I I 2
LISETTA CI ACCIO
Non molto lontano da questo sono le figure dei santi tutelari di tre dei quattro quar-
tieri della città di Bologna (la quarta è stata asportata), miniate nei margini delle pagine
dello statuto della società dei Toschi, quantunque esse sieno più di ogni altra opera del
nostro ben composte e corrette di proporzioni, cosi che si potrebbe stentare a riconoscervi
la mano del maestro, se non vi si riscontrassero certi tratti tutti suoi caratteristici, come
gli occhi allungati con l’angolo esterno molto appuntito, il taglio della bocca punto affinata
agli angoli, il taglio dei capelli ad angolo retto ai lati della fronte, la forma delle mani dalle
dita grosse e disorganiche, l’accento del panneggio goticizzante, ecc.
In generale è da notarsi come i codici del nostro contengano soltanto poche miniature
che al maestro possano riferirsi, mentre le più numerose sono opera assai più scadente di
altre mani. Evidentemente egli doveva tener bottega, mentre le opere sue dovevano essere
Maestro bolognese: Bologna, Archivio di Stato. Statuto della società dei drappieri del 1346
(Fotografia Panzoni)
sufficientemente ricercate se a lui conveniva far lavorare altri sotto il suo nome, a noi
oggi ignoto.
Che egli sia di qualche tempo anteriore a Nicolò non v’ è dubbio, poiché, come abbiamo
veduto, una delle opere sue più recenti non può essere stata eseguita oltre il 1350, tempo
in cui pare che Nicolò non avesse ancora raggiunto celebrità, poiché, se pur lavorava, non
firmava nè datava ancora le opere sue; e poiché con Nicolò il nostro maestro presenta
forme notevolmente affini, oltre che nella fìsonomia generale delle figure, nelle composizioni
naturalisticamente movimentate e nella gamma coloristica, anche nel tipo iconografico degli
angioli librati forniti di ali in luogo di gambe, negli stalli da coro gotici a cielo azzurro
cosparso di stelle d’oro, nei fondi bruni a fitti rameggii d'oro, ovvero tutti lisci d’oro brunito
applicato su bolo, e nella decorazione d’incorniciatura delle miniature a listelli di color
verde cupo, ornati di finte lettere cufiche o di rabeschi in oro, con formelle gotiche ad otto
lobi agli angoli o nel mezzo dei listelli; è ovvio osservare quanto sia interessante, conoscere
ed analizzare la produzione del nostro anonimo, affine di poter adeguatamente valutare
Nicolò, che ci appare spoglio così del merito di aver messo di moda il tipo di miniatura
che, diffuso da lui, divenne poi caratteristico dell’arte bolognese della seconda metà del
Trecento. Il qual merito per altro, se tale può dirsi, non va neppur dato del tutto al nostro
Pseudo Nicolò, giacché egli non è davvero il solo che possa considerarsi precursore di
Nicolò, essendovi altri miniatori bolognesi che, per le affinità che con l’arte sua presentano,
sono stati fin qui confusi con lui.
LISETTA CI ACCIO
Non molto lontano da questo sono le figure dei santi tutelari di tre dei quattro quar-
tieri della città di Bologna (la quarta è stata asportata), miniate nei margini delle pagine
dello statuto della società dei Toschi, quantunque esse sieno più di ogni altra opera del
nostro ben composte e corrette di proporzioni, cosi che si potrebbe stentare a riconoscervi
la mano del maestro, se non vi si riscontrassero certi tratti tutti suoi caratteristici, come
gli occhi allungati con l’angolo esterno molto appuntito, il taglio della bocca punto affinata
agli angoli, il taglio dei capelli ad angolo retto ai lati della fronte, la forma delle mani dalle
dita grosse e disorganiche, l’accento del panneggio goticizzante, ecc.
In generale è da notarsi come i codici del nostro contengano soltanto poche miniature
che al maestro possano riferirsi, mentre le più numerose sono opera assai più scadente di
altre mani. Evidentemente egli doveva tener bottega, mentre le opere sue dovevano essere
Maestro bolognese: Bologna, Archivio di Stato. Statuto della società dei drappieri del 1346
(Fotografia Panzoni)
sufficientemente ricercate se a lui conveniva far lavorare altri sotto il suo nome, a noi
oggi ignoto.
Che egli sia di qualche tempo anteriore a Nicolò non v’ è dubbio, poiché, come abbiamo
veduto, una delle opere sue più recenti non può essere stata eseguita oltre il 1350, tempo
in cui pare che Nicolò non avesse ancora raggiunto celebrità, poiché, se pur lavorava, non
firmava nè datava ancora le opere sue; e poiché con Nicolò il nostro maestro presenta
forme notevolmente affini, oltre che nella fìsonomia generale delle figure, nelle composizioni
naturalisticamente movimentate e nella gamma coloristica, anche nel tipo iconografico degli
angioli librati forniti di ali in luogo di gambe, negli stalli da coro gotici a cielo azzurro
cosparso di stelle d’oro, nei fondi bruni a fitti rameggii d'oro, ovvero tutti lisci d’oro brunito
applicato su bolo, e nella decorazione d’incorniciatura delle miniature a listelli di color
verde cupo, ornati di finte lettere cufiche o di rabeschi in oro, con formelle gotiche ad otto
lobi agli angoli o nel mezzo dei listelli; è ovvio osservare quanto sia interessante, conoscere
ed analizzare la produzione del nostro anonimo, affine di poter adeguatamente valutare
Nicolò, che ci appare spoglio così del merito di aver messo di moda il tipo di miniatura
che, diffuso da lui, divenne poi caratteristico dell’arte bolognese della seconda metà del
Trecento. Il qual merito per altro, se tale può dirsi, non va neppur dato del tutto al nostro
Pseudo Nicolò, giacché egli non è davvero il solo che possa considerarsi precursore di
Nicolò, essendovi altri miniatori bolognesi che, per le affinità che con l’arte sua presentano,
sono stati fin qui confusi con lui.