Universitätsbibliothek HeidelbergUniversitätsbibliothek Heidelberg
Metadaten

Napoli nobilissima — 5.1896

DOI Artikel:
Montemayor, Giulio de: La piazza della sellaria
DOI Seite / Zitierlink: 
https://doi.org/10.11588/diglit.69898#0079

DWork-Logo
Überblick
loading ...
Faksimile
0.5
1 cm
facsimile
Vollansicht
OCR-Volltext
RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA

63

— Chi era Lucrezia d’Alagno? Qual parte ebbe essa
negli eventi che prepararono questa giostra? ■— Ecco due
domande alle quali cercherò di rispondere in un prossimo
articolo (’).
continua.
Giulio de Montemayor.

NOTIZIE ED OSSERVAZIONI
Vincenzo d’Auria.
Alla fine del passato mese di Marzo, è morto il nostro amico e
collaboratore Vincenzo d’Auria. Il D’Auria non aveva ancora toccato
il confine della vecchiaia; ma, da circa un anno, aveva sofferto gravi
attacchi nervosi, e la sua salute e la sua intelligenza ne erano restate
assai scosse. La sua morte ha addolorato quanti l’hanno conosciuto,
perchè egli era veramente una buona e cara persona. Le necessità
della vita lo avevano menato a far l’impiegato, il correttore di bozze,
il giornalista; ma colto ed appassionato com’era di ricerche storiche,
negli ultimi anni ebbe occasione propizia a sviluppare queste attitu-
dini, essendo diventato segretario di Bartolommeo Capasso. E per un
pezzo siamo stati soliti d’incontrare per le vie, di vedere entrare e
uscire dall’Archivio di Stato o dalla Società Storica la coppia indivi-
sibile del venerando Capasso e del suo fedele D’Auria. I molti suoi
scritti di storia napoletana sono sparsi sui giornali, specialmente sul
Piccolo del De Zerbi, sulla Lega del bene del Parisi, svàYOcchialetto, sul
Fortunio. Parecchi di essi riguardano aneddoti della vita dei teatri
napoletani. Sulla nostra rivista pubblicò: (a. I), La Colonna della Vi-
caria, Dalla Darsena all’lmmacolatella, La Taverna del Cerriglio; (a. Il),
La Piazza degli Orefici; (a. Ili), Il campanile di s. Chiara, il teatro del
Fondo; (a. IV), Ancora del quadro di s. Girolamo. Era assai accurato
e minuto nelle ricerche, e non ci è suo scritto che non contenga
qualche documento inedito o qualche notizia rara.
*
# *
La grotta della Soricella a S. Lucia.
Con questo titolo leggiamo un articolo del signor Eduardo Mi-
gliaccio, nell’ottimo Archivio per lo studio delle tradizioni popolari, che
si pubblica a Palermo dal Pitrè e dal Salomone Marino (voi. XIV,
fase. Ili, luglio-settembre 1895).
Come l’articolo riguarda cose napoletane, ed è in sè abbastanza
curioso, è bene spenderci intorno due parole.
L’autore vi discorre di una grotta (una delle tante, cfr. Nap. no-
biliss., II, 15-6, 63-64), che è a S. Lucia, nel vico Grade, e che si
chiama della Soricella.
Di questa grotta egli ci dà la descrizione; ci fa sapere che verso il
1860 il proprietario fece in essa degli scavi per rintracciare una sor-
gente d’acqua sulfurea, e che in quella occasione vennero fuori pa-
recchi oggetti antichi (una statuetta, una piccola lucerna, ecc.); e che
« si ritiene debba giungere fin sotto al Monte Echia, oggi Pizzofal-
cone, come si rileva da una lettera, datagli a leggere da un antico

(1) Nel precedente articolo, fascicolo di febbraio, a pag. 19, il
terzo periodo della 2.® colonna, venne fuori assai confuso. Si corregga
a verso 16: «di bei palazzi, se non eleganti come ecc.» A verso 18
si metta una virgola al posto dell’e; si sopprima l’e a verso 20; e a
verso 23 si corregga: «Molte di esse» in «Molti di essi». Chiedo
scusa ai lettori del fastidio; ma era necessario.
G. d. M.

