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Napoli nobilissima — 5.1896

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Colonna di Stigliano, Fabio: Castel Sant'Elmo
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NAPOLI NOBILISSIMA

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castelli, ponendo castellano in quel di Sant’Elmo Nicola
Caracciolo di Roccaromana, e dette ad essi facoltà di eleg-
gersi sei o più ufficiali in qualità di subalterni, di scegliere
a presidio delle fortezze gli uomini che loro più sembras-
sero idonei, tutto ciò d’accordo coi due generali supre-
mi (0. Sperava così il popolo d’aver facilmente ragione
dei repubblicani e dei giacobini, e d’esser più sicuro con-
tro un’invasione francese, tenendo in sua mano i castelli
in nome del re fuggitivo.
Ma i repubblicani di Napoli con grande prudenza, poi-
ché le loro vite erano minacciate, trovavano pur modo di
riunirsi a deliberare e di mandare messi e notizie al ge-
nerai Championnet, ch’era oramai vicinissimo, sullo stato
d’anarchia in cui la città era caduta. Anzi, sollecitando il
suo arrivo, gli promettevano aiuto col farsi trovare pa-
droni d’uno dei castelli. Si pensò prima a Castelnuovo;
poi si decise di tentare il colpo su Sant’Elmo.
Castel Sant’Elmo era allora guardato da « centotrenta
lazzari dei più feroci, guidati da Luigi Brandi, lazzaro an-
cor esso e ferocissimo » (1 2 3 4 5) ; e certo non era facile im-
presa tórre costoro di mezzo. Non si poteva ricorrere alla
forza, perchè il popolaccio ch’era in città avrebbe aiutati
i lazzari ch’eran nel castello; e i giacobini, ch’eran pochi,
presi tra gli uni e gli altri, sarebbero stati tutti trucidati:
bisognava quindi ricorrere all’astuzia.
E così fu fatto: il modo è narrato in una Memoria de-
gli avvenimenti popolari seguiti in Napoli in gennaio 1799,
stampata il IV giorno della repubblica napoletana, l’anno VII
della Libertà (3).
Coloro che primi s’incaricaron dell’impresa di Sant’El-
mo, che fu decisa in casa Roccaromana, furono il capi-
tano d’artiglieria Gaetano Simeoni, i tenenti Antonio Gi-
rardi e Nicola Verdinoi, pure artiglieri, e Guglielmo Gra-
nalis. Eran però d’accordo con essi i due generali supremi
Moliterno e Roccaromana, lo stesso castellano di Sant’El-
mo, e tutti gli altri patriotti. Fu stabilito che due mani-
poli di repubblicani, l’uno di diciannove persone, l’altro
più numeroso si trovassero la notte del 18 gennaio su alla
Madonna dei sette dolori, per muovere poi insieme, col
favor delle tenebre, a prendere il castello di sorpresa. Ma
sbagliata l’ora, le due schiere non s’incontrarono, e la più
esigua tentò da sola il colpo. Giunse fino a Sant’Elmo
senza accidenti; ma sotto le mura del forte, richiesti della
parola d’ordine, sbagliarono con risponder Napoli invece

(1) Arrighi, Saggio storico sulle rivoluzioni di Napoli, Nap., 1809,
III, 199, nota 1.
(2) Colletta, Storia, Capolago, 1834, I, 318.
(3) Questa memoria è ristampata nel libro del Sacchinelli, Me-
morie storiche sulla vita del card. Fabrizio Ruffo, in Nap., 1836, p. 60
e segg.; e nel volume di appendice dell’opera del Dumas, I Borboni
di Napoli, Napoli, 1863-4.

che Partenope, e furono accolti a fucilate (0. Vennero an-
che invano sparati dal castello tre colpi di cannone, che
dai napoletani furono uditi con molta sorpresa (2).
Ma la mattina del 19, mentre per Napoli si spargeva
la voce del notturno assalto dei patriotti a Sant’Elmo,
quegli stessi che la notte innanzi avean fallita la prova la
ritentavano con più felice successo. Essi entravano in
Sant’Elmo col castellano Nicola Caracciolo, dando inten-
dere di venire a prestar man forte nell’imminente com-
battimento contro i Francesi, e d’esser venuti inermi « per-
chè, certi di trovar armi nelle armerie del forte, avevan
date le proprie a coloro del popolo che ne mancavano. Il
bel dire piacque agli ascoltatori; e ’l numero piccolo e di-
sarmato non movendo sospetti, fu il drappello accolto con
suoni militari e provveduto d’armi trionfalmente » (3).
Entrati i primi patriotti in Sant’Elmo, il castellano Ca-
racciolo nominò comandante delle artiglierie il capitano
Simeoni, che prese subito conto delle munizioni del forte,
non trovando che sei cantaia e cinquanta rotoli di pol-
vere, ma gran numero di granate. Il capo dei lazzari,
Brandi, ingelosito forse dal veder abbassata la sua auto-
rità, cominciò a mormorare contro l’arrivo di quei Don
Riccardi, cioè di quei zerbinotti (4). Allora, col pretesto del
tentativo notturno dei giacobini (5), numerose pattuglie di
popolani, circa ottanta persone, furono mandate fuor del ca-
stello a far servizio di ronda, e il Brandi stesso uscì a co-
mandarle. Nella fortezza intanto altri patriotti eran giunti
alla spicciolata, crescendo così il loro numero a quaranta-
sei (6 7). Col pretesto di raddoppiare le sentinelle, a fianco
d’ogni popolano fu posto un patriotta (7): con l’altro pre-
testo d’impiegarli come artiglieri venivan disarmati ven-
totto soldati di linea, ch’eran nel castello (8 9): e così non
appena i repubblicani si sentitoli sicuri d’avere in lor mano
la fortezza, mandarono a chiamar fuori, con la scusa di
dovergli dare degli ordini, il solo Brandi; e fattolo entrare
nel castello, chiusero in fretta la porta e lo menaron ben-
dato in segreta. I lazzari rimasti nel forte, assaliti di sor-
presa, furono presto cacciati, « e da quel punto il castello
fu conquistato della parte francese senza che stilla di san-
gue si spargesse » (9).
Così l’impresa di Sant’Elmo era condotta a termine, e
v’aveano avuta parte principalissima Nicola Caracciolo di

(1) Memoria degli avven. popol.
(2) Marinelli, Diario ms. cit., I, f. 376.
(3) Colletta, Storia, I, 318.
(4) Memoria cit.
(5) Colletta, Storia, I, 318.
(6) Memoria cit.
(7) Colletta, luogo cit.
(8) Memoria cit.
(9) Colletta, Storia, I, 319.
 
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