I NOSTRI GRANDI MAESTRI
83
Vinci è quanto dire dipartirsi da una mente vasta per giungere ad altra via più vasta e
complessa per natura sua.
Fra le poche opere di pittura che si sogliono assegnare alla mano del Vinci avvi
certa tavola di una Annunciazione conservata nella galleria degli Uffizi (fig. 1). Proveniente
dalla sagrestia della deserta chiesa di Monteoliveto, fuori porta San Frediano di Firenze,
dove si trovava ancora una quarantina d’anni or sono, era da pochi amatori conosciuta e
dalle guide veniva accennata quale opera del Ghirlandaio — senza alcun indizio quindi di
qualsiasi tradizione che la mettesse in relazione col sommo fra gli artisti fiorentini. Entrata
in discussione fra i critici, da che fu trasportata in galleria, l’impronta della scuola, per lo
meno, d’onde provenne Leonardo, venne
generalmente avvertita, mentre da parte
della direzione fu apertamente accolta l’at-
tribuzione al Vinci medesimo. Il più recente
storiografo di Andrea Verrocchio anzi,
Marcel Reymond, prendendo in esame la
tavola accennata, non senza addurre buone
ragioni, crede doverla rivendicare a detto
maestro, piuttosto che al di lui discepolo.
Nel frattempo ecco giungere il Colvin colla
pubblicazione di un disegno, finora quasi
ignorato, che verrebbe a servire quasi da
documento a rivendicare precisamente al
discepolo l’opera da altri creduta del mae-
stro. E un piccolo disegno a penna, del-
l’autenticità del quale, sia per la scioltezza
con cui è eseguito, sia per le ombreggiature
condotte colla sinistra, non si può avere
motivo di dubitare. Non consiste in altro
in realtà, che in uno studio della manica
ond’è rivestita la parte superiore del braccio
dell’Angelo, quale si presenta nel quadro
di che si tratta. La coincidenza, fra disegno
e dipinto — pur tenendo conto di certa mag-
giore larghezza di motivi nello studio in
confronto del quadro — certamente non può pig. 3 —Pinturicchio : Incoronazione di Enea S. Piccolomini
fare a meno di colpire chiunque la prenda Siena, Duomo - (Fotografia Alinari)
in considerazione e aggiunge maggiore in-
teresse all’Annunciazione degli LTffizi. Nel disegno poi noi avvertiamo quanto già spesso
ci è occorso di rilevare negli studi preparatori al paragone delle opere eseguite, vale a dire
una maggiore spontaneità, una più intensa espressione di vita, la quale cosa ci dimostrerebbe
che Leonardo ne’ suoi anni giovanili già si era fatto abile ed agile nel disegno, mentre era
tuttora alquanto più timido ed interato nella pittura.
A dir vero non crediamo tuttavia che l’esistenza del prezioso foglietto della raccolta
di Oxford costituisca per quel poco che contiene una prova sufficiente per dedurne che la
tavola dell’Annunciata si abbia a ritenere tutta quanta di mano di Leonardo. E in pro-
posito vuoisi avvertire che fra gli opposti pareri, quali sono, da un lato quello della
direzione delle gallerie fiorentine e di quanti l’hanno preceduta, che vorrebbe classificato
il quadro fra le opere del Vinci, e quello opposto, sostenuto dal Reymond, preceduto
da Berenson, in favore del maestro Andrea Verrocchio, una terza versione già merita
considerazione. La troviamo esposta nel fascicolo dello scorso dicembre del periodico The
Burlington Magazme per parte di un critico che si firma C. J. H. là dove egli esce
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Vinci è quanto dire dipartirsi da una mente vasta per giungere ad altra via più vasta e
complessa per natura sua.
Fra le poche opere di pittura che si sogliono assegnare alla mano del Vinci avvi
certa tavola di una Annunciazione conservata nella galleria degli Uffizi (fig. 1). Proveniente
dalla sagrestia della deserta chiesa di Monteoliveto, fuori porta San Frediano di Firenze,
dove si trovava ancora una quarantina d’anni or sono, era da pochi amatori conosciuta e
dalle guide veniva accennata quale opera del Ghirlandaio — senza alcun indizio quindi di
qualsiasi tradizione che la mettesse in relazione col sommo fra gli artisti fiorentini. Entrata
in discussione fra i critici, da che fu trasportata in galleria, l’impronta della scuola, per lo
meno, d’onde provenne Leonardo, venne
generalmente avvertita, mentre da parte
della direzione fu apertamente accolta l’at-
tribuzione al Vinci medesimo. Il più recente
storiografo di Andrea Verrocchio anzi,
Marcel Reymond, prendendo in esame la
tavola accennata, non senza addurre buone
ragioni, crede doverla rivendicare a detto
maestro, piuttosto che al di lui discepolo.
Nel frattempo ecco giungere il Colvin colla
pubblicazione di un disegno, finora quasi
ignorato, che verrebbe a servire quasi da
documento a rivendicare precisamente al
discepolo l’opera da altri creduta del mae-
stro. E un piccolo disegno a penna, del-
l’autenticità del quale, sia per la scioltezza
con cui è eseguito, sia per le ombreggiature
condotte colla sinistra, non si può avere
motivo di dubitare. Non consiste in altro
in realtà, che in uno studio della manica
ond’è rivestita la parte superiore del braccio
dell’Angelo, quale si presenta nel quadro
di che si tratta. La coincidenza, fra disegno
e dipinto — pur tenendo conto di certa mag-
giore larghezza di motivi nello studio in
confronto del quadro — certamente non può pig. 3 —Pinturicchio : Incoronazione di Enea S. Piccolomini
fare a meno di colpire chiunque la prenda Siena, Duomo - (Fotografia Alinari)
in considerazione e aggiunge maggiore in-
teresse all’Annunciazione degli LTffizi. Nel disegno poi noi avvertiamo quanto già spesso
ci è occorso di rilevare negli studi preparatori al paragone delle opere eseguite, vale a dire
una maggiore spontaneità, una più intensa espressione di vita, la quale cosa ci dimostrerebbe
che Leonardo ne’ suoi anni giovanili già si era fatto abile ed agile nel disegno, mentre era
tuttora alquanto più timido ed interato nella pittura.
A dir vero non crediamo tuttavia che l’esistenza del prezioso foglietto della raccolta
di Oxford costituisca per quel poco che contiene una prova sufficiente per dedurne che la
tavola dell’Annunciata si abbia a ritenere tutta quanta di mano di Leonardo. E in pro-
posito vuoisi avvertire che fra gli opposti pareri, quali sono, da un lato quello della
direzione delle gallerie fiorentine e di quanti l’hanno preceduta, che vorrebbe classificato
il quadro fra le opere del Vinci, e quello opposto, sostenuto dal Reymond, preceduto
da Berenson, in favore del maestro Andrea Verrocchio, una terza versione già merita
considerazione. La troviamo esposta nel fascicolo dello scorso dicembre del periodico The
Burlington Magazme per parte di un critico che si firma C. J. H. là dove egli esce