LA MOSTRA D'ANTICA ARTE UMBRA A PERUGIA
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dino di Mariotto da Perugia; si conosce la provenienza
del quadro da Gualdo Tadino. Non credo errato il
battesimo, ma trattasi di un’opera mediocrissima, della
quale è unico pregio il colore, basso nei toni gene-
rali, con tinte medie, per lo più violacee, sulle quali
risaltano benissimo alcune note vigorose, come il manto
rosso della Santa; quantunque Lorenzo derivi molto
dall’Alunno, tanto da essere attribuite a quest’ultimo
opere veramente sue, in questa tavola appaiono più
manifeste le dirette influenze vivarinesche e dei Cri-
velli. La sala IV non offre che affreschi distaccati più
importanti per l’iconografia che per pregi di fattura;
osservo soltanto che il n. 3, della Pinacoteca di Spoleto,
non solo non può credersi di Pier Antonio Mezzastri
da Foligno, ma ricorda molto l’arte di Giovan Francesco
da Rimini, specialmente nella testa della Vergine.
La V sala è dedicata a Matteo di Pietro da Gualdo:
la prima sua opera certa è la tavola con la Madonna
e il Bambino, su ricco trono decorato da piccole figure
di angeli oranti e festanti, tra i Santi Francesco e
Bernardino a sinistra, Caterina e Margherita a destra,
e due busti di beati minoriti nei medaglioni in alto
(n. 2, Pinacoteca di Gualdo Tadino); leggesi in basso:
MCCCCLXI1 • MACTEVS DE GVALDO PINXIT •
DIE XXVII APRILIS. In quest’opera sono contenuti
tutti i caratteri distintivi dell’arte sua nelle forme e
nello spirito; teste lunghe, con occhi piccoli, naso
lungo e dritto, bocche brevi, figure lunghe, non sempre
ben equilibrate, quasi cadenti, espressione imbronciata,
panneggi duri ed intralciati, colorito poco vivace ; è
un artista debole, ma schietto nella sua infantile inge-
nuità e non privo quindi di una certa attrattiva. Con
qualche derivazione da Bartolommeo di Tommaso, da
Giovanni Boccati e dagli Eugubini, ossia dalle scuole
pittoriche delle città in mezzo alle quali trovasi la sua
terra natale, egli esprime nel suo rozzo dialetto mon-
tanino qualche cosa di suo; la devozione un po’ goffa
dei suoi Santi, la maestà un po’ accigliata delle sue
Madonne e non possono far confondere i suoi dipinti
con quelli degli artisti contemporanei. Non sappiamo
quindi convenire con chi riconosce la sua mano, sia
pure con molto lodevole e prudente riserva, nei due
polittici di questa sala, dei quali il primo (n. 5, Gualdo
Tadino) porta la data del 1465, l’altro (n. 3, Duomo di
Gualdo) manca della predella e di data; ambedue questi
dipinti richiamano direttamente il polittico di Girolamo
di Giovanni da Camerino, esistente nella Chiesa Prio-
rale di Monte San Martino, Marche, con la firma del pit-
tore e la data 1473. 11 Cavalcasene notò in questo artista
l’influenza di Matteo da Gualdo, ma io credo che sia
stato tratto in inganno dalla molta affinità che corre
tra i due, spiegabile con la comune derivazione da
Giovanni Boccati, più sensibile però in Girolamo, come
si può facilmente desumere paragonando il polittico
di Monte San Martino con quello di Giovanni a Bei-
forte sul Chienti ; la Crocefissioue, ad esempio, ne è.
derivata interamente e qui la vediamo ripetuta con
leggere varianti nel n. 3; il San Tommaso di Gerolamo
a Monte San Martino, ripetuto nel San Giacomo del
n. 5, proviene egualmente dal polittico di Beiforte;
il San Michele Arcangelo dello stesso n. 5 è quasi
identico alla stessa figura di Monte San Martino. Noto
da ultimo che le eleganti cornici di gusto veneziano
del n. 3 sono affatto simili a quelle della cimasa del
polittico di Girolamo ; Matteo invece non sa imma-
ginare che tavole poveramente scompartite, senza pro-
fusione d’intagli e di rilievi. In Girolamo c’è un’arte
Mitria di Benedetto XI. Perugia. S. Domenico
di molto superiore a quella di Matteo, le forme sono
più larghe e piene, il disegno più corretto, le pieghe
più naturali, le carni d’un tono rossiccio, assai diverse
da quelle pallide e fredde di Matteo; oltre a questo,
nel Maestro di Gualdo non si trovano caratteri viva-
rineschi, che non mancano invece in Gerolamo. Anche
ammettendo il caso di una collaborazione, non si com-
prenderebbe facilmente come Matteo, lungi dal mi-
gliorare la maniera per il contatto con un artista più
evoluto di lui, esagerasse anzi i propri difetti nel trit-
tico della Pinacoteca di Gualdo (n. 1), firmato e con
la data del 1471 ; le figure sono qui molto inferiori a
quello della tavola ricordata ed anche alla Vergine e
Santi di San Pietro d’Assisi (n. 6) firmata, ma della
quale non si legge più l’anno; sappiamo che Matteo
condusse nel 68 nella cappella dei Pellegrini di questa
città gli affreschi della parete di fondo, l’opera mi-
gliore che ci rimanga di lui; ma fu in Assisi anche
nel 71, nell’anno seguente, e nel 74, nel qual anno
condusse un affresco in San Pietro ; torse il trittico
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dino di Mariotto da Perugia; si conosce la provenienza
del quadro da Gualdo Tadino. Non credo errato il
battesimo, ma trattasi di un’opera mediocrissima, della
quale è unico pregio il colore, basso nei toni gene-
rali, con tinte medie, per lo più violacee, sulle quali
risaltano benissimo alcune note vigorose, come il manto
rosso della Santa; quantunque Lorenzo derivi molto
dall’Alunno, tanto da essere attribuite a quest’ultimo
opere veramente sue, in questa tavola appaiono più
manifeste le dirette influenze vivarinesche e dei Cri-
velli. La sala IV non offre che affreschi distaccati più
importanti per l’iconografia che per pregi di fattura;
osservo soltanto che il n. 3, della Pinacoteca di Spoleto,
non solo non può credersi di Pier Antonio Mezzastri
da Foligno, ma ricorda molto l’arte di Giovan Francesco
da Rimini, specialmente nella testa della Vergine.
