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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 10.1907

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Fasc. 6
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https://doi.org/10.11588/diglit.24152#0515

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472

BIBLIOGRAFIA

l’Italia meridionale; ma come si è detto, il materiale
che M. finora ha prodotto è molto, molto poco. Quasi
temeraria è la sua ipotesi, che il Pentateuco di
Ashburnham sia d’origine dell’Italia meridionale.
M. non ha dato delle prove, e noi siamo ansiosi di
vedere se egli riuscirà a darle.

M. si è fatto convincere dalle deduzioni di Strzy-
gowski, il quale ha sostenuto l’origine orientale della
serie di miniature, ma questo carattere orientale non
deve essere localizzato nell’Italia meridionale. Nè il
Munoz, nè lo Strzygowski hanno tenuto conto della
più importante dissertazione sul Pentateuco d’Ash-
burnham, cioè delle deduzioni di S. Berger 1 che lo
ritiene per un lavoro spagnuolo, e ci vede delle forti
influenze africane. Una certa affinità colle miniature
spagnuole del ix secolo e dei seguenti c’è sicuramente,
e l’ipotesi di Berger mi sembra molto verosimile.
Anche Leprieur 1’ ha accettata con qualche riserva. 2
L’esistenza degli elementi orientali è tanto meno
strana, in quanto che la miniatura spagnuola ha le
sue radici nell’arte africana, copta e siriaca; questa
nostra ipotesi sarà provata, crediamo con fiducia, da
uno studio del materiale relativo.

Insomma il tema, che M. si è proposto, è più
grande e di più grande portata, di quanto egli si sia
reso conto ; ma la soluzione di esso è un bisogno
urgente.

Noi auguriamo all’autore di riuscire completamente
nella difficile impresa.

Arthur Haseloff.

Francesco Laurana : Eine Shtdie zur ita-
lienischen Qiiattrocentoskulptur von Fritz
Burger, mit 37 Lichtdrucktafeln und 49
Abbildugen ira Text. Strassburg, J. H. Ed.
Fleitz (Heitz et Miindel, 1907).

Ihranz Laurana: Von Wilhelm Rolfs. Ber-
lin, Rich. Bong Ivunstverlag, 1907. (Con
180 illustrazioni in albo separato).

Il primo volume sul Laurana fu troppo affrettato
nelle conchiusioni ; e deploriamo che l’A., componendo
il lavoro, non abbia esaminato con la dovuta calma
gl’ importanti problemi che si era proposto di risolvere.
In un primo capitolo tratta con fondamenti incertissimi
di Domenico Gagini e della sua scuola, a Napoli e
a Palermo durante il periodo 1450-1460; e riconosce
il maestro nella sala del Barone a Castelnovo in
Napoli, quantunque mai quegli abbia modellato figure
con vestimenta così trinciate, arricciate, barocche.
Nella gran sala àvvi una porta trionfale, che il

1 Hìstoire de la Vulgata, Paris, 1893, pag. 115.

2 André Michel, Histoii'e de Vari, i, Paris, 1905, pag. 312.

Vasari attribuì a Giuliano da Maiano, il Bertaux a
Pietro da Milano, il v. Fabriczy in modo dubitativo
a questo maestro. Ora il Burger non esita ad ascri-
verla al Gagini, il quale, a suo avviso, è quel Do-
menico Lombardo del quale parlano i documenti ara-
gonesi. In un prossimo fascicolo de L’Arte daremo
riproduzioni di opere corrispondenti alla decorazione
di quella porta; e si riconoscerà che a Domenico Ga-
gini non si doveva ascriverla così facilmente, senza
dimostrare con analisi metodica i rapporti di essa con
altre sue autentiche sculture. L’A. ci presenta anche
Francesco Laurana, come seguace di Domenico Ga-
gini ; e lo vuole riconoscere subito nella Madonna
della sagrestia di Santa Barbara, che pure ha caratteri
così esotici e ben differenti dagli altri suoi proprii; e
passa a discorrere delle sculture dell’arco trionfale di
Alfonso d’Aragona, trovando analogie tra quella Ma-
donna, certe figure di Virtù in San Francesco di
Palermo, il frontespizio della cappella di San Giovanni
Battista nel duomo di Genova, le statue dell’arco trion-
fale, le decorazioni della sala del Barone, ecc.

Qualche cosa di vero c’è, almeno in parte, ma non
si rileva quasi quel poco di verità per la connessione
di tante cose differenti di maniera e di tempo.

L’A. considera tutte quelle opere per ricostruire la
personalità del Laurana, ma ne riesce un disegno
scorretto, fantastico. Così in tutto: l’A. vuole vedere
l’arco disegnato anche su abbozzi del Pisanello, il
quale dormiva il sonno eterno da qualche anno al-
lorché l’arco stesso fu costruito. E ricorda che i re-
gistri aragonesi del 1449 parlano di un Enea Pisano,
benché io abbia dimostrato che male lesse lo Schulz
il relativo documento, e male ripeterono quel nome
il Capasso, il Filangieri ed altri. Il documento dice:
« prò sculpture aenaee Pisani...» !

L’A. segue quindi il Laurana in Francia dal 1461
al 1466 e in Italia dal '67 al '74. Con l’idea fissa
della provenienza del maestro da Domenico Gagini,
indica particolari che dovrebbero attestarne la deriva-
zione stilistica, nella cappella Mastrantonio in San Fran-
cesco di Palermo, eseguita dal Laurana insieme con
Pietro da Bontate. Eppure sarebbe più facile di rico-
noscere rapporti tra il Laurana e gli scultori della
iconostasi di Santa Maria Gloriosa de’Frari, dove i
Dottori della Chiesa sono disposti entro riquadri in
modo similissimo agli altri figurati in questa.

In generale, nello studio dei monumenti siciliani la
fretta dell’A. è palese ad ogni tratto, ma non può du-
bitarsi che col suo fervido ingegno, passata la neces-
sità di presentare il libro per abilitazione all’univer-
sità di Monaco, tornerà sui suoi passi, e vorrà con
diligenza rivedere e correggere queste note fugaci e
le altre sui lavori del Laurana, negli anni 1472-L5, a
Napoli, a Roma e a Firenze. A Roma egli ha voluto
riconoscere la mano del Laurana ne’ bassorilievi della
Confessione di San Pietro, testé pubblicati da L’Arte
 
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