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Bullettino archeologico sardo ossia raccolta dei monumenti antichi in ogni genere di tutta l'isola di Sardegna — 6.1860

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Ferrero della Marmora, Alberto: Sulla introduzione del culto egizio in Sardegna, [1]
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https://doi.org/10.11588/diglit.10805#0047

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rege Ialetu et ipsos fratres suos ki imbenerunt multos si-
gnos de ipsa religione egiptia....

Egli è cosa evidente che questo autore non fece che ri-
ferirsi alle notizie prese dal Ritmo e specialmente ai
versi

46. Ecce quanta sunt inventa - in antiquis molibus

47. Ab Aegjptiis fabricatis - ex saxis ingentibus

4$- Quae per fratres omnes fuerunt perquisite intrinsece.

Mi riservo di rinvenire sopra questo argomento, ma per
ora mi basterà notare il paragone che Antonio di Tarro
stabilisce tra i Norachi sardi ed i monumenti consimili da
lui veduti nella Palestina, allorché colà trova va si come
schiavo, condottovi dal suo padrone: cum ipsu donnu meu.
Qui egli non va più a rimorchio delle idee espresse nei
Ritmo, ma rende conto delle proprie osservazioni, e queste
combinano appuntino con quanto scriveva il fu mio collega,
1' Abbate Arri, il quale in proposito dei Norachi, li para-
gonava con un BflMAS osservato dal Baron Tecco sul monte
Libano. Golf attribuire che Antonio di Tarro fa al re No-
race la costruzione dei Norachi sardi , egli ammette
implicitamente, e senza accorgersene, la loro origine
fenicia.

Un frammento di storia Sarda desunta da quella di
Giorgio Di Lacon, pubblicato egualmente dal Martini (1)
ripete all' incirca sui Fenici e sugli Egiziani approdati nel-
1' Isola le istesse idee espresse nel Ritmo e nella Storia di
Antonio di Tarro ; e come presso quest' ultimo vi si attri-
buisce a Norace , re dei Fenicj , la costruzione dei Noraci,
ina si ripete la solita favola , rispetto agli Egiziani. Habe-
bant edam sacerdotes sed eorum religio generaliter erat
Egiptiorum quia Egiptii erant in majore quantitate.

Fra le carte di Michele Gilj da me fatte di pubblica

(i) Testo di due Codici d'Arborea del Secolo XV , p. so.
 
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