RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA
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quell'anno non ne furono ammessi che tre soli: Michele
Miccolupo di Giovinazzo, Bonaventura Di Donato ed un
figlio di Maria Bologna lavandaia di S. M. (0.
Fu dato ancora qualche peso allo studio dell'antico, che
già s'imponeva per l'esempio venuto di fuori dal Canova
e per le traccie lasciate in dieci anni d'insegnamento as-
siduo dal Tischbein e per quel che pur ci risulta da una
opera di Gaetano D'Ancora (2), che fu professore di lin-
gua ed erudizione greca nella Università napoletana.
Ebbero pensioni Geremia Jacenna, Giuseppe Caristo, Carlo
Pecoraro, Gaspare Mugnai, Benedetto Castellani, Giovan
Battista Cinquegrana e Pietro D'Ancora, che popolarono di
figure tendenti al classico, ma povere di colore, le soffitte
delle case e delle chiese nei paeselli del mezzogiorno. Me-
ritaron la medaglia d'argento, tra i molti, Giovanni De Si-
mone, Carlo Cataneo che si dette poi all'incisione, Fran-
cesco Pastore e Paolo Falciano, che fu solo a lasciar un'im-
pronta che sia dell'arte sua. Ricevettero dono in danaro
gli alunni De Filippis, Rota, Valentini, Mazzia e via, che
allora mostrarono molto talento nell'arte che apprendeva-
no, ma che poco o nulla tutti insieme fecero nella vita,
sì che il loro nome è coverto di oblìo.
Si mandò a Roma con pensione, per volere del Re, Pie-
tro Saja, già scolaro del Tischbein, che si ebbe le lodi
del Canova, il quale preconizzò bene di lui; e, più tardi,
furon pure inviati colà Giuseppe De Mattia di Salerno e
quel Muzio Muzi di Teramo, or più esperti nel disegno,
i quali poco di poi vennero premiati per le loro esercita-
zioni in Campidoglio per man degli accademici di S. Luca.
Fu rimandato pure a Roma a studiare scultura senza il
solito concorso « e senza intelligenza del corpo accade-
mico » il palermitano Valerio Villareale, che era stato
però in sul punto di perdere ogni favore per i lavori deco-
rativi eseguiti in carta pesta nel '99 intorno all'albero della
libertà con Beccalli e Battistelli sotto la direzione dell'ar-
chitetto Enrico Colonna. Or costoro, mediocremente allo-
gati nel Palazzo Farnese, spendevano colà il loro tempo a
copiar dall'antico, chè in questo specialmente consisteva
tutto il perfezionamento nell'arte, 0 a tentar qualche cosa
(come il gruppo di Aiace e Cassandra che tenne occupato
un pezzo il Villareale), guidati già da Andrea Violani per
la scultura, morto poi il 1803, da Tommaso Conca per la
pittura e dal Benucci per l'architettura, che in verità non
ebbe allievi.
(1) Fascio cit. 51-1.
(2) Il D'Ancora pubblicò pei tipi della Stamperia reale, il 1804,
alcune Lezioni pratiche circa l'imitazione da l'antico nelle arti del disegno
per uso della R. Accademia Napolitana di disegno e di pittura, e vi fu
indotto particolarmente per salvare la convenienza nelle pitture e nelle
sculture moderne, che tentavan ritrarre l'antico, o ispirarsi in quello,
ed il libro si potrebbe leggere anch'oggi con egual profitto dai nostri
giovani che studiano l'arte.
Non mancarono commissioni ad artisti più provetti nella
generale e riconosciuta miseria dell'arte (0. Pattini e Cam-
povecchio dipinsero allora appunnto le Stagioni al casino del
Fusaro. Pietro Saja, che nel 1802 avea mostrato un car-
tone — La morte di Virginia — per un quadro che poi
non fece, compì, tra il 1803 ed il 1804, La morte di
Ettore, Tancredi che scopre Clorinda, una Madonna pel Re,
un S. Francesco Saverio per la Regina e lavorò nella chiesa
di S. Leucio nel luogo detto la Vaccaria. Il Celestino rap-
presentò S. Michele Arcangelo nella chiesa di Persano. Pa-
rimenti ebbero incoraggiamenti, sussidi e pensioni pei la-
vori, 0 per proseguire i loro studi di preparazione a qua-
dri e statue, Angelo Solari di Caserta figliuolo del vecchio
Tommaso, mediocre scultore di quel real Palazzo, Ago-
stino Evangelisti, scolaro del Campovecchio, Antonio Bo-
sco, altro giovane paesista, Giuseppe D'Elia, ed altri, co-
me era possibile tra gli avvenimenti ed i rumori di guerre;
ma proprio nulla avemmo di interessante nell'arte ed an-
che le pitture e le sculture che s'andavan compiendo nei
palazzi del Re andarono innanzi a rilento.
