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Napoli nobilissima: rivista d' arte e di topografia napoletana — 10.1901

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Nr. 9
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Croce, Benedetto: La casa di una poetessa: (Laura Terracina)
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apoli nobilissima

RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA

Vol. X.

Fasc. IX.

LA CASA DI UNA POETESSA
(Laura Terracina)

Cè in Napoli una Piazzetta Terracina. Chi vuol re-
carvisi, dopo aver percorso quasi tutta la Riviera di Ghiaia
ed oltrepassata la via di S. Maria in Portico, entri pel
vico Cupa (che ora si chiama Ferdinando Palasciano), ed
imbocchi a sinistra la lunga via Cupa (ora della Croce rossa),
che una volta si diceva appunto Cupa dei Terracina. Man
mano che si procede in salita, la via si trasforma in uno
di quei viottoli caratteristici delle campagne napoletane,
fiancheggiati da alti muraglioni rustici, ai quali si dà il no-
me di Cupe. Dopo una svolta, si giunge ad uno spiazzo,
che sulla tabella marmorea recente è battezzato Piazzetta
Terracina, e sulla vecchia tabella di ardesia del secolo XVIII,
che ancor si vede in un angolo, è detto, più alla napo-
letana, Largo Terracina. Al quale, o alla quale, si perverrà
anche più presto dal Rione Amedeo, di fronte ai Gra-
dini Pontano, col percorrere il vicoletto Pontano.
Quel breve spiazzo ha da un lato un ospedale interna-
zionale tedesco, e dall'altro un vecchio gruppetto di fab-
briche, di cui la parte più alta sembra essere una torre
mozzata. Un primo cortile dà accesso a varie abitazioni:
in fondo, un andito oscuro, dov'è la porta della vecchia
torre, conduce a un secondo cortile, con scalette esterne
a modo di abitazioni rurali, tutte avvolte ed adorne di
viti e di altre piante crescenti liberamente in gaio e pit-
toresco disordine. Una piccola popolazione vive tra quelle
fabbriche, e s'agita nei due cortili. Dallo spiazzo si vede
a sinistra la collina di Pizzofalcone, e in lontananza il Ve-
suvio: di fronte, la vista ora è impedita dalle fabbriche
che salgono dalla Riviera; ma ampia e bella deve essere
dall'alto della casa. Un pezzo di orto si attacca al fab-
bricato in giù, resto dei giardini e della masseria che dove-
vano un tempo stendervisi intorno da ogni lato.
Era questa la casa e la villa dove abitava Laura Ter-
racina, la poetessa napoletana del secolo XVI, nota di

fama a ogni persona colta, ricordata in tutte le storie
della letteratura italiana. « Dalla Piaggia », o « dalla Piag-
gia di Chiaia », essa soleva datare le sue lettere e le de-
diche delle sue numerose raccolte di rime. Alla « torretta
dei Terracina » venivano a farle visita i molti letterati na-
poletani e di altre parti d'Italia coi quali ella era in re-
lazioni. E alla casa dove « Laura componer solea i suoi
versi, sita nella Torre di Chiaia, poco lungi dall'urne dei
poeti Virgilio e Giacomo Sannazaro », si recava anche
sul finir del seicento il libraio francese, stabilito in Na-
poli, Antonio Bulifon, che, volendo ristampare le opere di
Laura, come aveva fatto di quelle di altre poetesse, spe-
rava di aver notizie biografiche dai discendenti di lei,
« habitanti ancora nella stessa casa » U).
Il Bulifon restò deluso nella sua aspettazione, e dai di-
scendenti, come già dai « primi letterati della patria »,
non gli fu possibile di « apprender cosa che appagar po
tuto havesse la sua mente ». Ricavò soltanto « dai molti
che brevemente parlato n'hanno », che la poetessa era
fiorita nell'anno 1550, e che era stata assai lodata dai
contemporanei. Non sembra neppure che il Bulifon giun-
gesse a conoscere tutti i volumetti messi a stampa da
Laura, e certo si limitò a ristamparne tre soltanto. Nè,
a dire il vero, dopo il Bulifon, altri si è occupato in modo
largo e preciso della Terracina. Dei più recenti, al Ricca
si debbono parecchie notizie sulle sue relazioni fami-

fi) Vedi avv. di Nicola Bulifon al primo volumetto delle Rime,
Napoli, 1692. — Non so chi comunicasse al Bongi (ved. più oltre)
l'erronea notizia che l'abitazione della poetessa era nel luogo « nel
quale in questi ultimi anni è sorto il Grand Hotel, albergo primario
di Napoli, frequentato da principi e da milionarii » (!). — Ancora sull'arco
della porta che conduceva alla torre (e che mostra le linee dell'ar-
chitettura del cinquecento), si vede uno stemma, rappresentato da uno
scudo diviso in due parti, di cui l'inferiore reca un leone rampante
di argento in campo azzurro, la superiore un M. Questa è stata sosti-
tuita in tempi recenti al giglio d'argento, fiancheggiato da due mezzi
gigli pure d'argento, in campo d'oro, che completava lo stemma dei
Terracina.
 
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