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Napoli nobilissima — 5.1896

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Colonna di Stigliano, Fabio: Castel Sant'Elmo
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i54

NAPOLI NOBILISSIMA

Sant’Elmo, dove si recò in portantina, accompagnato da
alcuni gentiluomini. Però « l’andata non seguì senza gran-
dissima fatica, essendo il Castello situato alla cima d’una
montagna a cavaliere della Città, ed il Duca molto cor-
pulento; finché non potendo più reggere i seggettari, gli
convenne uscir di seggia, e ansando e trafelando salir quel-
l’erta (*). » Altra gente riparò quel giorno in Sant’Elmo:
il conte Sauli, tra gli altri, residente della repubblica di
Genova a Napoli, v’accompagnò due signore, che dal ca-
stellano D. Martino Galiano furono gentilmente accolte (2 3 4).

Con l’estendersi la ribellione cominciò il popolo a par-
lare di volere in sua mano Sant’Elmo: e non solo contro
gli Spagnuoli, ma anche contro la nobiltà ribellavasi, com-
mettendo stragi e uccisioni. Si tentava intanto un accordo:
ma la difficoltà più grande era quella della custodia di
Sant’Elmo, pretesa dai popolani fin che venisse la ratifica
regia: e fu fortuna che il viceré pensasse a dire che anche
volendo egli ceder la fortezza, non l’avrebbe ceduta il ca-
stellano per aver giurato di mai consegnarla senz’ordine
espresso del re C1). A questa ragione s’arrese Masaniello:
anzi per aver un plebeo dettogli: — non ti fidar,


Castel S. Elmo
da un Prospetto della città di Napoli, dedicato a sua Ecc.za Giorgiana
Vicecontessa Spencer da Ignazio Sclopis Conte del Borgo
(sec. XVIII).

Masaniello, perchè te la fanno, se prima non avrai
le chiavi di S. Ermo — egli, sdegnato, lo percosse
con un suo mazzo di chiavi, dicendogli: — tò
piglia, eccoti le chiavi di S. Ermo (2). — Quindi
il 13 luglio il viceré giurava in San Lorenzo i
capitoli dell’accordo, e Masaniello dichiarava d’es-
ser tornato all’obbedienza: ed emanava un bando
che nessuno ardisse metter fuori la pretesa di
Sant’Elmo, pena la vita (3).
Ma quella pace fu illusoria: Masaniello stesso,
commettendo stravaganze e pazzie, il 16 luglio
era ucciso; mentre il viceré, vedendo la solleva-
zione rinascer più viva, ordinava si facessero « ri-
pari e rastelli nelle porte e nelle mura del Castel-
nuovo, e negli altri dell’Ovo, e di S. Eramo (4):»
e nello stesso tempo li provvedeva di munizioni:
anzi il 20 luglio i popolari s’impadronivano di
tredici barili di polvere che s’inviavano in Sant’El-

Ma castel Sant’Elmo si trovò impreparato allo scoppiar
del tumulto (3): il presidio era debole, le munizioni scarse.
Il duca d’Arcos la notte del 7 luglio ne partiva, special-
mente per averlo trovato sprovvisto di viveri; tanto che
glie ne aveano forniti i monaci di San Martino: i quali
anzi durante le lunghe vicende della sollevazione furon
sempre — come attestano alcuni documenti (4) — larghi

mo (5). Così la quiete non si ristabiliva: e nono-
stante le trattative scoppiavano ogni giorno tumulti. Sul
finir del mese una turba di donne per poco non bruciò
il Monte di Pietà: e una turba di poveri saliva a San
Martino, armata di spiedi e bastoni, per protestare contro
quei monaci che distribuivano un’antica elemosina di vi-
veri sul convento anzi che scendere in città, com’era sta-

a quel presidio di soccorsi alimentari.

(1) De Santis, Istoria del tumulto di Napoli. Coll. Gravier, p. 42.
(2) Le due dame che, atterrite dall’imperversar del tumulto, cer-
carono ricovero in Sant’Elmo, erano la signora Cornelia Grimalda e
la signora Pellina Spinola. Cfr. Inedita relax, dei tumulti napol. del 1647,
pubbl. da L. Correrà in Arch. Star. Nap., XV, p. 359.
(3) Tanto Sant’Elmo quanto i castelli Nuovo e dell’Ovo « eran
sì mal guarniti di vettovaglie e di ogni altro arnese militare per la
lunga pace in che vissuto si era », che se invece che con Masaniello
fosse avuto a che farsi con più accorto nemico, in pochi giorni i ca-
stelli, privi di vettovaglie, avrebber dovuto rendersi. Cfr. Capecelatro,
Diario dei tumulti degli a. 1647-1650, pubbl. dal p.® di Belmonte, Na-
poli, 1850, I, 48.
(4) Mi riferisco ad alcune carte del nostro G. Archivio, indicatemi
dall’egr. cav. Faraglia, Monasteri soppressi, fascio 2144. Sono biglietti
del duca d’Arcos, diretti per la maggior parte al Priore del convento
di san Martino. In uno di questi, in data 20 luglio 1647, il duca

d’Arcos ringrazia il Priore dei viveri forniti a Sant’Elmo, pregandolo
anzi « de continuar està provicion » introducendo nel castello viveri
v.y particularmente ministrasi. Il duca d’Arcos in cambio cercava di
protegger quei religiosi contro ogni soperchieria dei soldati. Così in
data 9 ottobre 1647 scriveva a D. Martino Galiano per dirgli che i
soldati che da Sant’Elmo dovean necessariamente scendere a san
Martino per le razioni di viveri, per quanto si può « se abstengan de
embarazar el Priori. Così ancora, in data 20 novembre 1647, il vi-
ceré scrive al principe d’Ottaiano affinché egli curi che i suoi soldati
non disturbino i religiosi di san Martino, e ciò per contraccambiare i
servigi « muy relevantes que el reai mffnasterio de san Martin ha hecho
y està hacienda en materia de asistencias de viceres para este exercito y
castillo de S. Elmo ».
(1) Parrino, Teatro eroico, ediz. 1878, II, 143.
(2) De Santis, Op. cit., p. 84.
(3) De Santis, Op. cit., p. 95.
(4) Capecelatro, Op. cit., I, 98.
(5) Capecelatro, Op. cit., I, 116.
 
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