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DELL' OREFICERIA.
VI.
COME SI DEBBE ACCONCIARE LO SMERALDO ET IL ZAFFIRO.
Venendo ora a ragionare dello smeraldo e del zaffiro,
ei si debbe con la loro sorte di foglie usare le medesime
diligenzie che si sono usate al rubino. E perchè io credo
che fussi prima la pratica che la teorica di tutte le scien-
zie, e che alla pratica se le ponesse di poi regola, a tale
che la si venissi a fare con quella virtuosa ragione che si
vede usare dagli uomini periti nelle belle scienzie, però
io non voglio passare che io non dica un caso che mi av-
venne legando un rubino di circa a tremila scudi di va-
luta. Questo detto rubino era stato legato parecchi volte
dai migliori gioiellieri che in quel tempo ci fussi notizia,
e capitando alle mia mane, quando io mi fui intorno a
esso affaticato con tutte le sopradette diligenzie, e veduto
che io non mi sodisfacevo in modo nessuno, io mi rin-
chiusi dove io non fussi veduto; non perchè io mi curassi
d' un cotal segreto, ma solo perchè io mi vergognavo di
essere veduto a fare una così bassa esperienzia intorno a
una così valorosa e mirabil gioia. Io presi una piccola
matassina di seta tinta in chermisi di grana, e con un
paio di forbicine sottilmente la tagliai, et in prima avevo
messo nel mio castone un poco di cera nera ben distesa;
di poi presi la detta seta minuzzata, e con un culo di ce-
sellino io calcai la detta seta, et assai bene la feci unita;
di poi messovi drento il mio rubino, e' fece tanto bene,
e guadagnò tanto di virtù da quel che gli era stato ve-
duto in prima, che quelli uomini gioiellieri, che di poi
lo viddono, sospettorno che io l'avessi tinto, la qual cosa
è proibita nell' arte del gioiellare; solo al diamante si
concede la tinta, qual di lui ragioneremo al suo luogo.
Ma tornando al rubino, ricercandomi alcuni gioiellieri
DELL' OREFICERIA.
VI.
COME SI DEBBE ACCONCIARE LO SMERALDO ET IL ZAFFIRO.
Venendo ora a ragionare dello smeraldo e del zaffiro,
ei si debbe con la loro sorte di foglie usare le medesime
diligenzie che si sono usate al rubino. E perchè io credo
che fussi prima la pratica che la teorica di tutte le scien-
zie, e che alla pratica se le ponesse di poi regola, a tale
che la si venissi a fare con quella virtuosa ragione che si
vede usare dagli uomini periti nelle belle scienzie, però
io non voglio passare che io non dica un caso che mi av-
venne legando un rubino di circa a tremila scudi di va-
luta. Questo detto rubino era stato legato parecchi volte
dai migliori gioiellieri che in quel tempo ci fussi notizia,
e capitando alle mia mane, quando io mi fui intorno a
esso affaticato con tutte le sopradette diligenzie, e veduto
che io non mi sodisfacevo in modo nessuno, io mi rin-
chiusi dove io non fussi veduto; non perchè io mi curassi
d' un cotal segreto, ma solo perchè io mi vergognavo di
essere veduto a fare una così bassa esperienzia intorno a
una così valorosa e mirabil gioia. Io presi una piccola
matassina di seta tinta in chermisi di grana, e con un
paio di forbicine sottilmente la tagliai, et in prima avevo
messo nel mio castone un poco di cera nera ben distesa;
di poi presi la detta seta minuzzata, e con un culo di ce-
sellino io calcai la detta seta, et assai bene la feci unita;
di poi messovi drento il mio rubino, e' fece tanto bene,
e guadagnò tanto di virtù da quel che gli era stato ve-
duto in prima, che quelli uomini gioiellieri, che di poi
lo viddono, sospettorno che io l'avessi tinto, la qual cosa
è proibita nell' arte del gioiellare; solo al diamante si
concede la tinta, qual di lui ragioneremo al suo luogo.
Ma tornando al rubino, ricercandomi alcuni gioiellieri