Il Brunelli ed il Cali, già ricordati, con D. Stefano A1-
ticciati e Felice Nicolas attendevano in vario modo a re-
staurare gli antichi marmi scoverti e che dì per dì veni-
van fuori dagli scavi; i più intelligenti tra i giovani fissa-
vano lo sguardo nel Canova, restando compresi di stu-
pore innanzi al bellissimo gruppo di Adone e Venere pro-
curato a Napoli dal Marchese di Salza D. Francesco Be-
rlo; ma non v'era ancor ragione a bene sperare dell'arte,
perchè niun dei nostri o di quelli che eran tra noi ancora
aveva saputo con opere da servir di sprone e di esempio co-
stante obbligare i più restii ed i più vecchi ad abbandonare
le vecchie forme e tutto il manierismo del secolo XVIII.
Si studiava senza dubbio l'antico come si poteva, ma
era ancor troppa l'ammirazione per gli affreschi e le al-
tre pitture del Bonito e del De Mura e per le sculture di
Giuseppe Sammartino, che si salvano tra le opere d'arte
di quel tempo per qualità puramente soggettive, difficili ad
essere imitate, pericolose a costituire un insegnamento.
Angelo Borzelli.
IL LIBRO DI S. MARTA
(Cont., ved. fase. III, a. IX).
II.
Non so dire come sia pervenuto all'Archivio di Stato
il libro di S. Marta; il marchese Angelo Granito nella
prefazione alla Legislazione positiva degli Archivi del Regno,
(1) Museo e Scavi di antichità, fascio 25, ed Antichità e Belle Arti,
fascio 51-10.
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quell'anno non ne furono ammessi che tre soli: Michele
Miccolupo di Giovinazzo, Bonaventura Di Donato ed un
figlio di Maria Bologna lavandaia di S. M. (0.
Fu dato ancora qualche peso allo studio dell'antico, che
già s'imponeva per l'esempio venuto di fuori dal Canova
e per le traccie lasciate in dieci anni d'insegnamento as-
siduo dal Tischbein e per quel che pur ci risulta da una
opera di Gaetano D'Ancora (2), che fu professore di lin-
gua ed erudizione greca nella Università napoletana.
Ebbero pensioni Geremia Jacenna, Giuseppe Caristo, Carlo
Pecoraro, Gaspare Mugnai, Benedetto Castellani, Giovan
Battista Cinquegrana e Pietro D'Ancora, che popolarono di
figure tendenti al classico, ma povere di colore, le soffitte
delle case e delle chiese nei paeselli del mezzogiorno. Me-
ritaron la medaglia d'argento, tra i molti, Giovanni De Si-
mone, Carlo Cataneo che si dette poi all'incisione, Fran-
cesco Pastore e Paolo Falciano, che fu solo a lasciar un'im-
pronta che sia dell'arte sua. Ricevettero dono in danaro
gli alunni De Filippis, Rota, Valentini, Mazzia e via, che
allora mostrarono molto talento nell'arte che apprendeva-
no, ma che poco o nulla tutti insieme fecero nella vita,
sì che il loro nome è coverto di oblìo.
Si mandò a Roma con pensione, per volere del Re, Pie-
tro Saja, già scolaro del Tischbein, che si ebbe le lodi
del Canova, il quale preconizzò bene di lui; e, più tardi,
furon pure inviati colà Giuseppe De Mattia di Salerno e
quel Muzio Muzi di Teramo, or più esperti nel disegno,
i quali poco di poi vennero premiati per le loro esercita-
zioni in Campidoglio per man degli accademici di S. Luca.
