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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 10.1907

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Fasc. 4
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Cristofani, Giustino: La mostra d'antica arte Umbra a Perguia
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https://doi.org/10.11588/diglit.24152#0329

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LA MOSTRA D'ANTICA ARTE UMBRA A RERUG/A

gliore assai è il frammento grandioso della Crocefis-
sione; il Paliotto di Città di Castello (n. 8), stupendo
cimelio di oreficeria romanica e, come giustamente
giudicò il Venturi, da ritenersi di artista italiano; un
Crocefisso ducentesco di Todi (n. io) ed alcune scul-
ture in legno ed in pietra. Da Alberto Sozi di Spoleto
deriva evidentemente il Crocefisso di Fabriano (n. 4)
firmato: — NALDICTVS • RA («) VCI • (d) ESPO LE (io)
(P) INSITHOP • ; questo Ranaldetto di Ranuccio
è uno dei pochi maestri umbri del Duecento a noi
noti, duro e schematico, sebbene non privo d’una
certa nobiltà di carattere. Del 1308 è la tavola d’al-
tare di Cesi (n. 7) fatta eseguire da una DOMINA
ELENA, ritrattavi ai piedi della Vergine col Bambino
in trono e varie figure di Apostoli e di Angeli ; il
Perkins vuole riconoscervi la mano di qualche giot-
tesco romagnolo-marchigiano della metà del trecento
e ricorda al proposito le pitture del Museo Cristiano
Vaticano, di Ravenna, di Tolentino e d’Urbino, che
sono però alquanto posteriori al nostro dipinto. La
Vergine presenta forme più arcaiche dei Santi, nei
quali sono notevoli le teste piccole ed i manti con
pieghe stereotipate a ventaglio e i lembi sinuosi ; mi
pare che all’artista non fossero ignote le opere del
Cavallini, forse più di quelle di Giotto. Guido Palme-
rucci, tradizionale fondatore della pittura Eugubina,
non potrebbe chiamarsi che un debole seguace di
Pietro Lorenzetti, se fossero sue la Vergine e il Putto,
con l’Annunciazione, frammenti d’una tavola mala-
mente verniciati (n. 9); anche l’altra Madonna, pro-
veniente da Santa Lucia di Gubbio, non numerata e
posta nella Sala II, richiama in parte quella n. 9,
quantunque vi appariscano mescolati caratteri propri
di quel periodo mal definibile, perchè ancora imper-
sonale, della pittura umbra trecentesca, nella quale i
nostri artefici subirono esclusivamente influenze senesi
e fiorentine, senza riuscire ad imprimere nei loro di-
pinti un suggello qualunque di originalità, tranne
quello di una mediocre facilità nella tecnica. Notiamo
tra i minori oggetti di questa sala una caratteristica
mazza di ferro, affatto simile a quella che Giotto pose
in mano alla Fortezza nella Cappella degli Scrovegni, ed
alcuni vetri dorati a fuoco con figure di puro carattere
senese del trecento (n. 6 e n-Todi) Più interessanti
sarebbero le croci processionali e stazionali collocate
nella vetrina, ma mi riserbo di parlarne quando trat-
terò delle oreficerie della Sala VII, a loro esclusiva-
mente dedicata, quantunque, come ho già detto, non
manchino in ciascuna sala saggi di questa arte varia-
mente distribuiti. I Fabrianesi e gli Eugubini occupano
la Sala II ; quanto alla convenienza di aver incluso
nella Mostra i pittori di Fabriano, di Camerino e di
San Severino, ritenendo come umbra l’arte in quelle
fiorita, non intendo discutere ; solo ricorderò che chi
per primo volle mostrarsi contrario a tale annessione,
lamenta poi che non figurino qui altre opere di artisti

marchigiani, a parer suo necessarie per ben compren-
dere lo sviluppo della nostra pittura. Del resto po-
tremmo osservare che le non sempre facili distinzioni
di scuole sono fatte per mera convenzione di studio ;
si potrà quindi asserire con maggiore o minore fonda-
mento di verità sui caratteri della pittura fabrianese
diversi da quella che fiorì altrove nell’ Umbria, ma
nessuno deve ignorare che Fabriano e Camerino sono
storicamente umbre, e lo furono amministrativamente
fino al i8fio e che il loro stesso dialetto, tanto simile
a quello della valle del Topino, le collega meglio al-
l’Umbria che ad altre parti della regione nella quale

Frammento dello stolone della pianeta
di Benedetto XI. Perugia. S. Domenico

si trovano incluse. Al n. 1 vediamo un mal ridotto
dittico di Cola Petruccioli da Orvieto, dipinto nel 1380
e proveniente da Spello; rappresenta l’Incoronazione,
la Crocefissione e l’Annunciazione nelle cuspidi. Pit-
tura accurata e precisa, rivela caratteri prevalente-
mente senesi ed appartiene alla maniera che fu co-
mune ai pittori orvietani della seconda metà del tre-
cento, come Ugolino di Prete Ilario, Pietro di Puccio,
Andrea di Giovanni, ecc. Allegretto Nuzi è rappre-
sentato qui dalle stesse tavole che furono esposte
a Macerata (n. 3, 4, 5, 6, 7, 8), notissime agli stu-
diosi; l’accurato e fine dipintore nelle tempere prove-
nienti dalla Galleria municipale, dalla Congregazione
di carità e del Duomo di Fabriano, se non raggiunge
il pregio del trittico di Macerata e del dittico di Ber-
lino si dimostra sempre delicato ricanratore di stoffe,
soave e devoto anche nelle teste barbute dei suoi

L’Arte, X, 37.
 
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