LA MOSTRA D'ANTICA ARTE UMBRA A PERUGIA
tolto al Pintoricchio la Presentazione al Tempio (n. 44,
Torre d’Andrea presso Assisi) per darla ad Antonio
da Viterbo; ridipinta per intero nei panneggi e nel
piano, conserva intatte le carni, l’architettura ed il
paese ; il Ricci la ritenne eseguita da Bernardino nella
sua giovinezza, ma i gravi difetti di composizione,
come ad esempio, la donna che porta sul capo un
paniere con le colombe, tagliata in parte dalla figura
della Vergine che posa invece più indietro, la durezza
delle teste dalle ombre verdi, la meschina costruzione
del tempio privo d’ogni ornamento ed il paesaggio
303
varianti che corrono tra l’affresco e lo schizzo, il
quale però non ha tutti quei caratteri di bravura e di
precisione meticolosa nel segno- soliti a riscontrarsi
nei disegni certi del Pintoricchio. Pietro Perugino non
conta alla Mostra gran numero di dipinti, ma quei
pochi rappresentano molto bene i principali periodi
della sua attività. La predella di Fano con le cinque
storie della Vergine (n. 37) ci rivela l’artista in tutta
la pienezza della sua energia, con tutte le miracolose
risorse del suo chiaroscuro, con la insuperabile fu-
sione d’un colorito profondo e succoso ; è del 1497,
Perugino: Cristo
Perugia. Monastero delle Colombe
stesso troppo diverso da quelli così ricchi ed acciden-
tati del Pintoricchio, rivelano un’arte inferiore che più
conviene ad Antonio. Il n. 41 (Comune di Trevi) è una
replica non compiuta della bellissima Vergine col Bam-
bino conservata nella National Gallery di Londra, ma
esagera i difetti del modello senza renderne i pregi, come
accade sempre ai fiacchi imitatori ; non credo che possa
ritenersi neanche come uscita dalla bottega del maestro.
In un disegno a penna ombreggiato col bistro e toc-
cato con pochi lumi di biacca (n. 39, Conte Balde-
schi, Perugia) si vede una delle storie della Libreria
del Duomo di Siena, la quinta, come dice un cartello
in alto, quando cioè Pio II unisce in matrimonio
l’imperatore Federico III con Eleonora di Portogallo.
A crederlo originale darebbero ragione le non poche
quando ancora il Vannucci non aveva rinunciato alla
grande arte sua per esercitare un’industria. Della sua
decadenza è il Sant’Antonio da Padova con il com-
mittente Maraglia da Perugia (n. 47 di Bettona) fatto
prigioniero dai Francesi a Ravenna Pii febbraio 1512,
come dice una lunga iscrizione nel basso, che ter-
mina con la firma del pittore ; lavoro di bottega, ese-
guito con poco colore, quasi senza imprimitura, vuoto,
senza vita. A rialzare la buona fama del Vannucci la
Mostra offre un dipinto sconosciuto fin qui, di sommo
pregio e veramente magistrale (n. 36. Monastero delle
Colombe, Perugia). Sopra una tela grezza, non pre-
parata con gesso, è la figura di Cristo, vestito di
tunica, che muove faticosamente il passo curvo sotto
il peso della croce ; la testa del Redentore è condotta
tolto al Pintoricchio la Presentazione al Tempio (n. 44,
Torre d’Andrea presso Assisi) per darla ad Antonio
da Viterbo; ridipinta per intero nei panneggi e nel
piano, conserva intatte le carni, l’architettura ed il
paese ; il Ricci la ritenne eseguita da Bernardino nella
sua giovinezza, ma i gravi difetti di composizione,
come ad esempio, la donna che porta sul capo un
paniere con le colombe, tagliata in parte dalla figura
della Vergine che posa invece più indietro, la durezza
delle teste dalle ombre verdi, la meschina costruzione
del tempio privo d’ogni ornamento ed il paesaggio
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varianti che corrono tra l’affresco e lo schizzo, il
quale però non ha tutti quei caratteri di bravura e di
precisione meticolosa nel segno- soliti a riscontrarsi
nei disegni certi del Pintoricchio. Pietro Perugino non
conta alla Mostra gran numero di dipinti, ma quei
pochi rappresentano molto bene i principali periodi
della sua attività. La predella di Fano con le cinque
storie della Vergine (n. 37) ci rivela l’artista in tutta
la pienezza della sua energia, con tutte le miracolose
risorse del suo chiaroscuro, con la insuperabile fu-
sione d’un colorito profondo e succoso ; è del 1497,
Perugino: Cristo
Perugia. Monastero delle Colombe
stesso troppo diverso da quelli così ricchi ed acciden-
tati del Pintoricchio, rivelano un’arte inferiore che più
conviene ad Antonio. Il n. 41 (Comune di Trevi) è una
replica non compiuta della bellissima Vergine col Bam-
bino conservata nella National Gallery di Londra, ma
esagera i difetti del modello senza renderne i pregi, come
accade sempre ai fiacchi imitatori ; non credo che possa
ritenersi neanche come uscita dalla bottega del maestro.
In un disegno a penna ombreggiato col bistro e toc-
cato con pochi lumi di biacca (n. 39, Conte Balde-
schi, Perugia) si vede una delle storie della Libreria
del Duomo di Siena, la quinta, come dice un cartello
in alto, quando cioè Pio II unisce in matrimonio
l’imperatore Federico III con Eleonora di Portogallo.
A crederlo originale darebbero ragione le non poche
quando ancora il Vannucci non aveva rinunciato alla
grande arte sua per esercitare un’industria. Della sua
decadenza è il Sant’Antonio da Padova con il com-
mittente Maraglia da Perugia (n. 47 di Bettona) fatto
prigioniero dai Francesi a Ravenna Pii febbraio 1512,
come dice una lunga iscrizione nel basso, che ter-
mina con la firma del pittore ; lavoro di bottega, ese-
guito con poco colore, quasi senza imprimitura, vuoto,
senza vita. A rialzare la buona fama del Vannucci la
Mostra offre un dipinto sconosciuto fin qui, di sommo
pregio e veramente magistrale (n. 36. Monastero delle
Colombe, Perugia). Sopra una tela grezza, non pre-
parata con gesso, è la figura di Cristo, vestito di
tunica, che muove faticosamente il passo curvo sotto
il peso della croce ; la testa del Redentore è condotta