XXXIV
PREFAZIONE.
medesimo fine sono una medesima cosa, Michelangiolo
si mutò d' opinione, o, per dir meglio, dette risposta più
adequata al quesito, e convenne nella sentenza' del Var-
chi, cioè: che se maggior giudizio e difficoltà e impedi-
mento e fatica non fanno maggiore nobiltà, la Pittura e
la Scultura sono una cosa istessa; e concluse, che sic-
come T una e 1' altra vengono da una medesima intelli-
genza, così « si può far fare loro una buona pace insie-
me, e lasciar tante dispute, dove va più tempo che a far
figure. »
Questa fu la sentenza che il Varchi col Buonarroti
pronunziarono sopra tal disputa: giudicato pieno di ve-
rità e di sapienza sopra una quistione non altro che oziosa;
imperciocchè, non avendo ben distinto quello che è den-
tro 1' Arte , l' essenza, cioè, o sostanza sua, da ciò che le
viene di fuori, ossia dagli accidenti; confusa così e scam-
biata 1' una cosa con 1' altra, posero male i termini della
disputa, e quindi conseguitò la falsità del discorso e la
vacuità del ragionamento. — La Pittura e la Scultura han-
no il loro fondamento nel disegno, sicché sono nel prin-
cipio eguali: hanno ambedue eguale il fine, ch'è la
imitazione del vero; dunque sono pure essenzialmente
eguali nel fine: son tutt' un' arte, son tutt' una scienza.36
Ma se questa fu disputa vana ed oziosa, non fu però
senza significazione 1' averla posta in campo: avve-
gnaché per essa si comprenda, come I' unità delle Arti del
disegno si volesse alfine rompere affatto, e si fosse già co-
minciato a manometterla, tentando così di sciogliere quei
legami che fecero queste sorelle grandi e potenti. Che
se questo non fosse, a che muover causa contro la
maggioranza dell' una sopra dell' altra? Le liti non na-
scono ove gli animi sieno concordi; le dispute non
' sorgono se le parti non vanno in diverse e contra-
rie sentenze: e quando le estetiche discipline decli-
PREFAZIONE.
medesimo fine sono una medesima cosa, Michelangiolo
si mutò d' opinione, o, per dir meglio, dette risposta più
adequata al quesito, e convenne nella sentenza' del Var-
chi, cioè: che se maggior giudizio e difficoltà e impedi-
mento e fatica non fanno maggiore nobiltà, la Pittura e
la Scultura sono una cosa istessa; e concluse, che sic-
come T una e 1' altra vengono da una medesima intelli-
genza, così « si può far fare loro una buona pace insie-
me, e lasciar tante dispute, dove va più tempo che a far
figure. »
Questa fu la sentenza che il Varchi col Buonarroti
pronunziarono sopra tal disputa: giudicato pieno di ve-
rità e di sapienza sopra una quistione non altro che oziosa;
imperciocchè, non avendo ben distinto quello che è den-
tro 1' Arte , l' essenza, cioè, o sostanza sua, da ciò che le
viene di fuori, ossia dagli accidenti; confusa così e scam-
biata 1' una cosa con 1' altra, posero male i termini della
disputa, e quindi conseguitò la falsità del discorso e la
vacuità del ragionamento. — La Pittura e la Scultura han-
no il loro fondamento nel disegno, sicché sono nel prin-
cipio eguali: hanno ambedue eguale il fine, ch'è la
imitazione del vero; dunque sono pure essenzialmente
eguali nel fine: son tutt' un' arte, son tutt' una scienza.36
Ma se questa fu disputa vana ed oziosa, non fu però
senza significazione 1' averla posta in campo: avve-
gnaché per essa si comprenda, come I' unità delle Arti del
disegno si volesse alfine rompere affatto, e si fosse già co-
minciato a manometterla, tentando così di sciogliere quei
legami che fecero queste sorelle grandi e potenti. Che
se questo non fosse, a che muover causa contro la
maggioranza dell' una sopra dell' altra? Le liti non na-
scono ove gli animi sieno concordi; le dispute non
' sorgono se le parti non vanno in diverse e contra-
rie sentenze: e quando le estetiche discipline decli-