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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 10.1907

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https://doi.org/10.11588/diglit.24152#0274

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BIBLIOGRAFIA

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l’esperienza risulta che queste ricostruzioni per così
dire tradizionali, sono in generale quanto di più erro-
neo si può immaginare. Un criterio sano sarebbe stato
invece quello di studiare altri monumenti, vicini per
stile e da quelli ricavare le norme per ricostruire.
Adolfo Venturi, parlando del monumento di Bene-
detto XI a San Domenico di Perugia ne indicava la
derivazione diretta da quello di Arnolfo ad Orvieto.
Bastava probabilmente invertire l’ordine per trovare
le forme primitive, che il ricostruttore è andato invece
cercando nella tradizione. Sono tali le analogie di com-
posizione e di costruzione fra i due monumenti, così
grandi le somiglianze anche nel tipo delle figure, che
veramente non si sbaglia dicendo che questo era il
modello che il ricostruttore doveva seguire. Strano poi
il procedimento con cui egli invece di accogliere per
il monumento d’Orvieto la disposizione del triplice
portichetto di quello di Perugia, si basa per la sua
fantastica ricomposizione sugli elementi raffazzonati da
coloro che alla meglio ricucirono il monumento nel
modo con cui lo vediamo ora. Dove mai nel secolo
decimoterzo si vede un tabernacolo della forma di
quello ch’egli ha ricostruito intorno alla Madonna od una
decorazione come quella con cui ha ritenuto oppor-
tuno decorare il fondo? Più felice è stato il Paniconi nel
ricostruire il baldacchino, poiché, ad esempio, per l’ar-
cata gotica ha pensato di servirsi di studi su opere
simili.

Insomma in tutto questo studio si dimostra pur-
troppo, accanto ad una cura sottile di particolari,
una strana disinvoltura per le grandi linee del monu-
mento ed una disinvoltura anche più strana nel rima-
neggiare, allargare, stirare. È insomma la smania del
volere restaurare a tutti i costi non lasciandosi gui-
dare da dati di fatto ma da impressioni soggettive.
Chi si accinge a ricostruire un monumento, scomposto
nel secolo decimosettimo non si deve accontentare di
diffidarsi in combinazioni più o meno sapienti di pezzi
superstiti, ma fare ogni ricerca che possa servire a dare
luce. Non potrebbero esservi disegni od incisioni che
riproducano il monumento come era prima del disfa-
cimento? Non potrebbero trovarsi antiche descrizioni
dirette od indirette?

Del resto il giovane ingegnere è solo sino ad un
certo segno responsabile di ciò che nel suo paziente
e diligente lavoro apparisce non lodevole. Chi nelle
nostre scuole d’ingegneria parla ai giovani allievi di
storia dell’arte? Chi insegna loro il metodo dei para-
goni stilistici, indispensabili per chi voglia occuparsi
di restauri d’antichi monumenti? In fine del lavoro
del Paniconi v’è un accenno ad una probabilità di ese-
cuzione del suo progetto di ricostruzione. Ora ciò non
deve e non può essere. Meglio un monumento scom-
posto che un monumento male restaurato.

Federico Herhanin,

Osvald vSlREN : Don Lorenzo Monaco. Zur
Kunstgeschiclite cles Aulandes, HeftXXIII,
Strassburg, I. H., Ed. Heitz, 1905.

Nella serie degli studi per la storia artistica del-
l’estero, pubblicata a Strasburgo, dopoi libri del Wolf
su Michelozzo, del Bradi sulla scuola di Giotto in Ro-
magna, dello Schubring su Urbano da Cortona, del
Bradi su Nicola e Giovanni Pisano, ed altri relativi
all’arte italiana, venne in luce, con la dispensa XXIII
della serie, la monografia notevolissima di Osvald Si-
rén su Don Lorenzo Monaco.

Studiate le prime opere del maestro, nelle quali
l’A. vede ragionevolmente l’influsso dell’arte senese,
e cancellata l’opinione invalsa che l'educazione sua
si facesse da miniatori conventuali, l’A. lo segue nel
periodo 1408-1412, profondendo nel discorso osserva-
zioni originali or su questa, or su quella pittura; at-
tribuendo ad esempio con giustezza a Bartolo di Fredi
parecchi quadri assegnati a Lippo Menimi. Il primo
gran lavoro del periodo 1408-1412 è un trittico del
museo di Prato tuttora sotto l’influsso senese ; un
altro circa dello stesso tempo è VAnnunciazione del-
l’Accademia fiorentina, opera originale di Lorenzo
Monaco, ispirata forse a Simone Martini. A questa
l’A. connette verosimilmente quattro piccoli quadri,
uno presso il Kaufmann a Berlino, il secondo presso
Sir Herbert Parry a Hignam Court, il terzo e il quarto
a Altemburg ; e allo stesso periodo assegna il dittico
del Louvre con la data 1408 e due grandi ali di trit-
tico esistenti, sotto il nome di Taddeo Gaddi, nella
Galleria Naz onale di Londra.

Del 1409 è il messale di Lorenzo Monaco nella
Laurenziana di Firenze del quale non ha dato conto
sufficiente, per le difficoltà frapposte, come egli dice,
in quella biblioteca a fotografarlo e anche a studiarlo ;
e fornisce notizie e riproduzioni d’altre miniature ese-
guite circa a quel tempo.

Nel periodo 1412-1417, l’A. indica l’opera princi-
pale del maestro, la grande Incoronazione della Gal-
leria degli Uffizi (1413) ed altre tavole minori ; in
quello 1418-1422, le ultime produzioni di Lorenzo Mo-
naco. E passa a studiare gli affreschi della cappella
Bartoliui in Santa Trinità, e a esaltarli tanto da ve-
dere nel loro autore il maestro di Masolino, il pre-
cursore di Masaccio e di fra’ Filippo Lippi. Ci sembra
che l’A. ecceda nell’innalzare Lorenzo Monaco, ma
in ogni modo, le sue ricerche sono ingegnose, le sue
analitiche osservazioni acute e degne d’essere ampia-
mente discusse. Con attenti confronti infine l’Autore
classifica le opere degli scolari di Lorenzo, parecchie
delle quali a Lorenzo stesso erano attribuite ; e compie
il forte e diligente studio con la trascrizione dei do-
cumenti relativi al suo autore. È un ottimo contri-
buto, che Osvald Sirén ha dato alla stòria artistica
del nostro paese. A. V.
 
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