CAPITOLO VI.
197
1' avevo destinata per un mio sepulcro, e meco medesimo
mi scusavo che se 1' opera non mi fussi riuscita in quel
bel modo ch' era il mio desiderio, almanco arei mostro
la mia buona volontà. E potette tanto la gran volontà che
io avevo di far tal opera, insieme con i grandi studi, che
questi soprafecero le dificultà grandissime che erano in
tale opera; di modo ch' io satisfeci di sorte al mondo,
ch' io mi contento di non allegare altra opera, se bene
ne ho fatto qualcun' altra che questa, quanto al marmo.1
Volendo condur bene una figura di marmo, 1' arte
promette che un buon maestro debba fare un modello
piccolo di dua palmi il manco, et in quello risolva l'atti-
tudine con la bella invenzione, o vestita o ignuda che
1' abbi da essere. Da poi si debbe farla grande a punto
quanto la possa uscire del marmo; e quanto uno desideri
di farla meglio, si debbe finire il modello grande meglio
del piccolo ; ma se un fussi cacciato dal tempo o dalla
volontà d' un suo patrone, che desiderassi avere tale
opera presto, e' basterà che il modello grande sia con-
dotto di una bella bozza, perchè questo porta poco tempo
il far tal bozza, e risparmia un gran tempo al lavorare
il marmo; che se bene molti valent' uomini resoluti cor-
rono al marmo con fierezza di ferri, prevalendosi del mo-
dellino piccolo con buon disegno, alla fine ei non si tro-
vano poi satisfatti di gran pezzo, sì come quando gli
hanno fatto il modello grande. E questo si è visto per il
nostro Donatello, che fu grandissimo, e poi per il mara-
viglioso Michelagnolo Buonarroti, il quale ha fatto di
tutti a dua e modi; ma conosciuto non si essere satisfatto
4 Parla il Cellini di questo Crocifisso nella sua Vita, a pag. 475,476,494.
Lo comperò il granduca Francesco I de'Medici, e nel 1576 ne fece un pre-
sente a Filippo II di Spagna, il quale lo pose nel coro della chiesa del R. Mo-
nastero di San Lorenzo dell' Escuriale, dove tuttavia si conserva. A piè della
croce Vaitefice scrisse: BENVENUTUSCELLINUS CIVIS FLORENT. FACIEBAT.MDLXII.
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1' avevo destinata per un mio sepulcro, e meco medesimo
mi scusavo che se 1' opera non mi fussi riuscita in quel
bel modo ch' era il mio desiderio, almanco arei mostro
la mia buona volontà. E potette tanto la gran volontà che
io avevo di far tal opera, insieme con i grandi studi, che
questi soprafecero le dificultà grandissime che erano in
tale opera; di modo ch' io satisfeci di sorte al mondo,
ch' io mi contento di non allegare altra opera, se bene
ne ho fatto qualcun' altra che questa, quanto al marmo.1
Volendo condur bene una figura di marmo, 1' arte
promette che un buon maestro debba fare un modello
piccolo di dua palmi il manco, et in quello risolva l'atti-
tudine con la bella invenzione, o vestita o ignuda che
1' abbi da essere. Da poi si debbe farla grande a punto
quanto la possa uscire del marmo; e quanto uno desideri
di farla meglio, si debbe finire il modello grande meglio
del piccolo ; ma se un fussi cacciato dal tempo o dalla
volontà d' un suo patrone, che desiderassi avere tale
opera presto, e' basterà che il modello grande sia con-
dotto di una bella bozza, perchè questo porta poco tempo
il far tal bozza, e risparmia un gran tempo al lavorare
il marmo; che se bene molti valent' uomini resoluti cor-
rono al marmo con fierezza di ferri, prevalendosi del mo-
dellino piccolo con buon disegno, alla fine ei non si tro-
vano poi satisfatti di gran pezzo, sì come quando gli
hanno fatto il modello grande. E questo si è visto per il
nostro Donatello, che fu grandissimo, e poi per il mara-
viglioso Michelagnolo Buonarroti, il quale ha fatto di
tutti a dua e modi; ma conosciuto non si essere satisfatto
4 Parla il Cellini di questo Crocifisso nella sua Vita, a pag. 475,476,494.
Lo comperò il granduca Francesco I de'Medici, e nel 1576 ne fece un pre-
sente a Filippo II di Spagna, il quale lo pose nel coro della chiesa del R. Mo-
nastero di San Lorenzo dell' Escuriale, dove tuttavia si conserva. A piè della
croce Vaitefice scrisse: BENVENUTUSCELLINUS CIVIS FLORENT. FACIEBAT.MDLXII.