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Napoli nobilissima — 5.1896

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Croce, Benedetto: Leggende di Luoghi ed edifizii di Napoli
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I32

NAPOLI NOBILISSIMA

LEGGENDE
DI LUOGHI ED EDIFIZII DI NAPOLI

I.
e tradizioni popolari spiegate con la storia e gli edifizii
del tempo di Carlo Tito Dalbono sono un libro che ha
avuto presso di noi molta popolarità I1). Appartengono a
un gruppo di produzioni letterarie che apparvero in Italia
verso la metà di questo secolo, e il cui scopo era di pre-
sentare in forma artistica le leggende del popolo italiano,
come gli scrittori di romanzi storici, da parte loro, ne
elaboravano la storia.
Quei romanzieri ed espositori artistici trattavano le fan-
tasia popolari con molta confidenza e con poche cerimo-
nie. Fantasia per fantasia, essi credevano di poter diven-
tare i collaboratori o i correttori dello spirito popolare e
gli prestavano la loro psicologia e le loro moralizzazioni.
Così riuscivano a produrre opere, storicamente, scarse o
affatto prive di valore, per le alterazioni e gli arbitrii in-
dividuali degli espositori, e, dal punto di vista artistico,
false e manierate.
I progressi della novellistica comparata e il cangiamento
di gusti estetici, hanno fatto sparire ai tempi nostri tali
lavori ibridi. Il demopsicologo raccoglie ora, scrupolosa-
mente, la voce del popolo; e l’artista, quando si accosta
alle fantasie popolari, cerca di riviverle, in modo da ri-
produrle, o da creare liberamente, ma sempre ipsis dictan-
tibus, seguendo cioè le loro ispirazioni e suggestioni.
Nel libro del buon Dalbono in ispecie, la mancanza di
distinzione tra ciò ch’è esposizione di leggende e ciò ch’è
invenzione individuale, raggiunge un grado che, quasi quasi,
si potrebbe dire una sorpresa alla buona fede dei lettori!
« Sarà mia cura — egli scrive — di confrontare le date,
« scrutinare gli avvenimenti, conciliare i diversi pareri,
« confutare le false conghietture, e qualche volta, ove
« torni vano ogni studio a trovar l’origine delle cose, rap-
« portare il semplice avvenimento sotto l’aspetto più ac-
« concio a rettificare i giudizii. Ed a ciò fare mi servirò
« degli antichi manoscritti, de’ proverbii del popolo, ed
« anche delle parole de’ vecchi, parole che accelerano l’e-
« sperienza de’ giovani e la rendono meno travagliosa » (2 3 4).
E dà sulla voce a chi gli consigliava di usare qualche mag-

li) Ne ho innanzi l’edizione in tre volumetti, Napoli, dalla tip. de
Marco, i.° e 2.» voi. 1841, 3.° voi., 1843, ornata « d’invenzioni ar-
tistiche » in litografia ed incisioni in legno. Ce n’è anche un’altra
con la data di Milano, 1844.
(2) Voi. I, p. XXXVII.

giore ornamento artistico: « Io parlo al popolo del po-
« polo, e voler essere creduto dal volgo svisando le sue
« tradizioni sarebbe lo stesso che seminar nell’arena.
« Le tradizioni sono un sacro retaggio che gli avi ai pa-
« dri, e i padri a’ figliuoli trasmettono; però s’hanno a
« rispettare, per ispiegarle, dopo averle esposte secondo la
« popolar dizione.» (0. Queste le sue frequenti prote-
ste; ma, una volta per tutte, non bisogna prestargli fede.
Il Dalbono invoca libri e manoscritti che non sono mai
esistiti, e si diverte finanche a foggiare brani di antiche
cronache: il che oltrepassa il segno della lecita illusione
artistica. Rimando ai trattatisti dell’estetica chi abbia vo-
glia di conoscere la determinazione dei limiti tra l’illu-
sione e l’inganno, l’apparenza che si dà per apparenza e
l’apparenza che si dà per realtà!2).
Ma pure, in mezzo a tutte le poco felici invenzioni e
le pretese ricerche storiche, ci sono nel libro del Dal-
bono dei motivi o dei particolari veramente popolari. Ciò
mi fa sembrare non inutile di sottometterne il contenuto
a un rapido esame, per tentar di sceverare quel poco che
in esso può interessare gli studi di letteratura popolare.
Questo esame servirà come aggiunta ai parecchi studii di
leggende che si riattaccano ad edifizii o a luoghi della
città di Napoli, che sono stati già pubblicati in questa
nostra rivista (3).
IL
Il libro del Dalbono si apre con una leggenda intitolata
Maria Stella ovvero il palazzo della Regina Giovanna. Il
Dalbono narra di un marinaio di cui si sarebbe invaghita
la regina Giovanna, e che, saziate le sue voglie, avrebbe
fatto precipitare in uno dei trabocchetti del suo miste-
rioso palazzo. Il racconto, che risponde per altro al tipo
tradizionale della Regina Giovanna, è invenzione del Dal-
bono (4).
Segue: Il Barcaiuolo di pietra, un barcaiuolo così so-
prannominato, per la sua immobilità e il suo ostinato si-
lenzio, il quale, dopo aver strappata sua figlia ad un si-
gnore che l’aveva seco per amante, la porta per mare e

(1) Voi. Ili, p. VII.
(2) Vedi, per esempio, lo Hartmann, Philosophie des Schònen, L. I,
cap. I, §§ 2-3.
(3) Vedi gli articoli del De la Ville, Tre iscrizioni enigmatiche
della vecchia Napoli, e II « Corpo » e la « Capa » di Napoli (a. II e
III); dell’AMALFi, La fossa del coccodrillo in Castelnuovo (a. IV); di
Fabio Colonna, sulla Leggenda del Principe di Sansevero (a. IV, cfr.
aggiunta dell’Amalfi, ivi, pp. 187-9); e ■ miei Sull’Arco di S. Eligio e
una leggenda ad esso relativa. I ricordi della regina Giovanna a Napoli,
Il Pozzo di S. Sofia, Il bassorilievo del Sedile di Porto e la leggenda di
Niccolò Pesce (a. I, II, V).
(4) Vedi Croce, I ricordi della Regina Giovanna a Napoli, in que-
sta rivista, a. II, fase. 6.
 
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