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Napoli nobilissima — 5.1896

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Montemayor, Giulio de: La Piazza della Sellaria
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https://doi.org/10.11588/diglit.69898#0133

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RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA

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da quello della moglie. Loyse de Rosa, cronista degno
della miglior fede, dice che a Lucrezia Alfonso « le por-
« tava tanto honore che era una cosa stupenda, sy più
« ad essa che no a la duchessa mogliere de don Ferrante,
« et chesso fo la rajone, che, corno fo muorto lo Re,
« che la duchessa fo Regina, essa fugio et andosende co
« lo duca Joanne.per vostro adviso essa sapeva
« zocche deceva lo Re ezoche deceva la regina et per
« chesto essa prese partito, che sapeva che le era pro-
« miso » t1). E le sleali vendette di Ferrante furono in-
fatti feroci.
L’odio della futura Regina per la donna, che, senz’al-
cun diritto, le toglieva nel regno quel primo posto, che
per l’assenza di Maria d’Aragona, sarebbe toccato a lei,
si spiega benissimo; e ci rivela tutta una lunga storia di
gelosie e di rivalità femminili, per la bellezza, la potenza
e lo sfarzo della favorita. Quanto doveva costare in se-
guito a Lucrezia ogni cortadura più galante e ogni inven-
cion più originale di quelle della Principessa ereditaria! E
di questo segreto odio delle due donne noi troveremo
infatti la più luminosa conferma in un documento inedito,
che debbo al Nunziante e che a suo tempo riporterò.
Si aggiunse che Ferrante, messo alle strette dalla ri-
volta dei prepotenti baroni, disfatto a Sarno dal preten-
dente angioino nel luglio 1460, fu ridotto, per procacciarsi
il danaro necessario, a imprigionare e spogliare i più ric-
chi cittadini, massime quelli « ingrassati coi denari del
padre » (2 3). Non occorrerebbe altro per far supporre che
da questo saccheggio non andasse esente Lucrezia; ma
ve ne sono le prove.
A lei, che, odorando il vento infido, s’era rifugiata coi
suoi tesori nel Castello di Somma, si rivolse una prima
volta Ferrante, ed ella gli mandò prima 10,000 ducati, 5
in danaro e 5 in gioie, le quali il re per cortesia le ri-
mandò; e poi nel maggio 1459 altri 5000 ducati in da-
naro. Ferrante, da parte sua, sostenne i diritti di lei sulla
torre di Perigliano presso Somma usurpata da un Di Co-
stanzo, e il 14 ottobre 1460 andò a Somma a visitarla e
confortarla (3). Ma ad un tratto le cose si mutarono. Ro-
berto Sanseverino intrigava per ottener Caiazzo terra già
di sua casa ed ora di Lucrezia: Ferrante, per non disgu-
starselo in quei critici momenti, glie l’avrebbe dato; ma
Lucrezia avea Somma che era « una mala bestia ad Na-
poli » e per vendetta avrebbe potuto darla ai nemici. Al-
lora il Re fece di tutto per attirarla a Napoli; non es-

(1) Debbo questo brano inedito alla cortesia del eh. A. Miola, che
lo copiò alla Nazionale di Parigi (Cod. Ital. 913 (10171) a carta 48)
e al quale sento il dovere di rinnovare qui i miei ringraziamenti.
(2) Nunziante, I primi anni di Ferdinando d’Aragona, in A. S.
N., a. XX, p. 476.
(3) Nunziante, o. c., A. S. N., a. XX, p. 515.

sendovi riuscito ordinò al Coreglia, cognato di Lucrezia,
che restasse a reggere Caiazzo non più per Lucrezia
ma pel Re; e per assicurarsi di lei, nel gennaio 1461
andò ad occupar Somma e vi lasciò un presidio di fanti
« che in effetto vi stavano pel Re, ma avean nome di
« star li per essa madona. Nel qual Castello — scrive il
« Da Trezzo interpretando il pensiero del re — sonno
« panni de raza de essa Madona per più de ducati die-
« cimila, duecento bothe de vino greco et altro mobile:
« la quale roba ancora che essa havesse altro animo, serà
« grande casone de farla tenere la briglia in mano, per
« non perderla, perchè de sua natura è molto avara ».
Ma s’ingannarono entrambi: piuttosto che avara, essa era
superba.
Questo trattamento di ribelle esacerbò l’animo fiero
di lei.
All’arrivo di Ferrante a Somma, Lucrezia si ritirò nel
castello che era in cima alla montagna, facendo libera-
mente aprir l’altro al Re. Ma per quanto i parenti la
confortassero « ad fare altra dimostratone verso el Re »,
con contegno di regina offesa, ella non volle neppur ve-
derlo. Ed ecco la lettera che A. Da Trezzo, inviatole dal
Re per tentarne l’animo, scrisse al Duca di Milano rife-
rendogli il colloquio che aveva avuto con lei:
« cum la voluntà de la prefata Maestà, — egli scrive — l’andai
ad visitare per parte de la S. V. et de la Ill.ma Madona Vostra con-
sorte, dimostrandoli l’amore che havete portato ad casa sua etc. con-
fortandola ad non volere deviare da la via de essa Maestà, che gli seria
infamia grandissima, havendo sua casa ricevuto tanto honore et bene
dal Signor Re Alfonso come ha, et più' altre parole. Essa ne respuse
che al Re vole tanto bene et portali tanto amore quanto possa, contra
el quale ha estimato ed estima più che quanta roba è al mondo, ma
per adesso ha totalmente deliberato de non vedere el Re, et questo
è per un grande sdegno et corruzo che ha preso cum S. M. Et diman-
dando io la ragione del corruzo et chel non debba essere de natura
chel non habia mezo per levarlo, tandem me disse che è perchè el
prefato Signor Re gli ha levato di mano Cayacio et comandato al
governatore, che è pur cognato de essa Madonna, et ley fu quella
che gli lo pose, che tegna dieta forteza ad nome di S. M. et non ne
facia più la volontà de ley, che è una cosa che non po’ patire sola-
mente per l’onore; che pare forse ad altri che per mancamento suo
gli sia . facto questo, che non è; ma che è stata arte del dicto suo
cognato, che ha havuto voluntà de farsene Signore. Io gli rispose con-
fortandola assai ad stare paciente et contenta alla voluntà del Re, e
maxime che dieta forteza non gli è tolta, essendo in mano di suo
cognato; in effecto dice che mai se pigliarà sei Re non comincia ad
fare ciò che ella vole cum dire ch’ella faceva poca stima de roba nè
d’altro, poiché XVI anni è stata in continua speranza de essere Re-
gina de questo Reame et che la fortuna gli fu contraria, tolendoli
così presto Re Alfonso (1). Io gli disse che Dio doveva chiamare ad

(1) Alfonso regnò appunto i 16 anni di cui parla Lucrezia: i loro
amori erano dunque di antica data, e rimontano al tempo che Al-
fonso conquistò Napoli.
 
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