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DELL' OREFICERIA.
vedrai che il tuo oro sarà disfatto, et unito con Io argento
vivo. A questo bisogna aver grandissima discrezione aiu-
tarlo macinare col dimenarlo presto; perchè chi lo te-
nessi troppo, verrebbe troppo sodo 1' oro, cioè questa
detta pasta di detto mescuglio; e chi ve lo tiene poco,
verrebbe troppo tenero, e non sarebbe ben macinato:
qui bisogna averci una gran discrezione, la quale si fa
con la pratica. Di poi che 1' hai sentito e veduto ben ma-
cinato, ben mescolato e ben disfatto 1' oro, essendo la
pasta in quel ragionevol modo che noi aviam detto, questo
si piglia così caldo, e si vuota in una piccola catinella, o
vasetto, secondo la quantità dell' oro che tu hai macinato;
il qual vasetto sia pieno di acqua fresca, così in nel vuo-
tarlo si sente stridere. Di poi si piglia un' altra acqua
nettissima, e dua P tre volte si lava tanto che la tua
acqua resti chiara e bella. E fatto questa diligenzia, con
esso ti metti a dorare in questo modo.
Fa' che la tua opera, dove tu vuoi dorare, sia be-
nissimo pulita e grattapugiata, che così si dice nell' arte:
le qual grattapuge si fanno di fila di ottone, il quale è
grosso quanto un fil di refe da cucire, e fassi un volume
grosso quanto un dito di uno uomo, e più e manco se-
condo 1' opera che tu vuoi grattapugiare ; e questo si
lega medesimamente con filo di ottone, o di rame, assai
più grosso. E con tutto che di queste grattapuge gli mer-
eiai ne vendano, loro le fanno tutte di una medesima
grandezza; di sorte che il valent' uomo che vuol far bene
le sue opere, si è necessitato, per l'opere grandi e d'im-
portanzia, ad acconciare le dette grattapuge da per sè,
secondo il bisogno che se gli porge innanzi. Or tornando
all'opera dove tu vuoi dorare, avendo ben grattapugiato,
mettivi 1' oro tuo macinato con uno avvivatolo; che così
si domanda una verghettina di rame, la qual si mette in
un manico di legno, e si fa della grossezza e lunghezza
DELL' OREFICERIA.
vedrai che il tuo oro sarà disfatto, et unito con Io argento
vivo. A questo bisogna aver grandissima discrezione aiu-
tarlo macinare col dimenarlo presto; perchè chi lo te-
nessi troppo, verrebbe troppo sodo 1' oro, cioè questa
detta pasta di detto mescuglio; e chi ve lo tiene poco,
verrebbe troppo tenero, e non sarebbe ben macinato:
qui bisogna averci una gran discrezione, la quale si fa
con la pratica. Di poi che 1' hai sentito e veduto ben ma-
cinato, ben mescolato e ben disfatto 1' oro, essendo la
pasta in quel ragionevol modo che noi aviam detto, questo
si piglia così caldo, e si vuota in una piccola catinella, o
vasetto, secondo la quantità dell' oro che tu hai macinato;
il qual vasetto sia pieno di acqua fresca, così in nel vuo-
tarlo si sente stridere. Di poi si piglia un' altra acqua
nettissima, e dua P tre volte si lava tanto che la tua
acqua resti chiara e bella. E fatto questa diligenzia, con
esso ti metti a dorare in questo modo.
Fa' che la tua opera, dove tu vuoi dorare, sia be-
nissimo pulita e grattapugiata, che così si dice nell' arte:
le qual grattapuge si fanno di fila di ottone, il quale è
grosso quanto un fil di refe da cucire, e fassi un volume
grosso quanto un dito di uno uomo, e più e manco se-
condo 1' opera che tu vuoi grattapugiare ; e questo si
lega medesimamente con filo di ottone, o di rame, assai
più grosso. E con tutto che di queste grattapuge gli mer-
eiai ne vendano, loro le fanno tutte di una medesima
grandezza; di sorte che il valent' uomo che vuol far bene
le sue opere, si è necessitato, per l'opere grandi e d'im-
portanzia, ad acconciare le dette grattapuge da per sè,
secondo il bisogno che se gli porge innanzi. Or tornando
all'opera dove tu vuoi dorare, avendo ben grattapugiato,
mettivi 1' oro tuo macinato con uno avvivatolo; che così
si domanda una verghettina di rame, la qual si mette in
un manico di legno, e si fa della grossezza e lunghezza