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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 10.1907

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Fasc. 1
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D'Ancona, Paolo: Di alcuni codici miniati conservati nelle biblioteche tedesche e austriache
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https://doi.org/10.11588/diglit.24152#0065

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28

PAOLO D'ANCONA

velando appena con colore la pergamena,
l’opera sarebbe apparsa senza dubbio anche
a lui da attribuirsi non già a un fiorentino,
ma ad un artista napoletano, a un erede di
quei maestri che appunto in Napoli, un se-
colo innanzi, portarono a grandi altezze l’arte
del minio. Potrebbe avvalorare questa opi-
nione la ricerca su di uno stemma, varie
volte ripetuto nel codice, per metà rosso e
per metà argento brunito, fiancheggiato dalle
due iniziali I e O, sormontata l’ultima da
corona.

L’altro codice della Biblioteca Cassellana,
cui accenna pure il dottore Schubart nel suo
studio sopra ricordato, contiene le Rime, i
Trionfi e la Vita del Petrarca compilata dal-
l’Aretino. ' La carta iniziale, fatta ornare per
conto di un tardo possessore, presenta in alto, entro cornice ovoidale, i tradizionali ritratti di
Petrarca e di Laura, e reca in basso un’arme papale inquartata, con due aquile nere su
fondo aureo contrapposte diagonalmente a due campi bianchi. Spetta al medesimo tempo
la iscrizione che leggesi sul retro della carta a lettere dorate:

AVE

QUISQUIS AD FRANCISCI PETRARCAE
RERUM VULGARIUM
OPUS VENERIS

MANUS MUNDAS HABETO SPIRITUM
RETINETO : NE VENTUS ORIS PLUVIO-
LAM EIICIAT. AUCTORIS. SCRIPTORIS
EIUSQ. QUI TANTO OPERI DECUS OR-
NAMENTUMQ. ADDIDIT
LAUDES DICITO

NEC SECUS LIBRUM APERITO AC SI
SANCTA SANCTORUM INGRESSURUS
FUERIS.

VALE.

L’artista esaltato in questa gonfia iscrizione come autore delle mirabili miniature del
codicetto, per quanto non classificato dal Bradley nel suo farraginoso dizionario dei minia-
tori, non è un nome del tutto ignoto nella storia dell’arte. Già a lui accenna il Vasari nelle
Vite: « Fu ne’ tempi addietro (1546) in Parma il Marmita, il quale un tempo attese alla
pittura, poi si voltò allo intaglio e fu grandissimo imitatore degli antichi. Di costui si vedde
molte cose bellissime. Insegnò l’arte a un suo figlio chiamato Lodovico che stette in Roma
gran tempo col card. Giov. de’ Salviati, e fece per questo signore quattro ovati, intagliati
di figure nel cristallo molto eccellenti ... ». Il padre Lanzi poi nella sua Storia Pittorica
afferma che Grappaldo, nel libro: De Partibns Aedium, «commenda il Marmitta di cui non
ci avanza pittura certa, ma vuol ricordarsi se non altro perchè virisimilmente maestro del
Parmigianino ». 1

1 Cod. membr. (Poet. 40, 6) di cc. 201, di sesto 14 A 22, ritagliato nei margini e legato in cartapecora
filettata d’oro.
 
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