La V sala è dedicata a Matteo di Pietro da Gualdo:
la prima sua opera certa è la tavola con la Madonna
e il Bambino, su ricco trono decorato da piccole figure
di angeli oranti e festanti, tra i Santi Francesco e
Bernardino a sinistra, Caterina e Margherita a destra,
e due busti di beati minoriti nei medaglioni in alto
(n. 2, Pinacoteca di Gualdo Tadino); leggesi in basso:
MCCCCLXI1 • MACTEVS DE GVALDO PINXIT •
DIE XXVII APRILIS. In quest’opera sono contenuti
tutti i caratteri distintivi dell’arte sua nelle forme e
nello spirito; teste lunghe, con occhi piccoli, naso
lungo e dritto, bocche brevi, figure lunghe, non sempre
ben equilibrate, quasi cadenti, espressione imbronciata,
panneggi duri ed intralciati, colorito poco vivace ; è
un artista debole, ma schietto nella sua infantile inge-
nuità e non privo quindi di una certa attrattiva. Con
qualche derivazione da Bartolommeo di Tommaso, da
Giovanni Boccati e dagli Eugubini, ossia dalle scuole
pittoriche delle città in mezzo alle quali trovasi la sua
terra natale, egli esprime nel suo rozzo dialetto mon-
tanino qualche cosa di suo; la devozione un po’ goffa
dei suoi Santi, la maestà un po’ accigliata delle sue
Madonne e non possono far confondere i suoi dipinti
con quelli degli artisti contemporanei. Non sappiamo
quindi convenire con chi riconosce la sua mano, sia
pure con molto lodevole e prudente riserva, nei due
polittici di questa sala, dei quali il primo (n. 5, Gualdo
Tadino) porta la data del 1465, l’altro (n. 3, Duomo di
Gualdo) manca della predella e di data; ambedue questi
dipinti richiamano direttamente il polittico di Girolamo
di Giovanni da Camerino, esistente nella Chiesa Prio-
rale di Monte San Martino, Marche, con la firma del pit-
tore e la data 1473. 11 Cavalcasene notò in questo artista
l’influenza di Matteo da Gualdo, ma io credo che sia
stato tratto in inganno dalla molta affinità che corre
tra i due, spiegabile con la comune derivazione da
Giovanni Boccati, più sensibile però in Girolamo, come
si può facilmente desumere paragonando il polittico
di Monte San Martino con quello di Giovanni a Bei-
forte sul Chienti ; la Crocefissioue, ad esempio, ne è.
derivata interamente e qui la vediamo ripetuta con
leggere varianti nel n. 3; il San Tommaso di Gerolamo
a Monte San Martino, ripetuto nel San Giacomo del
n. 5, proviene egualmente dal polittico di Beiforte;
il San Michele Arcangelo dello stesso n. 5 è quasi
identico alla stessa figura di Monte San Martino. Noto
da ultimo che le eleganti cornici di gusto veneziano
del n. 3 sono affatto simili a quelle della cimasa del
polittico di Girolamo ; Matteo invece non sa imma-
ginare che tavole poveramente scompartite, senza pro-
fusione d’intagli e di rilievi. In Girolamo c’è un’arte
Mitria di Benedetto XI. Perugia. S. Domenico
di molto superiore a quella di Matteo, le forme sono
più larghe e piene, il disegno più corretto, le pieghe
più naturali, le carni d’un tono rossiccio, assai diverse
da quelle pallide e fredde di Matteo; oltre a questo,
nel Maestro di Gualdo non si trovano caratteri viva-
rineschi, che non mancano invece in Gerolamo. Anche
ammettendo il caso di una collaborazione, non si com-
prenderebbe facilmente come Matteo, lungi dal mi-
gliorare la maniera per il contatto con un artista più
evoluto di lui, esagerasse anzi i propri difetti nel trit-
tico della Pinacoteca di Gualdo (n. 1), firmato e con
la data del 1471 ; le figure sono qui molto inferiori a
quello della tavola ricordata ed anche alla Vergine e
Santi di San Pietro d’Assisi (n. 6) firmata, ma della
quale non si legge più l’anno; sappiamo che Matteo
condusse nel 68 nella cappella dei Pellegrini di questa
città gli affreschi della parete di fondo, l’opera mi-
gliore che ci rimanga di lui; ma fu in Assisi anche
nel 71, nell’anno seguente, e nel 74, nel qual anno
condusse un affresco in San Pietro ; torse il trittico