Fu rimandato pure a Roma a studiare scultura senza il
solito concorso « e senza intelligenza del corpo accade-
mico » il palermitano Valerio Villareale, che era stato
però in sul punto di perdere ogni favore per i lavori deco-
rativi eseguiti in carta pesta nel '99 intorno all'albero della
libertà con Beccalli e Battistelli sotto la direzione dell'ar-
chitetto Enrico Colonna. Or costoro, mediocremente allo-
gati nel Palazzo Farnese, spendevano colà il loro tempo a
copiar dall'antico, chè in questo specialmente consisteva
tutto il perfezionamento nell'arte, 0 a tentar qualche cosa
(come il gruppo di Aiace e Cassandra che tenne occupato
un pezzo il Villareale), guidati già da Andrea Violani per
la scultura, morto poi il 1803, da Tommaso Conca per la
pittura e dal Benucci per l'architettura, che in verità non
ebbe allievi.
(1) Fascio cit. 51-1.
(2) Il D'Ancora pubblicò pei tipi della Stamperia reale, il 1804,
alcune Lezioni pratiche circa l'imitazione da l'antico nelle arti del disegno
per uso della R. Accademia Napolitana di disegno e di pittura, e vi fu
indotto particolarmente per salvare la convenienza nelle pitture e nelle
sculture moderne, che tentavan ritrarre l'antico, o ispirarsi in quello,
ed il libro si potrebbe leggere anch'oggi con egual profitto dai nostri
giovani che studiano l'arte.
Non mancarono commissioni ad artisti più provetti nella
generale e riconosciuta miseria dell'arte (0. Pattini e Cam-
povecchio dipinsero allora appunnto le Stagioni al casino del
Fusaro. Pietro Saja, che nel 1802 avea mostrato un car-
tone — La morte di Virginia — per un quadro che poi
non fece, compì, tra il 1803 ed il 1804, La morte di
Ettore, Tancredi che scopre Clorinda, una Madonna pel Re,
un S. Francesco Saverio per la Regina e lavorò nella chiesa
di S. Leucio nel luogo detto la Vaccaria. Il Celestino rap-
presentò S. Michele Arcangelo nella chiesa di Persano. Pa-
rimenti ebbero incoraggiamenti, sussidi e pensioni pei la-
vori, 0 per proseguire i loro studi di preparazione a qua-
dri e statue, Angelo Solari di Caserta figliuolo del vecchio
Tommaso, mediocre scultore di quel real Palazzo, Ago-
stino Evangelisti, scolaro del Campovecchio, Antonio Bo-
sco, altro giovane paesista, Giuseppe D'Elia, ed altri, co-
me era possibile tra gli avvenimenti ed i rumori di guerre;
ma proprio nulla avemmo di interessante nell'arte ed an-
che le pitture e le sculture che s'andavan compiendo nei
palazzi del Re andarono innanzi a rilento.
Il Brunelli ed il Cali, già ricordati, con D. Stefano A1-
ticciati e Felice Nicolas attendevano in vario modo a re-
staurare gli antichi marmi scoverti e che dì per dì veni-
van fuori dagli scavi; i più intelligenti tra i giovani fissa-
vano lo sguardo nel Canova, restando compresi di stu-
pore innanzi al bellissimo gruppo di Adone e Venere pro-
curato a Napoli dal Marchese di Salza D. Francesco Be-
rlo; ma non v'era ancor ragione a bene sperare dell'arte,
perchè niun dei nostri o di quelli che eran tra noi ancora
aveva saputo con opere da servir di sprone e di esempio co-
stante obbligare i più restii ed i più vecchi ad abbandonare
le vecchie forme e tutto il manierismo del secolo XVIII.
Si studiava senza dubbio l'antico come si poteva, ma
era ancor troppa l'ammirazione per gli affreschi e le al-
tre pitture del Bonito e del De Mura e per le sculture di
Giuseppe Sammartino, che si salvano tra le opere d'arte
di quel tempo per qualità puramente soggettive, difficili ad
essere imitate, pericolose a costituire un insegnamento.
Angelo Borzelli.
IL LIBRO DI S. MARTA
(Cont., ved. fase. III, a. IX).
II.
Non so dire come sia pervenuto all'Archivio di Stato
il libro di S. Marta; il marchese Angelo Granito nella
prefazione alla Legislazione positiva degli Archivi del Regno,
(1) Museo e Scavi di antichità, fascio 25, ed Antichità e Belle Arti,
fascio 51-10.