CAPITOLO XXII.
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giovava lo imparare qualche cosa da loro; vedendomi
questi lavoranti radere quelle mie piastre con tanta vir-
tuosa diligenzia, certamente e' parve loro cosa mirabile
e molto sicura: niente di manco un valente giovane, di
chi io facevo assai conto, con molta modestia mi disse
che in Parigi e' non si usava di radere le piastre in quel
modo che noi facevamo; e con tutto che gli paressi modo
mirabile, gli incresceva che potendo fare senza quel ra-
dere, e'si avanzerebbe quel tempo. A questo io gli risposi,
che molto mi giovava il rispiarmare quel tempo: e così
gli detti a fare un paio di vasi, che pesavano venti libbre
r uno, con e mia modelli; et alla presenzia delli occhi
mia continui, questo giovane da bene fondè il suo ar-
gento in nel modo che si è detto di sopra, gittandolo
nelle sue piastre di ferro. Di poi levatogli alcune bavucce,
si messe a batterlo senza raderlo o altro, e cominciò a
dargli la forma rotonda, la qual diremo al suo luogo
un poco più sotto. Sì come io dico, egli tirò e dua vasi
benissimo senza radere e senza altro, con bellissima di-
ligenzia et una virtuosa pratica, la qual pratica si faceva
in Parigi, perchè in quella città si lavora più che in dieci
altre città del mondo, e dove si fa assai faccende. Quella
pratica assicura tanto quelli che lavorano, che di essa
pratica nasce cose maravigliose, come io veddi, le quali
io non arei mai credute. E se bene noi demmo il vanto
alla proprietà dello argento, perchè in quella città si la-
vora più fine argento che in altra parte del mondo; a
questo mi rispose il mio lavorante, che d' ogni bassa
lega di argento gli bastava la vista di fare il medesimo.
E così ne facemmo la pruova, e trovammo essere vero:
tale che noi concludiamo, che senza perder quel tempo
e' si può tirare lo argento, e farne che opera 1' uomo
vuole; non mancando però di certe diligenzie di levare
alcune sfogliette volta per volta, secondo che le si dimo-
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giovava lo imparare qualche cosa da loro; vedendomi
questi lavoranti radere quelle mie piastre con tanta vir-
tuosa diligenzia, certamente e' parve loro cosa mirabile
e molto sicura: niente di manco un valente giovane, di
chi io facevo assai conto, con molta modestia mi disse
che in Parigi e' non si usava di radere le piastre in quel
modo che noi facevamo; e con tutto che gli paressi modo
mirabile, gli incresceva che potendo fare senza quel ra-
dere, e'si avanzerebbe quel tempo. A questo io gli risposi,
che molto mi giovava il rispiarmare quel tempo: e così
gli detti a fare un paio di vasi, che pesavano venti libbre
r uno, con e mia modelli; et alla presenzia delli occhi
mia continui, questo giovane da bene fondè il suo ar-
gento in nel modo che si è detto di sopra, gittandolo
nelle sue piastre di ferro. Di poi levatogli alcune bavucce,
si messe a batterlo senza raderlo o altro, e cominciò a
dargli la forma rotonda, la qual diremo al suo luogo
un poco più sotto. Sì come io dico, egli tirò e dua vasi
benissimo senza radere e senza altro, con bellissima di-
ligenzia et una virtuosa pratica, la qual pratica si faceva
in Parigi, perchè in quella città si lavora più che in dieci
altre città del mondo, e dove si fa assai faccende. Quella
pratica assicura tanto quelli che lavorano, che di essa
pratica nasce cose maravigliose, come io veddi, le quali
io non arei mai credute. E se bene noi demmo il vanto
alla proprietà dello argento, perchè in quella città si la-
vora più fine argento che in altra parte del mondo; a
questo mi rispose il mio lavorante, che d' ogni bassa
lega di argento gli bastava la vista di fare il medesimo.
E così ne facemmo la pruova, e trovammo essere vero:
tale che noi concludiamo, che senza perder quel tempo
e' si può tirare lo argento, e farne che opera 1' uomo
vuole; non mancando però di certe diligenzie di levare
alcune sfogliette volta per volta, secondo che le si dimo-
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