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Napoli nobilissima: rivista d' arte e di topografia napoletana — 5.1896

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La Ville sur-Yllon, Ludovico de: La cappella espiatoria di Corradino al mercato
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https://doi.org/10.11588/diglit.69898#0167

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RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA

D1

fu vinto e sconfìtto nella pianura di Tagliacozzo, presso
il lago Fucino in Abruzzo. Salvatosi con la fuga, assieme
a Federico di Babenberg, Duca d’Austria (*) ed ai conti
Galvano Lancia, Gherardo e Galferano da Donoratico di
Pisa, errarono più dì per boschi e presero la via della
marina colla speranza d’imbarcarsi ed andare a Pisa. Ar-


Croce
esistente nella Cappella
espiatoria
ed ora nella chiesa
del Purgatorio al Mercato.

rivarono alla spiaggia romana presso
un castello chiamato Astura, tenuto
da Giovanni Frangipane, nobile ro-
mano, e trovata una piccola barca
di un pescatore, lo indussero con
grandi promesse, a volerli condurre
sul lido di Toscana: e poiché nes-
suno di essi portava danaro, uno
dei conti prese un anello di gran
valore e pregò il pescatore che lo
tenesse in pegno, perchè gli avreb-
bero poi dato prezzo assai maggiore
di quello che poteva sperare. Il pe-
scatore tolse l’anello, e per sapere
se il valore di esso era buon pegno
per servizio della barca, che colui
cercava, andò subito a mostrarlo al
Frangipane, il quale conobbe che
era di gran prezzo e domandò della
qualità di quegli che l’aveva dato e
dei suoi compagni; ed intendendo
che erano quattro, due attempati e
due giovinetti e che questi non par-
lavano, subito congetturò quel che

era, che i giovani fossero tedeschi e non sapeano la lin-
gua italiana e che fuggivano dalla battaglia, di cui già avea
avuto notizia. Sceso al lido con suoi armati, li fe’ tutti
quattro prigioni. E di là a pochi giorni, con buona guar-
dia, li portò al re Carlo, dal quale ebbe in compenso la
terra della Pelosa ed altri castelli in Valle Beneventana.
Da lui discesero i Frangipani nobili di Portanova, i quali
possedettero quei castelli sino alla fine del secolo XV.
Corradino ed i suoi compagni furono portati in Napoli
e chiusi nel Castello dell’Uovo. Molti baroni e principal-
mente il Conte di Fiandra genero del re, consigliavano
Carlo di tenerli in lunga prigionia: altri, fra cui quelli
che aveano osteggiata la casa Sveva, opinavano per la
morte. Il re, forse per coprire la sua volontà, fece con-

fi) A torto molti scrittori napoletani, come il Summonte, il Co-
stanzo, etc. lo chiamano Federico d'Absburg. Egli fu l’ultimo della
casa di Babenberg, che per tre secoli avea regnato in Austria, prima
col titolo di Marchese e poi con quello di Duca. In quegli anni se
ne insignorì la casa di Absburg ed il primo Duca ne fu Alberto, fi-
glio dell’imperatore Rodolfo.

vocare i Sindaci delle principali città del regno, i quali
conchiusero, e per i primi i Sindaci di Napoli, di Capua
e di Salerno, che dovessero esser condannati a morire I1).
E così il 26 ottobre 1269 nel mercato di Napoli fu e-
levato un palco coperto di velluto cremisino e quivi me-
nati Corradino, il Duca d’Austria, i conti Galvano Lancia
e Gherardo da Donoratico ed altri quattro cavalieri, con
grandissimo concorso di popolo, presente da un alto palco
lo stesso re Carlo, fu letta da Roberto da Bari, Protono-
tario del Regno, la sentenza, che condannava tutti alla
morte. Corradino, come narra il Villani, protestò contro
la sentenza e trattosi un guanto, lo buttò sulla folla; il
quale raccolto da un Errico Dapifero, fu portato a Pietro
d’Aragona, marito di Costanza, la sola superstite di casa
Sveva. Al Protonotario Roberto da Bari, dopo letta la sen-
tenza, il Conte di Fiandra pel grande sdegno che avea
della morte di Corradino, trafisse il petto con la spada,
dicendo non essergli lecito condannare a morte così gran
signore: del qual colpo il Protonotario morì (2 3). Il primo,
a cui fu mozzo il capo, fu il Duca d’Austria. Corradino,
preso quel capo, lo baciò e, messo il suo sul ceppo, gli
fu parimente reciso dal carnefice; al quale un soldato, che
stava pronto, passò la gola con un pugnale, perchè non si
potesse vantare di aver spenti tali nobilissimi personaggi.
Corradino fu sepellito, col Duca d’Austria, presso il luogo
del supplizio, sotto un mucchio di pietre. Poi la regina
Margherita, sua madre, venuta di Germania con grandi te-
sori per riscattare il figlio dalle mani di Carlo, e trova-
tolo morto, ottenne di sepellirne gli avanzi, con quelli di
Federico, nella vicina chiesa del Carmine, che ingrandì ed
arricchì. Sembra però che questo fatto sia avvenuto molti
anni dopo, sotto il regno di Carlo II d’Angiò, come ha
dimostrato il Minieri Riccio (3). Fu detto pure che Carlo I
avesse fatto erigere su quel luogo una colonna di porfido
col noto distico:
Asturis ungue leo pullum rapiens aquilinum
Hic deplumavit accephalumque dedit.
Esso pare che sia stato inventato dal Collenuccio, che
fu il primo a parlarne. Lo stile dei versi è chiaramente

(1) Sul Giudizio e la condanna di Corradino è da vedere la mono-
grafia storica del eh. Del Giudice (Napoli, 1876).
(2) In questo racconto ho seguito quel che dice Giovanni Villani,
fiorentino, nella sua cronaca. Il fatto della morte del Protonotario è
smentito da altri scrittori degni di fede, nè se ne fa cenno da Saba
Malaspina e Bartolomeo da Neocastro, contemporanei. Roberto di
Bari fu della famiglia Chyurlia ed è seppellito nella Basilica di S. Ni-
cola, a Bari. Nei registri angioini dell’Archivio di Stato di Napoli si
trovano documenti in cui Roberto è menzionato dopo l’anno 1269
e che dimostrano l’insussistenza del racconto della sua uccisione.
(3) V. Minieri Riccio, Studii storici su Manfredi e Corradino.
 
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