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Bibliotheca Hertziana [Hrsg.]; Bruhns, Leo [Gefeierte Pers.]; Wolff Metternich, Franz [Gefeierte Pers.]; Schudt, Ludwig [Gefeierte Pers.]
Miscellanea Bibliothecae Hertzianae: zu Ehren von Leo Bruhns, Franz Graf Wolff Metternich, Ludwig Schudt — Römische Forschungen der Bibliotheca Hertziana, Band 16: München: Schroll, 1961

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https://doi.org/10.11588/diglit.48462#0202

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D’UN CARTONE DI GIULIO ROMANO
E DELL’AULA COPERTA DEI MERCATI TRAIANEI
di Giovanni Incisa della Rocchetta

Fra le tante carte interessant!, ehe misono passate per le mani, da quando collaboro col p. Carlo Gasbarri
d. O. al riordinamento di quel residuo dell’antico archivio degli Oratoriani, ehe e tuttora conservato dai
Padri della Chiesa Nuova in Roma, un gruppo, molto curioso, si riferisce ad un cimelio, custodito nei
capaci magazzini della Pinacoteca Vaticana. Al cartone, cioe, di Giulio Romano, per la «Lapidazione
di S. Stefano», nella chiesa di Genova, dedicata al Protomartire (figg. 236, 137).
II Vasari, nella «Vita di Giulio Romano», dopo aver parlato della «Sala di Costantino», della «Madonna
di Monteluce», in Vaticano, della «Madonna della gatta», a Napoli, della «Flagellazione», a Santa Pras-
sede in Roma, continua: «Ne molto dopo messer Giovanmatteo Giberti, ehe fu poi vescovo di Verona,
ehe allora era datario di papa Clemente, fece far a Giulio, ehe era molto suo dimestico amico, il disegno
d’alcune stanze, ehe si murarono di mattoni, vicino alla porta del palazzo del papa, le quali rispondono
sopra la piazza di San Pietro, dove stanno a sonare i trombetti, quando i cardinaü vanno a concistoro;
con una salita di commodissime scale, ehe si possono salire a cavallo ed a piedi. Al medesimo messer
Giovanmatteo fece, in una tavola, una Lapidazione di Santo Stefano, la quäle mando a un suo benefizio
in Genova, intitolato Santo Stefano; nella quäl tavola, ehe e per invenzione, grazia e componimento
bellissima, si vede, mentre i Giudei lapidano Santo Stefano, il giovane Saulo sedere sopra i panni di quelli.
In somma, non fece mai Giulio la piü bell’opera di questa, per ]e fiere attitudini de’ lapidatori e per la
bene espressa pacienza di Stefano; il quäle pare ehe veramente veggia sedere Gesü Cristo alla destra del
Padre, in un cielo dipinto divinamente: la quäle opera, insieme al benefizio, diede messere Giovanmatteo
a’ monaci di Monte Oliveto, ehe n’hanno fatto un monasterio1.»
Nelle due edizioni della guida di Genova del Ratti2, e trascritta l’iscrizione, coronante il quadro di
Giulio Romano nella chiesa di Santo Stefano, con lo stemma mediceo sormontato dal triregno e dalle
chiavi: «Leonis X p. m. fratrisq. luli card. Medices beneficio templo praef.»
Julius Vogel3 data il quadro dal 1523 e non c’e ragione di dubitare, ehe esso sia stato dipinto a Roma,
prima della partenza di Giulio Romano per Mantova, nel 1524.
In una nota dell’edizione del Vasari curata dal Milanesi4, si legge, fra l’altro: «In una zuffa, seguita in
tempo di rivoluzione, un’archibugiata colpi la figura del santo (Stefano) nella bocca, ma venne diligente-
mente risarcita. » Credo, ehe a questo danno ed a questo restauro si riferisca quanto scrive Carlo d’Arco5:
«Questo quadro fe’ parte, esso pure, delle spoglie d’Italia, alla fine del secolo scorso: meritava, ehe il
celebre David ordinasse al Girodet di restaurarlo. Restituito, nel 1815, si ammira, oggi pure, in Genova,

1 Le vite de’ piü eccellenti pittori scultori ed architetti scritte da Giorgio Vasari, pittore aretino, con nuove annotazioni di
Gaetano Milanesi, Tomo V, Firenze 1880, pag. 532. Ne Le vite de piü eccellenti architetti pittori et scultori italiani, daCimabue
insino a’ tempi nostri, descritte in lingua toscana da Giorgio Vasari, pittore aretino, con una sua utile et necessaria introduzzione
a le arti loro, in Firenze 1550, a pag. 885, parlato della Sala di Costantino, della «Madonna di Monteluce», della «Madonna della
Gatta», il Vasari prosegue: «Era, in quel tempo Giovan Matteo Genovese datario del Papa, et Vescovo di Verona: il quäle, a’
servigi di Clemente, con grandissimi favori, tenne Giulio in altezza. Perche, in palazzo, gli ordinö alcune stanze murate, vicino alla
porta; e gli fece lavorare una tavola della Lapidazione di Santo Stefano, per Santo Stefano di Genova, suo beneficio. La quäle e di
bellezza e di singulär grazia e di componimento si ben condotto, ehe e la migliore opera, di quante e’ facesse giamai. Atteso vi sono
pezzi d’ignudi bellissimi; et quella gloria, dove Christo siede alla destra del Padre, e cosa veramente celeste, e non dipinta. Della
quäle Giovan Matteo fece degni i frati di Monte Oliveto, donandogli quel luogo, dove oggi dimorano, per monistero loro.»
Per Giovan Matteo Giberti (nato a Palermo nel 1495, datario di Clemente VII, dal 1524 Vescovo di Verona, dove risiede dal 1528
e dove muore nel 1543) cf. la voce di Massimo Petrocchi, in Enciclopedia Cattolica, vol. VI (1951), pag. 384.
Per le relazioni fra G. M. Giberti, la chiesa di Santo Stefano a Genova ed i Monaci Olivetani, cf. G. B. Pighi, G. M. Giberti vescovo
di Verona, 2a ediz., Verona 1922, pagg. 9-10; D. Gregorio Schiappacasse, Gli Olivetani a Santo Stefano [in Genova], sta in
Rivista storica Benedettina, III, 12, 1908, pagg. 1—2.
2 Istruzione di quanto puö vedersi di piü bello in Genova in pittura, scultura ed architettura, etc. autore Carlo Giuseppe Ratti,
etc., Genova 1766, pagg. 48-50; seconda edizione accresciuta, Genova 1780, pagg. 75-76.
3 Voce Giulio Romano (Giulio Pippi o Giulio di Petro de’ Giannuzzi, nato a Roma nel 1499, morto a Mantova nel 1546) di Julius
Vogel in Thieme-Becker, Allgemeines Lexikon der bildenden Künstler, vol. XIV, Leipzig 1921, pagg. 215—219.
4 Op. cit., Tomo V cit., pag. 532, nota 3.
5 Istoria della vita e delle opere di Giulio Pippi Romano, scritta da Carlo d’Arco, etc. Seconda edizione accresciuta e corretta.
Mantova 1842, pagg. 24-29.
 
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