CAPITOLO XXI.
127
avevo cosa nessuna al mondo atta da far simil cose. E
trovandomi in un luogo ristretto, dove mi convenne pen-
sare servirsi dello ingegno, facendo della necessità virtù,
così ismattonai una stanza, e con quei mattoni io andai
tessendo un fornello a foggia di una mèta, lasciando in-
fra 1' un mattone e 1' altro in nell' attestarli larghi dua
dita i conventi, e così lo andai ristringendo. Quando io
fui un palmo sollevato da terra , io lo avevo congegnato
drento di modo che io vi accommodai su una graticoletta
di manichi di palette, e di certi stidioni eh' io roppi. E
fatto questo, alzai il mio fornello tuttavia ristringendolo
più di un palmo e un quarto, di poi presi una ramaiuola
di ferro, che a caso vi era per servizi della cucina. Questa
era assai grande, et in essa feci un loto di cenere e terra
mescolata, di poi vi messi drento quell' oro che vi po-
teva andare, e gli cominciai a dare il fuoco grande a un
tratto, per non essere sottoposto al pericolo dello spez-
zarsi il coreggiuolo. Di poi che fu fenduto la prima quan-
tità, io rimbottai tante volte, che io vi messi cento libbre
d' oro, e con grandissima facilità si fonderno. E questo
è un modo il migliore et il più facile che si possa usare.
E se bene e' pare che il dovere promettessi che io lo do-
vessi mostrare in questo mio volume disegnato, cono-
sciuto che chi arà qualche cognizione dell' arte, per virtù
di queste mie parole io credo che tal cosa quel tale in-
tenderà benissimo, come se io disegnata gne ne mo-
strassi. E questo basti quanto ai fornelli.
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avevo cosa nessuna al mondo atta da far simil cose. E
trovandomi in un luogo ristretto, dove mi convenne pen-
sare servirsi dello ingegno, facendo della necessità virtù,
così ismattonai una stanza, e con quei mattoni io andai
tessendo un fornello a foggia di una mèta, lasciando in-
fra 1' un mattone e 1' altro in nell' attestarli larghi dua
dita i conventi, e così lo andai ristringendo. Quando io
fui un palmo sollevato da terra , io lo avevo congegnato
drento di modo che io vi accommodai su una graticoletta
di manichi di palette, e di certi stidioni eh' io roppi. E
fatto questo, alzai il mio fornello tuttavia ristringendolo
più di un palmo e un quarto, di poi presi una ramaiuola
di ferro, che a caso vi era per servizi della cucina. Questa
era assai grande, et in essa feci un loto di cenere e terra
mescolata, di poi vi messi drento quell' oro che vi po-
teva andare, e gli cominciai a dare il fuoco grande a un
tratto, per non essere sottoposto al pericolo dello spez-
zarsi il coreggiuolo. Di poi che fu fenduto la prima quan-
tità, io rimbottai tante volte, che io vi messi cento libbre
d' oro, e con grandissima facilità si fonderno. E questo
è un modo il migliore et il più facile che si possa usare.
E se bene e' pare che il dovere promettessi che io lo do-
vessi mostrare in questo mio volume disegnato, cono-
sciuto che chi arà qualche cognizione dell' arte, per virtù
di queste mie parole io credo che tal cosa quel tale in-
tenderà benissimo, come se io disegnata gne ne mo-
strassi. E questo basti quanto ai fornelli.