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Napoli nobilissima — 5.1896

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del Pezzo, Nicola: Siti Reali
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https://doi.org/10.11588/diglit.69898#0181

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RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA

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tanti lavori per aumentarne il volume, pe’ quali si pagarono
carlini 33 per ogni canna cubica di cavamente, carlini 15
per ogni canna cubica di lavoro dritto, e grana 14 per
ogni botte d’acqua: nel bosco superiore furono fatti i due
grandi cisternoni, che ancora si vedono.
L’ingegnere Cuomo nel 1744 proponeva, per provveder
d’acqua abbondantissima i due siti reali di Portici e Ca-
podimonte, di far venire quella del Serino, allora posse-
duta dal principe d’Avellino: utilizzando e restaurando
l’antico acquedotto (J), egli prevedeva una spesa di 70,000
ducati: ma non se ne fece nulla.
Alla decorazione degli appartamenti furono preposti i
migliori artisti: il pittore Del Re dipinse la cupola com-
plicatissima dello scalone, la scala e le camere dalla parte
del cortile; le altre furono affidate al Bonito; il gabinetto
Luigi XIV, che era il boudoir della Regina, è opera di
Clemente Ruta.
La parte scultoria, i lavori in marmo, le porte, furono
curati dallo scultore Canart, che aveva uno studio a Por-
tici pe’ lavori del Palazzo, e per i restauri occorrenti alle
antichità d’Ercolano. I marmi in parte vennero da Carrara,
in parte da una cava ne’ dintorni di Capua, che il Re
si riservò.
Per il palazzo di Portici fu fatta quella stanza di por-
cellana, che ora è a Capodimonte, opera della fabbrica
fondata da Carlo III; le pareti sono composte di pezzi
connessi in guisa, che possono comporsi e ricomporsi a
volontà (1 2).
I pavimenti furon fatti in mosaico; alcuni erano stati
scavati ad Ercolano, e rimessi diligentemente insieme.
Quadri di Giovanni Breughel, di Annibaie Cartacei, e
d’altri, mobili con vernis Martin, globelins, opere in cera,
specchi di Venezia, grandi vasi di porcellana ornavano gli
appartamenti reali; ma il lustro maggiore erano le opere
d’arte trovate ad Ercolano: queste, come dirò, furono riu-
nite in un museo speciale, ma anche il palazzo reale n’ebbe
parte. Le famose statue de’ Balbi padre e figlio furono
messe nei due atrii: qua e là per le stanze pitture erco-
lanesi, carnei, busti; ed anche a Portici Carlo III fece tra-
sportare alcune cose antiche trovate in que’ tempi nelle
vicinanze di Gaeta.
I boschetti furono ornati di chioschi, casette, fontane.
Nelle peschiere del bosco di Mascabruno ebbero alloggio
quattro grandi delfini. Giardinieri genovesi provvedevano
di radiche di tulipani, giunchiglie, anemoni e giacinti; i
vasi da fiori venivano da Firenze. Anche i giardini s’ab-
bellirono d’antichità romane, delle quali sussistono ancora

(1) È noto che, ne’ tempi de’ Romani, Napoli aveva l’acqua del S.è-
rino: i Ponti rossi sono avanzi dell’antico acquedotto.
(2) Vedi De la Ville, in Napoli nobilissima, III, 136.

vestigia. Fino a pochi anni or sono (il sito reale era già
nelle mani della provincia) era rimasta nel bosco di sotto
una fontana antica; un bel giorno, che è, che non è, la fon-
tana sparisce: immediatamente fu ordinata.... una inchiesta.
Nel 1759 Carlo III, rimpianto da’ napoletani, andò a
regnare in Ispagna. Re Ferdinando IV nel reai sito di
Portici fece costruire il giuoco del pallone, e il castello,
ma le cure maggiori di quel Re furono rivolte a Caserta
ed a Persano.
Molti ricordano la tavola muta nella torre del castello,
che saliva e scendeva a volontà de’ commensali, portando
ad essi le pietanze preparate; così liberati dalla presenza
de’ servitori, era ad essi più sciolto lo scilinguagnolo.
Fu questa una delle prime costruite: la prima rudimen-
tale fu fatta in Inghilterra. La tavola muta di Portici fu,
come le altre, imitata da quella di Choisy (il piccolo ca-
stello, dove Luigi XV cominciò a cacciar la testa dal sacco),
dove il meccanismo fu menato a perfezione dal francese
Loriot (x).
Quando Carlo III andò in Ispagna tolse la fabbrica di
porcellana a Capodimonte, e ne distrusse le forme,. Ferdi-
nando IV volle riformarla, e il luogo, che prescelse, fu il
palazzo reale di Portici, precisamente la casa di fronte al
monastero di S. Antonio. Lì restò fino a quando passò
nel 1772 nel giardino del reai palazzo di Napoli (2).
III.
La scoperta di Ercolano e il museo di Portici.

Nei loro viaggi in Italia il Goethe, il Lalande, il Kotzebue,
lady Morgan fan poco caso del palazzo reale di Portici,
non ostante le sue magnificenze: perchè? Perchè generoso
ospite avea accolto un più grande di lui, che in breve
l’ebbe sopraffatto e relegato al secondo posto: dico il
Museo Ercolanese. Di qui è, che quei viaggiatori nelle
affrettate descrizioni del reai palazzo si fermano a mettere
in luce le statue dei Balbi, i mosaici, i dipinti antichi, e
trascurano il rimanente.
Il Kotzebue giudica fino di pessimo gusto le stanze di
porcellana. « A che, dice, perdere il tempo e i passi a
percorrere un centinaio di sale vastissime, che poi non
contengono nulla di bello? » Il suo giudizio è severo più
che giusto: certo a lui, che aveva l’anima ingombra e
esaltata ancora dai capolavori a noi serbati dalla distru-
zione del Vesuvio, dovevano sembrare ben povera cosa
quei prodotti dell’arte barocca.

(1) La comtesse Dash, Les galanteries de la Cour de Louis XV. In
francese le tavole mute si chiamavano confidentes; v’erano inoltre
tante piccole tavole con vini d’ogni specie, dette les servantes, quanti
erano i convitati, che ciascuno ne aveva una accanto.
(2) De la Ville, in Napoli nobilissima, IH, 182.
 
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