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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 10.1907

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Fasc. 2
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Filippini Baldani, Laura: Magister Paulus
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https://doi.org/10.11588/diglit.24152#0155

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MAGI STER PAULUS

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Il monumento funerario di Bartolomeo Carafa, in Santa Maria del Priorato, si presenta
con caratteristiche tali che non si riscontrano neanche più tardi fra le opere della scuola
romana nel secolo xv già avanzato. In esso osserviamo un giovane cavaliere fiorente di
forza, che sembra sorridere nella morte stessa, mentre riposa sull’elmo che gli serve di
cuscino, sopra un letto piatto, mancante dei drappeggi convenzionali trecenteschi. E vestito
di una tunica corta a grosse pieghe, posta sull’armatura e tiene stretta in mano l’elsa di
uno spadone lunghissimo. Il viso è grosso, le guancie grasse tanto da parer gonfie, il naso
e la fronte sono sfuggenti, caratteristiche queste che si ritrovano anche nell’altra opera fir-
mata da Paolo, cui abbiamo accennato. I capelli, a grosse onde pesanti, escono da sotto
una cuffia o berretto tondo ornato di nastri serpeggianti, l’orecchio è quasi deforme, grosso
ed accartocciato. Anche i motivi ornamentali, fatti di fogliette, son del tutto nuovi nel
Trecento romano, come nuovo è il disegno dell’arca, in cui quattro colonnine tortili, due
delle quali rivestite di belle foglie d’edera, dai capitellini fogliati e leggeri, servono di orna-
mentazione. Nel mezzo è l’iscrizione, 1 a destra ed a sinistra due elmi fantasticamente isto-
riati sormontano i due stemmi e sui cimieri due angeli alati aprono le alette corte e ton-
deggianti, dalle penne calligrafiche, stilizzate, nuove del tutto. Le due testine, importanti
perchè ci mettono sulle traccie di altre opere di Paolo, hanno i capelli a cordoni, i linea-
menti regolari, gài occhi molto piccoli e stretti.

Anche questo monumento fu trovato all’aperto presso le mura della chiesa, enei 1611
fu trasportato e restaurato da Don Fabbrizio Carafa. Infatti i lati dell’arca sepolcrale non
esistono più e dovevano essere adorni degli stemmi Carafa.

Il monumento, inoltre, doveva aver forma ben diversa, cioè quella di una camera fune-
raria le cui cortine eran sollevate da due angeli, come dimostra lo spazio lasciato vuoto ai
due lati dell’arca, dal letto assai più corto di essa. Tutto ciò si può desumere dalla forma
di un monumento non firmato, ma evidente opera di Paolo, 2 esistente nella chiesa di
San Francesco in Capranica di Sutri. Questo monumento è di dimensioni enormi, tali che
ci colpiscono stranamente appena ci troviamo nel ristretto coro della chiesa; esso è composto
di un grande arco trilobo poggiato su due travi sporgenti dal muro ad uso di mensole;
sotto queste è un pulvino fregiato dello stemma della famiglia cleU’Anguillara e il tutto posa
su due colonne dai capitelli corinzi, dal basamento a forma di grosso parallelepipedo, ornato,
quel di sinistra, da due stemmi della famiglia Orsini dell’Anguillara, quel di destra dallo
stemma deH’Anguillara semplicemente. Tanto sotto le mensole, quanto sulla facciata dell’arco
trilobo la decorazione consiste in fioroni d’acanto 5 inscritti in un rettangolo.

Il sarcofago poggia su quattro colonnine elegantissime, aventi capitelli corinzi in cui
le foglie d’acanto sono trattate con varietà e naturalezza e ornati floreali a spira tutti propri
dell’arte di Paolo. L’arca si direbbe quasi copiata da quella del monumento Carafa, ma ai
lati, chiusi dalle solite fantastiche colonnine a treccia o tortili, appaiono due stemmi della
famiglia Anguillara posti obliquamente sotto due enormi cimieri. Quello di sinistra è sor-
montato da un turbante di forma conica da cui esce un braccio cui si attorciglia una serpe
stretta al collo della mano, il cimiero di destra è sormontato da un viso barbato quasi di
satiro dalle lunghe orecchie e da una testina di frate, probabilmente San Francesco; nella
parte centrale del sarcofago è la iscrizione priva di firma. 4 Ai lati dell’arca due enormi
stemmi della famiglia Orsini dell’Anguillara e sopra di essa il letto mortuario su cui giac-
ciono i due fratelli I rancesco e Nicola Orsini dell’Anguillara. Essi posano il capo sull’elmo,
sono vestiti di armatura ferrea coperta dalla tunica solita a pieghe grosse, geometricamente
tirate a mo’ di ventaglio; han le maniche ornate del medesimo fregio fogliato ed altri

1 Cfr. Muntz, op. cit., tav. IV. Storia della città di Roma nel Medio Evo, ediz. ita-

2 Burckhardt, Der Cicerone, voi. II, pag. 468 ; liana, Roma, 1900, voi. Ili, pag. 712.

Ciaccio, op. cit., pag. 84. 3 Pubblicata da Lisetta Ciaccio, op. cit.

3 Ve n’è una riproduzione parziale nel Gregorovius,
 
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