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Napoli nobilissima — 5.1896

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del Pezzo, Nicola: Siti Reali
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https://doi.org/10.11588/diglit.69898#0182

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166

NAPOLI NOBILISSIMA

Dove è la sepolta Ercolano? disputavano i dotti e chi
la poneva a Torre del Greco, chi a Torre Annunziata; il
Celano in cima al Vesuvio, qualcuno sull’altro versante,
a Ottaiano. Nel 1689, per caso, in un podere di Resina,
si rinvennero alcuni oggetti antichi; e fu discusso, se do-
vessero attribuirsi ad Ercolano o a Resina suo porto e
borgo marinaresco (J). La vera scoperta devesi al principe
d’ Elboeuf.
Volea egli ornare la sua villa al Granatello con certa
maniera di stucco, che un operaio francese componeva
mescolando polvere e schegge di vari marmi. Seppe, che
un contadino, cavando un pozzo, avea rinvenuto gran copia
di tali ingredienti; e tosto se ne fece cavare un altro lì
presso.
A non grande profondità trova due statue, di Ercole e
di Cleopatra, e, proseguendo lateralmente, colonne di ala-
bastro fiorito, un’iscrizione e sette statue greche, che pre-
sero la via di Francia. Ulteriori scavi misero alla luce un
tempio rotondo, cinto da 24 colonne di alabastro fiorito
e ornato, all’interno, di altre 24 colonne e 24 statue gre-
che di marmo. Le statue furono mandate a Vienna al
principe Eugenio di Savoia, e morto lui, furono vendute:
due sono ora al museo di Dresda. Ma gli scavi furono
poi interrotti per la partenza del principe da Napoli e per
l’intervento del governo, fatto accorto di loro importanza.
Interrotti, parea che se ne fosse perduta anche la memoria,
quando, per uno strano incidente, che narra il Paderno
nelle note al Celano, furono proseguiti sotto Carlo III.
Ecco l’incidente: giunta S. M. Cattolica, e eletto Por-
tici per luogo di reai diporto, mentre venivano costruen-
dosi le regali fabbriche, erasi fatto come un parco prov-
visorio, dove il Re spesso si recava, e che era custodito
a spese regie. I custodi più volte all’imbrunire aveano
visto un animale con lunga coda correre velocemente, ma,
che bestia fosse, non aveano potuto distinguere. Gli die-
dero la caccia, e, dopo vari agguati, riuscirono ad ammaz-
zarlo e a scoprirne la tana. Era una vecchia volpe di
straordinaria grandezza; la quale, divenuta presto l’argo-
mento di tutti i discorsi, fece a taluni risovvenire degli
scavi del principe d’Elboeuf, delle statue e della sepolta
Ercolano ignorata. Ne informarono il Re, il quale, favo-
revole com’era al progresso delle scienze e dell’arte, ordinò
tosto la continuazione degli scavi: ciò avvenne ai primi di
decembre 1738. Furono essi proseguiti seguendo l’avventu-
rato pozzo del principe, e Carlo III vi pose molto amore,

(1) È ora provato (dal Mommsen e da altri) che, per erronea in-
terpretazione di un passo di Plinio, si suppose una Retina o Reclina
nell’antichità, che avrebbe dato il nome alla moderna Resina. Il nome,
come l’origine di questa, è mediovale. Vedi la dissertazione di V. E.
Tappia, riassunta in Napoli nobilissima, III (1894), p. 160.

tanto che spesso veniva a Portici per invigilare insieme
le nuove fabbriche e gli scavi di Ercolano. Era egli pre-
sente quando fu ritrovato il famoso cammeo, che portò
al dito sempre, finche fu re di Napoli, e che andando in
Ispagna, lasciò al successore, dicendo, egli il re autonomo,
che quel gioiello era proprietà del Regno. Dopo Carlo III
si rallentarono gli scavi, tanto che il Lalande scrive, che,
nel 1776, vi lavoravano solo tre operai: certo il più fu
fatto dal 1738 a 1768: una certa operosità di scavo vi fu
poi anche nel 1828.
Nel 1750 le cose antiche scavate, per numero e im-
portanza, formavano già una collezione unica al mondo:
Carlo III pensò di raccoglierla in museo speciale nel reai
palazzo di Portici e propriamente nel palazzo di Caramanica.
A pianterreno furono messe le iscrizioni, le opere di scul-
tura, i bronzi, le lampade, le terre cotte, i vetri, tutti gli
utensili delle diverse arti e di agricoltura, la rarissima rac-
colta delle derrate, i papiri rinvenuti nella villa detta del-
l’Aristide, le medaglie, i cammei e le sale aveano tutte i
pavimenti di mosaico parimenti trovati ad Ercolano. Nel
piano superiore erano raccolte le numerose pitture.
A compiere ed illustrare tutta l’opera degli scavi Carlo III
istituì nel 1755 l’Accademia Ercolanese; i lavori della quale
dal 1757 al 1792 formano otto grandi volumi, cinque
sulle Pitture, due sui Bronzi ed uno sulle Lucerne.
Le incisioni illustrative sono della famosa scuola romana,
e vi lavorò anche Raffaello Morghen, nato appunto nel
palazzo reale di Portici il 1751, e figlio di Filippo inci-
sore della R. Casa (*). Tutto, come usava al tempo di
Carlo III, a spese del re, il quale era tanto geloso degli
scavi di Ercolano e di Pompei, che dal principio proibì
che quei volumi fossero messi in commercio, riserbandosi
di darli egli in dono a chi credeva.
Più tardi il decreto fu revocato, e subito se ne pub-
blicarono estratti e versioni in francese, inglese e tedesco.
Inoltre diè ordini severissimi perchè niuno oggetto ritro-
vato fosse sottratto al R. Museo, e giunse fino a negare
al re di Spagna, suo padre, alcune pitture, di cui lo ri-
chiedeva, benché il Museo già ne avesse dovizia. Egli in-
tendeva che quella maravigliosa raccolta dovea essere tutta
e solo di Napoli. Al Museo avea proposto Cammillo Pa-
derno; i visitatori erano accompagnati da una guida in-
caricata di dare sommarie spiegazioni e di non permettere
che si prendessero appunti tanto meno disegni: nel 1775
scrivere fu lecito, disegnare, no. Se non che, come sempre,
tanta sorveglianza a volte s’eludeva, e nel 1783 il Perret,
francese, potè leggere all’Accademia di Francia una me-
moria intorno a 40 istrumenti di chirurgia trovati a Erco-

(1) Ciò ricorda ora una lapide che si legge nel cortile del Palazzo
reale.
 
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