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Cellini, Benvenuto; Milanesi, Carlo; Milanesi, Carlo [Hrsg.]
I trattati dell'oreficeria e della scultura: novamente messi alle stampe secondo la originale dettatura del Codice Marciano — Firenze: Felice le Monnier, 1857

DOI Seite / Zitierlink:
https://doi.org/10.11588/diglit.71583#0222

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(152 DELL'OREFICERIA.

cera qui di sotto sarà il modo di farla. Di poi che vi hai
disteso su la cera, lascia freddare la tua opera; da poi
farai di avere del fuoco commodamente, e metti la tua
opera in su il fuoco tanto che arda la cera, et abbi cura
che la tua opera non doventi rossa, solo che la cera si
arda appunto. Di poi così calda la detta opera spegnila
in gromma di botte et acqua, che fra gli orefici si chiama
grommata; e quando tu 1' arai spenta, lasciala stare del
dire un' ave maria. Di poi la spanna con una setola nel-
l' acqua fresca, appresso la ristiara di buon vantaggio: e
se il tuo lavoro è ben dorato, gli darai questo colore,
quale qui di sotto s' insegnerà fare. Ma perchè primiera-
mente si ha da dare la cera, come dinanzi si è detto,
però par conveniente che prima insegnamo il modo di
far la detta cera; quale si fa in questo modo.
XXX.
MODO DI FARE LA CERA PER IL DORATO.
Piglia cera nuova once cinque, amatita rossa, cioè
lapis rosso da disegnare, una mezza oncia; vetrivuolo ro-
mano una mezza oncia; ferretto di Spagna denari tre,
cioè il peso d' un ducato, che è 1' ottava parte di un' on-
cia, più tosto vuole essere scarso; verderame una mezza
oncia; borrace denari tre. Tutte le dette cose metterai
insieme, struggendole con la detta cera, e diensi nel modo
sopra detto ; et appresso se gli dà quest' altro colore di poi
che sia netto dalla cera, il quale è questo:
 
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