Universitätsbibliothek HeidelbergUniversitätsbibliothek Heidelberg
Metadaten

Napoli nobilissima — 5.1896

DOI article:
del Pezzo, Nicola: Siti Reali
DOI Page / Citation link: 
https://doi.org/10.11588/diglit.69898#0178

DWork-Logo
Overview
loading ...
Facsimile
0.5
1 cm
facsimile
Scroll
OCR fulltext
IÓ2

NAPOLI NOBILISSIMA

grandi pilastri di fabbrica; in fondo all’atrio è un cortiletto
coronato dalle due logge del piano superiore, per il quale
si va al giardino, e poi al boschetto. A destra dell’atrio
una bella scala di marmo rosso a due tese conduce al
primo piano; nella parete del riposo sono ancora nelle
loro nicchie due grandi statue scavate ad Ercolano. Le
grandi sale del primo piano furono tutte decorate alla pom-
peiana durante il periodo francese; ve n’erano un tempo
tre soltanto in tutto il lato sul cortile, e la più grande,
quella verso Portici, era il teatro del palazzo.
A queste sale dal lato verso il Vesuvio altre ne corri-
spondono dello stesso stile e proporzioni; vi sono inol-
tre due grandi logge dalle quali si gode la vista del Ve-
suvio.
Dal cortile in fondo all’atrio s’entra nel giardino, che
ora è un piccolo orto botanico ad uso della scuola: nel
centro, all’incrocio di due strade è una fontana. Dal giar-
dino si passa al boschetto, al quale s’entra per un bel
viale di elei, che finisce contro il gran muragliene, unico
avanzo rimasto in piedi del giuoco del pallone. Poco di-
scosto è il castello fatto, nel 1775, da Ferdinando IV
prò absoluto militum suorum in oppugnandis propugnandisque
oppidis tirocinio: ora il castello è un oleificio sperimentale,
e la torretta un piccolo osservatorio meteorologico. Oltre-
passato il castello, comincia un viale di querce interrotto
da un aggregato di costruzioni che è l’istituto zootecni-
co, dove è un museo raccolto con molta cura ed intelli-
genza.
Il bosco è tutto d’elei, sicché è sempre verde; per im-
piantarlo si dovette trasportarvi il terreno necessario per
coprire la lava; dove i viali sono sottoposti alla macchia
si vede a che piccola profondità si trova questo sottosuolo
di lava: perciò la vegetazione non è rigogliosa. I viali son
dritti, ben designati: dei molti edifizii sparsi pochi sono an-
cora in piedi e fra le rovine de’ caduti vivono le erbe.
Vi sono ancora due grandi cisterne, e qualche fontana
sfuggita chi sa come alla distruzione.
La parte verso il mare, men fortunata dell’altra, ora
che è cascata nelle mani della provincia di Napoli, appig-
gionasi a pezzi ed a bocconi: e quale decadenza, mio Dio,
qual mutamento di abitatori! Per tre cancelli e un atrio
simili a quelli della Scuola d’Agricoltura si esce in una
grande e magnifica terrazza, sotto uno spiazzato, largo
quanto la facciata, e lungo quanto i boschetti, che gli fanno
ala, s’avanza con dolce declivio verso il mare: sta in fondo
l’isola di Capri. A destra e a sinistra la terrazza si di-
stende in due rampe, per le quali si discende nello spiaz-
zato e nel boschetto. Il palazzo ha due ali, e due grandi
logge a pianterreno, che coronano le rampe, e hanno sotto
abitazioni un tempo destinate alle guardie svizzere. I bo-
schetti sono anche di elei, con le solite case dirute, le

solite fontane abbandonate, una fra le altre grande e di
forma graziosa; vi sono anche due peschiere, ora domi-
cilio di rane e di rospi.
Al primo piano si sale per un magnifico scalone a due
braccia ornato in quel complicato barocco napoletano del
settecento: un cancello comune chiude la scala dalla parte
dell’atrio, ma vi si notano i monogrammi di Gioacchino
Murat e della regina Carolina evidentemente aggiunti, per-
chè inchiodati, non fusi col resto del cancello. La grande
sala d’entrata sta nel centro dell’appartamento, proprio sul-
l’atrio, ed è decorata nello stesso stile della scala: la scala,
la sala, un piccolo gabinetto Luigi XIV, che chiamano ora
la stanza dorata, qualche pavimento in mosaico, sono tutto
ciò che rimane in questa parte del palazzo delle decora-
zioni fatte al tempo di Carlo III e Ferdinando IV. L’Im-
pero si sovrappose, rifece le vòlte, e ornò di stoffe tes-
sute le mura della reai dimora. In due stanze pendono
dalle mura due broccati, laceri e scoloriti, avanzi del pre-
potente gusto di quell’epoca; sopra un d’essi, ho letto,
graffiato con una punta, forse un chiodo, il nome d’un
Pignatelli: oh infantile e mal sorvegliato distruttore !
IL
Origine e vicende sino al periodo francese.
Secondo la tradizione, il palazzo reale di Portici deve
la sua esistenza ad una serena giornata traditrice d’estate.
Carlo III e la regina Amalia erano andati a Castella-
mare a vedere la pesca dei tonni: di subito una tempesta
oscura l’aria e solleva le onde, costringendo i sovrani a
ritornar nelle carrozze, che la preveggenza del maggior-
domo duca di Sora lestamente avea mandato a Castella-
mare. Altre memorie dicono invece, che i sovrani tenta-
rono il ritorno per mare, ma alla rada del Granatello do-
vettero prender terra. Tutte, d’accordo, narrano, che in
quella occasione la regina scoprì l’esistenza di quei luoghi
incantati, e le piacquero a segno, che espresse al Re il
desiderio d’aver lì una villa. — Ciò sarebbe accaduto nel
luglio del 1737; e dopo alcuni mesi di trattative — come
risulta da documenti — nel maggio 1738 furono comin-
ciati i primi lavori. Ora basta questa seconda data a mo-
strarci l’impossibilità dell’aneddoto tradizionale: Carlo III
non sposò Maria Amalia se non nel giugno del 1738 (D.
L’idea del nuovo palazzo dovette venire dunque spontanea
in capo al re, ancora celibe! — Ma contro l’idea del re,
stava il Vesuvio, minaccioso più che mai negli anni che
correvano. Dopo un lunghissimo silenzio, durante il quale
sul rabbonito vulcano gli armenti sicuri salivano alla pa-

li) Un simile aneddoto relativo all’edificazione del teatro S. Carlo
fu confutato dal Croce, Teatri di Napoli, p. 322.
 
Annotationen