna di Sti-
gliano.
La fede di morte dello Spagnoletto ed altri documenti
inediti intorno ad artisti napoletani del s. XVII. L. Sa-
lazar.
Notizie ed osservazioni. Don Fastidio.
Da libri e periodici. Don Ferrante.

LA PIAZZA DELLA SELLARIA

i.
Una giostra a Napoli
ai tempi di Alfonso d’Aragona.

-Nel 1456, in uno degli ultimi, e forse proprio nel-
l’ultimo giorno del luminoso e tiepido febbraio napoletano,
una gran folla di popolo si riversava da tutte le strade
circostanti nella rinnovata piazza della Sellaria; proprio
come si riverserebbe oggi in piazza Depretis, sorta dalle
rovine appunto di quella.
Solo che ora le strade sono ampie e luminose, e gli
abiti scuri e monotoni; mentre allora le strade erano
scure ed anguste, e gli abiti sfarzosi e di vivi colori.
E questi sfolgoravano ancora più sul fondo severo delle
strade; le quali però, nei quartieri alti, schiudevano ai
passanti dagli aperti portoni, come una fantasmagoria di
luminosi e grandi cortili, « allegrissimi per la verdura dei
« giardini d’agrumi, le bellissime fontane » (’), e le logge,
a volta coverte di portici; e nei quartieri popolari, che
dalla porta del Mercato, per S. Eligio e la Sellaria si esten-

(1) Capaccio, Descrizione di Napoli, ed. Società nap. di St. Patria,
Napoli, Giannini, 1882, pag. 23.

devano lungo il mare, « contrada principale di Napoli in
« cui era la nobiltà de merchadanti » (z), erano rallegrate
da questi; che nei giorni di festa, non chiudevano come
si fa ora le loro botteghe, ma, sui banconi e fuori, espo-
nevano invece in pittoreschi trionfi il meglio delle loro
mercanzie; e argentieri, armajuoli, giubbonari, setajuoli e
sellati, decoravano, così, le strade che da essi prendevano
il nome (1 2 3 4). Tutte erano poi adorne degli arazzi e delle
coverte di seta e di broccato che s’appendevano nelle
grandi circostanze dalle logge e dai veroni; e la gente
poteva comodamente pavoneggiarsi per le strade, la gio-
ventù, « tutta vestita a festa, spandervisi, mirare, esser
« mirata ed allegrarsi in core », senza palpiti e circospe-
zione continua; perché in quei tempi beati carrozze non
ne passavano; neppure in quella « strada Capuana », oggi
dei Tribunali, che era allora « la più dritta e longa strada »
di Napoli.
Erano quelli i bei tempi in cui Napoli,

facta signorile
Per Alfonso Re possente,
era chiamata « Napoli gentile » (3).
Lassamo i triumphi stari
Le battaglie & li gran pregi,
cantava inebriato il poeta:
Li honuri singulari,
Le pompe con collegi,
& le giostre non son pegi
Li tornamenti giosi
Le fabbriche famosi
Or tocca il cielo lucente
Per Alfonso Re possente (4).

(1) Descrizione di Napoli del 1444, pubbl. dal Foucard in A. S.
N., a. 1877.
(2) Faraglia, Studi intorno al regno di Giovanna li d’Angiò,
cap, IX, pag. 45. Atti dell’Accademia Pontaniana, voi. XXV.
(3) Descrizione di Napoli del 1444, A. S. N., a. 1877.
(4) Rimatori napoletani del 400, Ed. Mandalari, Caserta, 1886.
Appendice del Mazzatinti, pag. 187.
 
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