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Napoli nobilissima — 5.1896

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Ceci, Giuseppe: La chiesa e la festa di piedigrotta
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Montemayor, Giulio de: La Piazza della Sellaria
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https://doi.org/10.11588/diglit.69898#0132

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n6

NAPOLI NOBILISSIMA

mente lo stucco, dorati i capitelli e le cornici, e ridi-
pinta tutta la volta da Gaetano Gigante. Vi rappresentò
questi i misteri della vita della Vergine, gli Evangelisti
ed altri santi: il tutto su di un fondo rosso molto an-
tipatico. Fu anche allora ristaurata la facciata, rifatta poi
di nuovo nel modo come si vede da Ferdinando II, nel
1853, alla cui munificenza si deve anche il pavimento di
marmo.
Non ostante tanti rifacimenti la chiesa di S. Maria di
Piedigrotta merita una visita dai cultori dell’arte per le
buone pitture che vi si ammirano. Citiamo prima di tutto
la tavola della seconda cappella a destra, della quale fa
menzione il Frizzoni. « È composta di diversi elementi
« e rappresenta nel mezzo una Pietà che appartiene
« all’indirizzo napoletano fiammingo. Vi sono aggiunte
« ai due lati due altre tavole, l’una colla madonna ritta
« ed il divin putto al collo, l’altra con un S. Antonio
« Abate di altra origine evidentemente e da ritenersi
« fattura di un mediocre pittore napoletano sotto l’in-
« fluenza della scuola senese della fine del quattrocento ».
Anche importanti sono i due quadri della crociera:
quello sull’altare a destra è attribuito al Santafede e rap-
presenta l’apparizione di Gesù Cristo alla Vergine nel
cenacolo; quello dell’altare a sinistra è attribuito al fiam-
mingo Cosbergher e rappresenta la crocefissione. A Marco
Pino da Siena è attribuita l’Adorazione dei Magi nella
cappella accanto all’altare maggiore, ed è certamente di
scuola senese, come può anche attribuirsi alla scuola fiam-
minga la Risurrezione di Lazzaro che è nella prima cap-
pella a sinistra.
La volta di questa cappella conserva tuttora i freschi
di Baldassarre Corenzio, dal quale, si dice, fu decorata
tutta la chiesa. Questi pochi avanzi sono veramente
molto pregevoli e meriterebbero una conservazione più
accurata.
Un buon quadro del Mancinelli è nella cappella di
S. Agostino accanto all’altar maggiore dal lato dell’epistola.
Questa cappella è di patronato della famiglia Filangieri
dei Principi di Satriano, e ivi è un monumento sepolcrale
scolpita da Nicola Renda nel quale sono le statue di Gae-
tano e di Carlo Filangieri e i ritratti a mezzo busto di
Carolina Fremdel e di Roberto Filangieri.
Anche nella sagrestia vi sono buoni quadri di scuola
napoletana del seicento, e sarebbe pure da vedere l’antico
coro cogli stalli intarsiati, se non fosse ridotto a magazzino
di deposito.
Giuseppe Ceci.

LA PIAZZA DELLA SELLARIA

Una giostra a Napoli

ai tempi d’Alfonso d’Aragona.
(continuaz. e fine — vedi fase. VII)


Stemma dei d’Alagno
(Dalla casa di Lucrezia presso
la Sellaria).

Nove mesi non erano an-
cor trascorsi dal ritorno di
Lucrezia d’Alagno a Napoli,
e già la povera donna inco-
minciava a sentir l’amarezza
dell’illegittima sua posizione.
Ammalatosi Alfonso, una vol-
ta sola ella andò a visitarlo:
per lei non v’era posto al
capezzale del Re infermo. A-
spettando che la malattia si
decidesse, si ridusse ad abi-
tare poco lungi da Castelnuo-

vo verso la grotta presso Castel dell’Ovo; ma quando
vide perduta ogni speranza, se ne « andò ad una sua torre
chiamata la torre de l’Annunciata »; e che tristezza è in
questo suo silenzioso allontanarsi!
Il 27 giugno, dopo aver domandato « tutti i sacramenti
e comunicato quasi ogni dì », il Re morì, raccomandan-
dosi a Dio e alla Madonna, e vilipendendo « ad ogni mi-
nimo sospiro » questo secolo. Il giorno avanti avea fatto
il suo solenne testamento, e innanzi alla morte e al giu-
dizio dei posteri, non avea osato neppur nominarvi la
donna che tanto avea amata.

Morto Alfonso, Lucrezia venne per mare a Castelnuovo
a prestare omaggio al nuovo Re, « dal quale fo bene ve-
duta et confininoli quanti privilegi et gratie dal signore
Re suo padre, et confortola et gli s’offerse ». Ritornata
poi alla Torre, si vestì « ad modo viduale », nè più uscì
da quel luogo.

« La vita sua — scriveva il Da Trezzo — ha deliberato intrare in
uno monasterio de observantia de Sancto Francesco, chiamato San
Francesco de la limosina, presso Santa Clara in Napoli; poi intende
far fare un monasterio et meterseli dentro cum alcune altre mona-
che et lì finire sua vita, se a Dio piacerà de confermarla nel propo-
sito che al presente se trova. Per altro de lei poco se parla, et man-
cato el Re gli è mancato ogni favore che! haveva » (1).
Che Ferrante avesse delle ragioni per amare poco Lu-
crezia, è naturale; ma il suo odio pare fosse tenuto desto

(1) V. Nunziante, I primi anni di Ferdinando d’Aragona e l’inva-
sione di Giov. d’Angiò, in A. S. N., a. XX, fase. Ili, Documenti. V.
Da Trezzo al Duca, Bibl. Naz. di Parigi, fond. ita!., MS., 1588, fol. 106.
 
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