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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 10.1907

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Fasc. 3
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https://doi.org/10.11588/diglit.24152#0273

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B IB LIO GRAFIA

RECENSIONI.

E. Pantconi : Monumento al cardinale de
Braye nella chiesa di San Domenico in
Orvieto. Rilievo e studio di ricostruzione.
Roma, igo6.

Arnolfo negli ultimi anni del secolo decimoterzo,
dopo avere a Roma nei cibori di San Paolo fuori le
mura e di Santa Cecilia in Trastevere mostrato di sa-
pere mirabilmente accoppiare il gotico portato dalla
Toscana colle forme dei maestri cosmateschi, passando
per Viterbo, venne ad Orvieto. Ivi egli innalzò al car-
dinale de Braye il monumento sepolcrale colla cella
aperta, che, come giustamente scrive il Paniconi, fu
imitato da molti costruttori di sepolcri e per lungo
tempo. Non si può quindi certamente rimproverare al-
l’autore d’essersi messo ad uno di quei restauri, che si
fanno senza che alcuno ne senta il bisogno ; anzi cer-
tamente l’idea di ricomporre il bel monumento in una
forma che per quanto è possibile s’accosti all’originale
è lodevole e corrisponde ad un vivo desiderio degli
studiosi.

L’autore ha poi fatto bene ad usare nella sua rico-
struzione, oltre che delle parti che compongono il mo-
numento nello stato attuale, anche, come già indicò
il Venturi (Storia dell’arte italiana, voi. IV, pag. 99),
di quei frammenti che si conservano ad Orvieto nel
museo dell’Opera del Duomo. Postosi dinanzi il pro-
blema l’autore si è messo all’opera con grande zelo
e non ha certamente lesinato di tavole, chè anzi avrebbe
potuto tralasciarne parecchie, come ad esempio quella
in cui è riprodotto il monumento nello stato attuale.
Alcune buone fotografie avrebbero all’autore diminuita
in questo caso la fatica del disegnare e sarebbero state
di gran giovamento all’opera alleggerendola di alcuni
disegni che non possono certamente dirsi felici, come
quello colla prospettiva dello stato di ricostruzione.
Si direbbe che l’autore sia più che d’altra cosa stato
guidato dalla preoccupazione di ingrossare a tutti i
costi il suo lavoro. Che necessità v’era, ad esempio,
di riprodurre quei frammenti architettonici e decorativi
che non hanno poi trovato posto nella ricostruzione ?

Ad ogni modo è certo che la parte dell’opera che ri-
guarda il rilievo e la descrizione dei materiali è condotta
con grandissima cura e diligenza. Tanto meno quindi
si comprende come l’autore cosi diligente e minuzioso
in questa prima parte, si sia poi nella seconda lasciato
trascinare più da criteri soggettivi che da considera-
zioni oggettive. Si sono mosse, ed a ragione, tante
critiche ai restauratori fantastici che non si comprende
come mai possa ancora trovarsi chi come l’ingegnere
Paniconi in questo suo lavoro, per ricostruire e ricom-
porre s’affidi più che altro alla fantasia. Se vogliamo
metterci per la via delle ricostruzioni dirò cosi di sen-
timento, è inutile che affettiamo tanto scrupolo nel
raccogliere ogni briciola del monumento al quale vo-
gliamo offrire le nostre cure più amorose che sapienti !

Esaminiamo ora i particolari della ricostruzione.

Nel basso il Paniconi immagina che il monumento
dovesse tutto quanto posare su di uno zoccolo a mo-
saico, di cui non si trova la più piccola traccia. Di più
egli arricchisce di una formella la decorazione musiva
dello stilobate superiore, aumentandone la larghezza,
semplicemente, perchè questo aumento gli sembra ri-
chiesto dalle proporzioni generali del monumento. Nè
egli si ferma a ciò e, sempre animato dall’idea di rifare
il monumento arnolfesco secondo il suo gusto, aggiunge
due colonnine tortili negli angoli, formando un assieme
di gusto cinquecentesco, che nulla ha da vedere con
un’opera architettonica del secolo decimoterzo e che
nel fianco si dimostra ancora più che nel prospetto ir-
razionale. E così allarga la cella sepolcrale, e al di-
sopra dell’iscrizione di Arnolfo dispone le statue della
Madonna, di San Domenico e del cardinale con San
Paolo in un modo che sa più di Seicento che di Due-
cento.

Queste alterazioni di proporzione, questi mutamenti
di disposizione si spiegano colla massima fondamentale
del nostro restauratore il quale scrive di volere allonta-
narsi il meno possibile dalla malfatta ricostruzione esi-
stente, essendo probabile che la memoria e la tradizione
avranno servito di guida all’artefice che l'ha eseguita.
Questo criterio è assolutamente fallace, perchè dal-
 
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