CAPITOLO XXV.
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far loro stessi, questo si è perchè lo argento vivo è un
veleno smisurato, il qual guasta gli uomini talmente, che
pochi anni servono a questa professione et ad altro.
XXVI.
MODO DI DORARE.
Volendo dorare, si piglia 1' oro del più purgato e
netto, il quale vorria essere puro di ventiquattro carati;
et avendolo di questa finezza, si batte col martello in su
una ancudine e martelli che sicno netti, e si debbe con-
durre di tanta sottigliezza quanto sia un foglio di carta
da scrivere. Di poi si piglia un paio di forbice che taglino
bene; e tutto 1' oro che tu vuoi macinare, tritalo in pic-
coli pezzuoli. E fatto questo, piglierai un coreggiuolo
nuovo, dove gli orefici fondono lo argento e 1' oro: questo
non vuole essere stato mai adoperato a nulla; et in questo
coreggiuolo metterai tanto argento vivo, netto da ogni
impulizia, quanto comporti 1' oro che tu vuoi macinare;
la qual proporzione si usa dare un' oncia per peso di
scudo, cioè l' ottava parte di oro in su otto parte di ar-
gento vivo, più presto sia scarso che altrimenti, cioè lo
argento vivo. Et avvertisci, che e' si mescola insieme il
detto argento vivo et il detto oro in uno scodellino o di
terra o di legno netto; e quel coreggiuolo che io ti dissi,
si mette nel fuoco senza vento di mantaco, coperto di car-
boni accesi e consumati. E da poi che gli è fatto rosso, vi
si versa drento quello argento vivo, e quell' oro mesco-
lato insieme; e tenendolo nel fuoco, con un paio di mol-
lette avendo preso un carboncino acceso lunghetto, ca-
pace a poter mescolare detto argento vivo et oro insieme,
e con V occhio e con la discrezione della mana sentirai e
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far loro stessi, questo si è perchè lo argento vivo è un
veleno smisurato, il qual guasta gli uomini talmente, che
pochi anni servono a questa professione et ad altro.
XXVI.
MODO DI DORARE.
Volendo dorare, si piglia 1' oro del più purgato e
netto, il quale vorria essere puro di ventiquattro carati;
et avendolo di questa finezza, si batte col martello in su
una ancudine e martelli che sicno netti, e si debbe con-
durre di tanta sottigliezza quanto sia un foglio di carta
da scrivere. Di poi si piglia un paio di forbice che taglino
bene; e tutto 1' oro che tu vuoi macinare, tritalo in pic-
coli pezzuoli. E fatto questo, piglierai un coreggiuolo
nuovo, dove gli orefici fondono lo argento e 1' oro: questo
non vuole essere stato mai adoperato a nulla; et in questo
coreggiuolo metterai tanto argento vivo, netto da ogni
impulizia, quanto comporti 1' oro che tu vuoi macinare;
la qual proporzione si usa dare un' oncia per peso di
scudo, cioè l' ottava parte di oro in su otto parte di ar-
gento vivo, più presto sia scarso che altrimenti, cioè lo
argento vivo. Et avvertisci, che e' si mescola insieme il
detto argento vivo et il detto oro in uno scodellino o di
terra o di legno netto; e quel coreggiuolo che io ti dissi,
si mette nel fuoco senza vento di mantaco, coperto di car-
boni accesi e consumati. E da poi che gli è fatto rosso, vi
si versa drento quello argento vivo, e quell' oro mesco-
lato insieme; e tenendolo nel fuoco, con un paio di mol-
lette avendo preso un carboncino acceso lunghetto, ca-
pace a poter mescolare detto argento vivo et oro insieme,
e con V occhio e con la discrezione della mana sentirai e