LA PRIMA DECA DI LIVIO ILLUSTRATA NEL TRECENTO A VENEZIA 345
nella decorazione delle case deve aver profusa grande varietà di racconti profani, svolgendo
già allora quei caratteri narrativi e drammatici che poi trionferanno nella grande pittura.
Forse ricercando accuratamente sotto gli intonachi di tanti vecchi palazzi qualche esempio
se ne dovrebbe pur trovare.
A conoscere il carattere piacevolmente narrativo dell’arte veneziana, anche la scultura
ci aiuterebbe con parecchi capitelli di Palazzo Ducale, quale ad esempio quello della Storia
d’amore, sulla grande colonna angolare del vecchio palazzo, che si deve ritenere scolpito verso
la metà del Trecento. Poi l’arte veneziana nel Trecento male si restringe alla pittura e alla
scoltura, mentre nella città profonda ferveano tante attività a saziare, in quel mercato mon-
diale, il lusso e la moda.
Chi può noverare in breve il vario numero delle industrie veneziane ? 1
Dai cofani e dalle selle d’oro e d’avorio scolpiti con storie di romanzi svariatissime, alle
pelli impresse a ricchi disegni e a vari colori, alle stoffe, ai ricami, alle tele stampate come
quella con la storia di Edipo a Zurigo, dagli ori,
dagli smalti alla pasta duttilissima del vetro: quante
materie, quante ingegnosità di tecniche sottilmente
combinate, quanta varietà di disegni e qual ricerca di
soggetti per scene graziose e frivole anche, e qual
varietà di forme e di figure per produrre un’impres-
sione viva e gradita e dar pregio di novità a ogni
oggetto ! Non sarebbe stato un bel disegno per un
orafo l’iniziale del nostro codice dei due mascalzoni
che oltraggiano la donna con quelle figure così ben
girate e nettamente segnate? Le due figure che for-
mano le curve di un O, insieme a due grosse facce
di leone, avrebbero potuto servire a un fonditore per
un battente.
Mi piace di immaginare del numero di cotali fi-
nissimi artieri i disegnatori del nostro Livio volgare, T • • 1
0 0 c. 171. Iniziale
popolani che leggevano con grande trasporto opere j mascalzoni che minacciano la gentildonna
di storia e di romanzi.
A Venezia sappiamo quanto più degli studi eruditi fossero in voga nel Trecento le tra-
duzioni dai classici, tanto che anche le opere latine del Petrarca e del Boccaccio vi si leg-
gevano in volgare ; ma pochi documenti, credo, provano, come il nostro codice, quanto amore
e fervore ponessero gli artisti in quelle letture. Ciò è molto significativo. Perchè non solo
lo studio della forma crea l’artista, ma tutto un movimento intellettuale è necessario a pre-
parare il suo vero fiorire; è necessario che egli viva fra gente vivacemente colta, che dagli
scrittori e dai poeti antichi e nuovi tragga continuamente belle immagini e le ami.
Il grande pittore che nasce per la gloria dell’arte veneziana verso il 1400, Iacopo Bel-
lini, avrà pei fatti sacri e storici, visioni più ampie e mosse e vere di nessun altro forse tra
i suoi contemporanei.
Io credo che i disegnatori del nostro codice sieno precorritori e preparatori dell’arte
sua e non abbiano perciò minor merito dei pittori veneziani di bottega che ripetono tradi-
zionalmente sempre le stesse madonne.
Gino Fogolari.
1 Vedi P. Molmenti, La Storia di Venezia nella vita privata, Bergamo 1905, parte I, cap. VI.
L'Arte. X, 44.
nella decorazione delle case deve aver profusa grande varietà di racconti profani, svolgendo
già allora quei caratteri narrativi e drammatici che poi trionferanno nella grande pittura.
Forse ricercando accuratamente sotto gli intonachi di tanti vecchi palazzi qualche esempio
se ne dovrebbe pur trovare.
A conoscere il carattere piacevolmente narrativo dell’arte veneziana, anche la scultura
ci aiuterebbe con parecchi capitelli di Palazzo Ducale, quale ad esempio quello della Storia
d’amore, sulla grande colonna angolare del vecchio palazzo, che si deve ritenere scolpito verso
la metà del Trecento. Poi l’arte veneziana nel Trecento male si restringe alla pittura e alla
scoltura, mentre nella città profonda ferveano tante attività a saziare, in quel mercato mon-
diale, il lusso e la moda.
Chi può noverare in breve il vario numero delle industrie veneziane ? 1
Dai cofani e dalle selle d’oro e d’avorio scolpiti con storie di romanzi svariatissime, alle
pelli impresse a ricchi disegni e a vari colori, alle stoffe, ai ricami, alle tele stampate come
quella con la storia di Edipo a Zurigo, dagli ori,
dagli smalti alla pasta duttilissima del vetro: quante
materie, quante ingegnosità di tecniche sottilmente
combinate, quanta varietà di disegni e qual ricerca di
soggetti per scene graziose e frivole anche, e qual
varietà di forme e di figure per produrre un’impres-
sione viva e gradita e dar pregio di novità a ogni
oggetto ! Non sarebbe stato un bel disegno per un
orafo l’iniziale del nostro codice dei due mascalzoni
che oltraggiano la donna con quelle figure così ben
girate e nettamente segnate? Le due figure che for-
mano le curve di un O, insieme a due grosse facce
di leone, avrebbero potuto servire a un fonditore per
un battente.
Mi piace di immaginare del numero di cotali fi-
nissimi artieri i disegnatori del nostro Livio volgare, T • • 1
0 0 c. 171. Iniziale
popolani che leggevano con grande trasporto opere j mascalzoni che minacciano la gentildonna
di storia e di romanzi.
A Venezia sappiamo quanto più degli studi eruditi fossero in voga nel Trecento le tra-
duzioni dai classici, tanto che anche le opere latine del Petrarca e del Boccaccio vi si leg-
gevano in volgare ; ma pochi documenti, credo, provano, come il nostro codice, quanto amore
e fervore ponessero gli artisti in quelle letture. Ciò è molto significativo. Perchè non solo
lo studio della forma crea l’artista, ma tutto un movimento intellettuale è necessario a pre-
parare il suo vero fiorire; è necessario che egli viva fra gente vivacemente colta, che dagli
scrittori e dai poeti antichi e nuovi tragga continuamente belle immagini e le ami.
Il grande pittore che nasce per la gloria dell’arte veneziana verso il 1400, Iacopo Bel-
lini, avrà pei fatti sacri e storici, visioni più ampie e mosse e vere di nessun altro forse tra
i suoi contemporanei.
Io credo che i disegnatori del nostro codice sieno precorritori e preparatori dell’arte
sua e non abbiano perciò minor merito dei pittori veneziani di bottega che ripetono tradi-
zionalmente sempre le stesse madonne.
Gino Fogolari.
1 Vedi P. Molmenti, La Storia di Venezia nella vita privata, Bergamo 1905, parte I, cap. VI.
L'Arte. X, 44.