abitante del vecchio rione, pel cui stile si potrebbe battezzare del de-
cimosesto secolo », e ne cita un brano. Poggiandosi inoltre su di un
manoscritto, che dice di avere avuto tra mano, di un D. Antonio Ci-
pozzuto, prete luciano, prefetto della più antica cappella serotina di
quei luoghi, c’informa che in questa grotta « abitava la megera più
nefanda detta la Soricella, alla cui bruttezza non erano comparabili le
più terribili arpie ». Questa strega — dice il manoscritto — tor-
mentata ed aizzata dalla gente del vicinato, pronunziò terribili bestem-
mie; onde apparvero tre mostri che la gittarono in un pozzo della
grotta, da cui non uscì più mai. Alla prima strega successe la figlia
brutta quanto lei, e via via « di madre in figlia, si son succedute in
varie generazioni, sempre con la stessa qualità e con lo stesso cogno-
me, senza mai smettere la loro bruttezza fenomenale ». Ed anche
ora — aggiunge il sig. Migliaccio — esiste nel rione uno Soricella
moderna, benefica però, la quale compie le sue funzioni nella grotta.
E la descrizione dei costumi popolari in proposito riempie la seconda
parte dell’articolo: il signor Migliaccio ci discorre della cura delle
malattie, del modo di trattare le donne incinte, delle sorti e special-
mente della curiosa e solenne cerimonia che si compirebbe, in quella
grotta, per opera della Soricella, ogni prima domenica di mese.
Lo scritto del Migliaccio non è riuscito nuovo a chi scrive queste
righe; perchè, tre anni fa, l’autore l’offrì alla nostra Napoli nobilis-
sima. Allora fu fatto notare al sig. Migliaccio che certamente la per-
sona che gli aveva fornito la lettera antica con cui comincia il suo
articolo, aveva voluto fargli uno scherzo, perchè quel documento era
una falsificazione poco ingegnosa. Il sig. Migliaccio esibì l’originale;
ma ci bastò guardare alla forma della lettera, alla mancanza d’indi-
rizzo e di data, alla calligrafia ed inchiostro, e finalmente alla fila-
grana della carta, per aver la conferma di quel che dicevamo. E senza
metter loro sott’occhio il preteso originale, basterà ora far sentire ai
lettori il brano che il Migliaccio ne stampa nel suo articolo. Eccolo:
« Et etiam oro vostra excellentia di pistonare li ripari majori in grotta
Soricella che li marinali calati questa notte da lo cunicolo de lo Monte
Echia hanno involato tutte le mie substantie ».
In qual tempo si è scritto a Napoli in questo modo? Rinunziamo
alla troppo facile dimostrazione della miscela bastarda di idiomi e de-
gli anacronismi linguistici che contengono questi pochi righi.
Del manoscritto del prete Cipozzuto non possiamo dire niente, non
avendolo visto; ma è probabile che il signor Migliaccio, che è stato
ingannato una prima volta, si sia lasciato trarre in inganno anche
una seconda. Ad ogni modo, il contenuto del manoscritto colle sue
apparizioni dei mostri e dei diavoli, si rivela subito come volgarmente
favoloso.
Quanto ai viventi costumi popolari che il signor Migliaccio ci de-
scrive, sono senza dubbio assai curiosi. È vero ch’essendoci recati sul
luogo, non abbiamo potuto appurar nulla dalle persone da noi inter-
rogate — la grotta è ora occupata da un cantiniere —; ma non ci
serviremo di quest’argomento, perchè si potrebbe ben rispondere che
un popolano di S. Lucia non racconta al primo venuto le pratiche
delle fattucchiere, alle quali ricorre nei casi della sua vita. E la rispo-
sta sarebbe giusta.
Ma il signor Migliaccio è anche autore di un volumetto, di let-
tura abbastanza dilettevole, intitolato Nel Paese dei Luciani (Napoli,
Fratelli Contessa tip., 1891), che dovrebbe essere un’illustrazione della
pittoresca regione di S. Lucia. E nella prefazione il Migliaccio, antico
abitatore di quei luoghi, dichiara di voler dire la verità vera sul conto
dei Luciani. Eppure vi leggiamo sotto il titolo L’antica Megari la
storia degli amori e dell’infratamento di un Roberto « figliuolo di un
ricco contestabile di casa Loffredo dei Marchesi di Trevico »; sotto
 
Annotationen