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Napoli nobilissima — 5.1896

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del Pezzo, Nicola: Siti Reali
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https://doi.org/10.11588/diglit.69898#0180

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164

NAPOLI NOBILISSIMA

Nel 1740 principiarono i lavori al palazzo di Palena, e
si cominciò ad ingrandire il sito reale da parte del mare.
Prima del suddetto palazzo, venendo da Napoli, s’incon-
trava quello di Caramanica, che anche ora si riconosce
da’ cancelli a pancia alle finestre del pianterreno; nel cortile
il cancello d’entrata ha lo stemma de’ d’Aquino, e alle
porte si vede qualche ornato del cinquecento. Nel mede-
simo anno 1740 la Corte Io acquistò per aggregarlo alla
villa di Palena. Comprò contemporaneamente il palazzo
Mascabruno, che è il presente quartiere; esso avea un bo-
schetto d’elei, e alcuni terreni coltivati.
Quello di Caramanica avea un giardino; questi due
acquisti insieme col precedente del bosco di Palena for-
marono la porzione del bosco di sotto, che esiste al pre-
sente. Le tre parti si distinguono benissimo; il giardino
di Caramanica è quella non boscosa dietro all’ala dell’edi-
fizio a destra; attiguo è il bosco di Mascabruno con le
peschiere e gli elei più vecchi; il bosco di Palena è dal-
l’altro lato dello spiazzato centrale.
Nel palazzo Mascabruno si costruirono quelle comode
scuderie, che ora bastano ad uno squadrone di cavalleria.
Per aumentare le abitazioni, di fronte al monastero di
S. Antonio fu costruito quell’edifìzio, che ancora esiste,
ma certo modificato.
Una compra importante fu quella della villa Elboeuf
nel 1742, per ducati 5250.
Il principe d’Elboeuf Emanuele di Lorena (1677-1763),
il cui titolo nelle carte del tempo è trasformato in del
Buffo, del Buf, di Buffo, e in altri modi buffi, comandava
nel 1707 gli austriaci a Napoli durante la guerra di suc-
cessione; nel 1713 sposò a Napoli Teresa Strambone fi-
glia del principe di Volturata e duca di Salza. Il principe,
come tutti gli stranieri ben provveduti di quattrini capi-
tati a Napoli, si costruì sul mare al Granatello una resi-
denza, e fu quella oggi nota sotto il nome di bagno della
Regina. Partito il principe da Napoli la villa fu venduta
a Giacinto Falletti duca di Cannalonga. Costui nel 1722
morì lasciando due figliuole; alla primogenita, Giuseppa,
lasciò una porzione doppia a condizione di sposare un
cavaliere della nobile casa Falletti; la seconda, Anna,
sposò tout honnement Vincenzo d’Anna duca di Castelgtan-
dine. Da queste due sorelle Carlo III comprò la villa in-
sieme con 177 busti di marmo, gran numero di colonne,
statue e marmi antichi, tutta roba trovata ad Ercolano.
Oltre la villa furono comprati i terreni interposti fra il
bosco di Mascabruno e i terreni della villa stessa, e fu
costruito il ponte, che ancora si vede sulla strada dell’E-
pitaffio per congiungere le due parti, e dare al palazzo
reale un’uscita propria al mare, nelle acque del Granatello,
di cui fu, naturalmente, riservata la pesca.

In questo modo fin dal 1742 restò definito e circoscritto
il reai sito di Portici, comprendendo una larga zona, che
da Pugliano scendeva al Granatello: aveva boschetti sem-
pre verdi, agrumeti ubertosi, giardini fioriti, v’era caccia,
pesca, tutto quanto potea renderne piacevole la dimora
alla famiglia reale.
Diresse in tutto l’opera il romano Antonio Canevari, a
quel che pare ingegnere non di grido, che a Roma fece
poche opere e mediocri, e a Lisbona un acquedotto nel
quale, narra un panegirista, l’acqua non corse mai, sicché
il povero ingegnere dovette egli correre a gambe levate,
e fuggir via da Lisbona. Accanto al Canevari, retribuito
con 1000 ducati l’anno, era nella direzione de’ lavori An-
tonio Medrano, solito ingegnere della corte: le attribuzioni
dei due non dovevano essere ben distinte, tanto, che nelle
carte del tempo trovo, senza nessuna mia meraviglia, che
si bisticciavano spesso, e ricorrevano, ciascuno per sé, alla
clemenza del Sovrano.
Il Canevari disegnò il palazzo nella forma presente; in
pianta era un quadrato perfetto, le due ali, dalla parte del
mare e del Vesuvio, furono aggiunte nel periodo francese.
Nel suo disegno al posto dove fu poi la cappella palatina
era invece un teatro; già i lavori erano incominciati,
quando il Re Carlo III volle la pia trasformazione, e nel
1749 fu inaugurata la cappella palatina.
I due problemi più difficili erano rendere meno inco-
modo possibile il passaggio della via pubblica per attra-
verso il palazzo reale, e portare le acque necessarie a’
giardini, boschetti, fontane e peschiere.
Non si credette opportuno chiudere col palazzo reale
la via delle Calabrie, deviando tutto il gran traffico per
quella via, allora appunto fatta, che rasenta il bosco di
sotto verso il mare; invece si adottò il piano proposto
dal Canevari.
Un ingegnere francese, che dimorava a Resina, Bardet
de Villeneuve, invece del disegno poi eseguito proponeva
di deviar la strada delle Calabrie facendola passare dietro
al presente palazzo della Scuola Superiore d’Agricoltura, e
congiungendo il palazzo e il giardino con ponti; dell’an-
tica strada fare un cortile interno del palazzo, e destinarne
i due lati corti ad abitazione delle guardie svizzere, che
il Canevari pose sotto le due terrazze dal lato del mare:
ciò, come egli scriveva al Re, per toglierle di lì, dove
erano male alloggiate, « et empécher qu’elles ne donnas-
sent quelque sujettion à L.M. surtout à la Reyne qui
peut de son apartement entendre en plusieurs langues des
paroles salles dont la bouche de soldats n’est que trop
souvent remplie. »
II problema delle acque fu risoluto facendola venire da
certe grotte a S. Maria di Pugliano; furono fatti impor-
 
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